La Bibbia del cinema ignora i film targati Fvg e critica Salvatores
Il Morandini 2018 censisce 27mila opere nel mondo E “Il ragazzo invisibile” guadagna solo due stelle

Per un anno nuovo che inizia, vecchie abitudini consolidate si rinnovano. Freschissimo di stampa, raggiunge le librerie di tutta Italia il
“Morandini 2018 - Dizionario dei film e delle serie televisive” (Zanichelli, pagine 2080, Euro 40,30)
, curato da
Luisa e Laura Morandini
, che - inossidabili - portano avanti la tradizione di famiglia anche due anni dopo la perdita del compianto Morando, tra le figure più autorevoli e carismatiche della critica italiana. E, sorpresa, trovano poco o niente spazio la gran parte delle recenti produzioni targate Fvg, a cominciare dal pur premiato “Tir” di Alberto Fasulo, mentre “Il ragazzo invisibile di Salvatores” prende solo due stelle e mezzo.
«Anche se sembra ieri che abbiamo cominciato», scrive nella prefazione al dizionario Luisa, figlia del critico milanese, quella appena pubblicata è già la ventesima edizione: «Siamo andati avanti instancabili, lottando contro la crisi dell’editoria, della carta stampata e del cinema». La squadra di collaboratori si è allargata e, naturalmente, anche il numero di schede è cresciuto: 27.000 film (di cui 16.500 su carta, mentre l’elenco completo è disponibile nella versione digitale contenuta nel dvd allegato), con schede monografiche su cicli e serie, tra quelli usciti sul mercato italiano dal 1902 all’estate 2017. Si aggiungono 850 serie televisive, 750 cortometraggi (alcuni dei quali segnalati all’interno del triestino “ShorTS - International Film Festival”) e 7000 immagini di scena o locandine. Di ogni film, oltre al titolo italiano, il volume offre: titolo originale, paese di produzione, anno d’uscita, regista, interpreti principali, una sintesi della trama, una breve scheda critica, durata, suggerimenti sull’opportunità di visione per ragazzi, indicazione grafica sul giudizio della critica (da 1 a 5 stellette) e, unico nel panorama editoriale, sul successo di pubblico (da 1 a 5 pallini).
Se lo scorso anno la copertina del dizionario omaggiava “La pazza gioia” tra i film più apprezzati della passata stagione, è ancora Paolo Virzì, per la seconda volta consecutiva, a ricevere gli onori della “prima pagina” con una foto di scena di “Ella & John” (“The Leisure Seeker”), presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e in uscita in sala il 18 gennaio. Un film italiano - sostiene Luisa Morandini - realizzato in co-produzione tra Italia e Francia, e quindi “non americano”, come invece qualcuno aveva suggerito nei mesi scorsi, impreziosito dalla presenza di due grandi protagonisti, Helen Mirren (inglese) e Donald Sutherland (canadese), per una “storia d’amore universale che diverte, emoziona e commuove”. La curatrice non fa mistero: «Questa è stata una stagione forse meno ricca e interessante delle ultime, per il cinema italiano (che non ci ha dato la soddisfazione che speravamo), ma più in generale per tutto il cinema, che sembra sempre più seguire strade tecnologicamente avanzate, ma forse troppo inclini a fantasy, fantascienza, supereroi e azione». Per questo, scrive ancora Morandini, la 74.a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che trova all’interno del volume una breve sezione a sé, ha rappresentato «una piacevole e gradita sorpresa per l’elevato numero di buoni film che sono stati presentati e che siamo riusciti a vedere. Come sempre film di denuncia, documentari interessanti, opere provenienti da tutto il mondo, che non troveranno forse un mercato, ma che valeva la pena vedere».
