La Cenerentola di Miela Reina ha un'anima pop e il suo cuore ha la forma di un brezel
TRIESTE. Non sono tanto la polvere o la cenere il nemico ma piuttosto il fuoco divampato per distrazione in cucina. Nessuna zucca che si trasforma in carrozza compare per incantesimo, spunta piuttosto un’alata libertà che nasce come ritorsione alle vessazioni di sorellastre e matrigna e prende le forme di una freccia gigante che, simile a una scopa magica, consente di volare via. C’è tutto il mondo di Miela Reina e poco di Perrault, dei fratelli Grimm o meno ancora di Basile, nel coloratissimo libro illustrato “Cenerentola” creato dall’artista triestina e pubblicato postumo nel 1976 da Edizioni EL.
L’opera si propone come un libro doppio: ogni pagina presenta a sinistra uno schema grafico con la trama, gli schizzi in bianco e nero, le battute, tutto collegato con le immancabili frecce, e a destra i disegni completi, a colori, senza testo, con pagine ripiegate che si aprono per svelare l’azione nella sua espansione lasciando parlare le immagini. Un modo insolito di leggere una storia guardando prima i tratteggi e le parole e poi le tavole con i personaggi in movimento. Ci pensano le frecce e altri segni grafici a guidare il lettore in questa sorta di mappa animata, un gioco dell’oca fatto di caselle, tappe e imprevisti in cui l’eroina è una Cenerentola munita dell’immancabile scopa che si rifugia nei sogni e accanto le si affianca un principe azzurro, che in realtà veste di verde, novello Paride volante che la premierà con l’amore. La protagonista ha nel petto, ben in evidenza, un cuore a forma di brezel, simbolo della creatività di Miela Reina, invenzione gioiosa e caratteristica dei suoi disegni, e non è affatto angustiata né interessata alle scarpette, di vetro o di pelliccia che siano.
La celeberrima fiaba viene reinventata dalla pittura fantastica dell’artista triestina e le tenere figure animate fatte di oggetti quotidiani danno vita a un racconto giocoso, un colorato sogno ad occhi aperti in cui emergono le diverse anime di Miela Reina, dal disegno al teatro, senza dimenticare la grafica e perfino l’insegnamento. In questo caso Cenerentola e le altre donne della storia sono quasi delle carte da gioco bidimensionali: lei, “distrutta ribelle furente”, è angosciata dal fuoco di cui, per disattenzione, ha causato lo scoppio e che a fatica riesce a domare con le sue lacrime, mentre le sorellastre, che indossano decoratissime maxigonne, insultano e umiliano, “si ornano per ben figurare” ma alla fine sono soltanto nelle tigri di carta.
Il libro, un condensato della capacità inventiva dell’artista, è una storia che strizza l’occhio all’infanzia ma mantiene un livello di astrazione e di ironica enigmaticità che affascina palati sofisticati e curiosi amanti delle sperimentazioni grafiche. I segni di Miela ci sono tutti, dal cuore-brezel alle immancabili frecce direzionali, fino alle lettere che diventano personaggi e donano ad alcune significative parole o locuzioni (come “love”, “by air mail”) un’anima pop. I cattivi vedono la loro malvagità espressa dalla trama e non dal disegno che è rassicurante, tenero e sorridente anche quando l’azione in atto volge al negativo.
Il tema del rapporto tra una fanciulla ingenua e un principe supereoe ritorna in diversi lavori di Miela Reina, come nel racconto-fumetto “Elisabetta e Piero” (chiamato anche “Storie elisabettiane”) che presenta anche figure inquietanti e geniali come le lamprede, gli insidiosi pesci a forma di serpente dalla dentata bocca spaventosa, o in “Ottava dopo ottava”, storia sviluppata in una serie di opere grafiche diventate diapositive proiettate durante una performance andata in scena al ridotto del teatro Verdi di Trieste in cui le didascalie sono i commenti dell’artista improvvisati nell’azione a cui collaborarono Mario Sillani e Carlo de Incontrera e che si può vedere su YouTube. Differente, invece, il “Il gioco dei colori”, uscito nel 1972 subito dopo la morte di Miela, scritto da Ornella De Benedetti con illustrazioni della pittrice, un libro per bambini da leggere e da appendere come un’opera che si srotola.
A proposito di “Cenerentola” scriveva Alberto Farassino nel 1980: “Questa programmazione dello sguardo mette in rilievo una questione oggi cruciale e allora trascurata, la questione del posto dello spettatore, del luogo da cui si guarda e del percorso degli occhi sul testo come cooperazione alla costituzione del testo stesso”. Miela Reina, insomma, richiede al suo lettore-spettatore uno sforzo di fantasia, un tacito accordo sul metodo di fruizione della storia regalandogli, in cambio, una libertà sorprendente da compagno di giochi complice e attivo. Notevoli i disegni, colorati con gli amatissimi pennarelli Stabilo, che sono realizzati, secondo Gillo Dorfles, “come se un tratto unico si fosse dipanato dall’inizio alla fine della vicenda illustrata, scorrendo da figura a figura, inglobando e costruendo ad un tempo le scritte, gli emblemi, le frecce direzionali, le parole pronunciate dai singoli personaggi con una qualità grafica eccezionale. ”
Rispetto alle innumerevoli versioni della vicenda di Cenerentola che continuano a venir pubblicate, ieri come oggi, Miela Reina fa del tutto a meno dell’elemento più caratterizzante questa fiaba, ovvero la mitica scarpetta. Si diverte a giocare con i personaggi che tutti conoscono facendoli recitare con le battute che preferisce lei. Come Robert Walser che nella sua versione fa dire al principe, rivolto a Cenerentola: “Visione che eccede qualunque fantasia” mentre poco prima le sorellastre si interrogano sullo stesso innamorato con questo tono: “Quel tanghero che vuole?”. L’artista triestina pone la sua attenzione sul ballo a palazzo che nel suo libro diventa la festa, sinonimo dichiarato dell’amore: “La festa detta familiarmente ’love’”. Lei e lui si piacciono perché condividono la stessa passione, come rivela una telegrafica coppia di battute sul finale: “Cenerentola: “Io so volare! ”Principe azzurro: “Anch’io!”. Ed ecco che la freccia colorata diventa l’arma di offesa per abbattere le perfide parenti e il mezzo di trasporto ideale per coronare il destino dei due innamorati. –
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