L’edizione 2018 del Morandini si annuncia più ricca e approfondita degli anni scorsi sul versante del cinema asiatico, con la revisione di alcune delle schede già presenti e l’aggiunta di quasi un centinaio di film, principalmente provenienti dal Giappone e dalla Corea, ma introducendo anche opere di paesi mai esplorati prima (Filippine, Indonesia e Malesia). Ma si guarda già al futuro, e all’edizione 2019, per la quale si promette un analogo lavoro di approfondimento anche per il cinema africano. I rimandi ai “migliori film”, quelli che hanno collezionato quattro/cinque stellette secondo il giudizio critico o del pubblico, sono riassunti, divisi per anno, in un’apposita sezione alla fine del volume. Tra i titoli più recenti del 2016 e 2017, trovano posto sul podio, con quattro stelline, “Fiore” di Claudio Giovannesi, in cui «c'è un po' di Truffaut e un po' di Varda, con un finale che sa di Nouvelle Vague»; “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino, «apologo incattivito sulla società, nell'impossibile mescolanza di individui che mai potranno convivere pacificamente»; la Palma d’Oro “Io, Daniel Blake” di Ken Loach, «un film schietto e crudo, semplice e politico, che spezza il cuore e racchiude la quintessenza di Loach»; “Neruda” di Pablo Larraín, «un gioiello di cinema acuto, visionario e originale»; “L’altro volto della speranza” di Aki Kaurismaki, Orso d’argento a Berlino per la migliore sceneggiatura, «un altro capitolo sul tema dell'immigrazione e sul mondo degli emarginati e degli autoemarginati, dove l'autore, con toni laici e umoristici un po' neri, accanto all'egoismo anche violento di alcuni (sacerdoti inclusi), evidenzia la solidarietà, la comprensione di altri, con un'ottimistica fiducia nell'umanità».
Sempre ai vertici, si è fatta largo una massiccia schiera di film di animazione: dai più cinephiles “La tartaruga rossa” di Michael Dudok de Wit e “La mia vita da zucchina” di Claude Barras, ai blockbuster “Cattivissimo me 3” di Pierre Coffin e “Baby Boss” di Tom McGrath. E se negli ultimi due anni non si registra nessun film da “5 stelle” (il più recente è “Il figlio di Saul” del 2015), non mancano neppure i “bocciati illustri”. Una sola stella per Terrence Malick con “Song to song”, «nuovo capitolo del suo noioso poema musicale, senza grandi temi esistenziali, solo dilemmi e ossessioni di personaggi che vagano, rotolano, saltano, dondolano (…) Le immagini restano impeccabili, ma la storia banale è poco profonda», e anche per il Ridley Scott di “Alien Covenant”, epigono del capostipite della saga “Alien”, «strutturato per mantenere vivo un marchio, ma qui si tratta di accanimento ingiusto nei confronti dei fans».
Sul fronte italiano non vengono risparmiati Sergio Castellitto con “Fortunata”, «un polpettone melodrammatico falso-popolare con Castellitto regista che arranca disperatamente per dare il meglio di sé» e Giuseppe Piccioni con “Questi giorni”, «mal recitato, inzuppato di stereotipi, un ennesimo film della stagione sui giovani».
Salvo poche eccezioni, non hanno invece trovato collocazione la maggior parte delle recenti produzioni “made in Fvg”. Non pervenuta, tra le serie televisive, “La porta rossa” di Carmine Elia, grande successo di Rai Due della passata stagione.
Medesima sorte per “L’ultima spiaggia”, documentario di Thanos Anastopoulos e Davide Del Degan sul “Pedocin”, ma ancora più sconcertante è l’assenza di “Tir” di Alberto Fasulo, vincitore del Marco Aurelio d’oro per il miglior film al Festival del Film di Roma nel 2013, che però guadagna tre stelle con il suo primo documentario “Rumore Bianco”.
Tre stelle anche per “Dancing with Maria” di Ivan Gergolet e “Zoran” di Matteo Oleotto, entrambi “scoperti” alla Settimana della Critica di Venezia. Due stelle e mezzo per “Il ragazzo invisibile” di Gabriele Salvatores, e ancora tre per “La migliore offerta” e “La sconosciuta” di Giuseppe Tornatore, tutti girati a Trieste. Che si concordi o meno con i giudizi della “factory” Morandini, il “Dizionario dei film” è sempre un utile strumento di consultazione da tenere accanto al televisore o nel computer, da sfogliare prima, e soprattutto dopo la visione di un film.
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