Joyce, Zio Pino, Foemine e Sirene: è il mondo "inediale" di Ugo Pierri
A Cormons un lungo percorso con 150 opere, dagli oli agli acquerelli ripercorre la produzione del poliedrico artista triestino fin dagli esordi
TRIESTE «Pittore inediale, poeta espressionista-crepuscolare, scrittore di racconti tetrallegri»: questa è la frase che accoglie il visitatore appena ci si appresta a visitare la mostra di Ugo Pierri al Museo Civico del Territorio di Cormons (150 opere dagli anni Sessanta ad oggi, aperta fino al 19 maggio), una sorta di “biglietto da visita” in cui è riassunto tutto, dalla sua opera alla sua personalità. Una personalità forte, un carattere schivo, «difende le ragioni di chi patisce mostrando, con un’ironia che spesso giunge all’irriverenza e al sarcasmo, le forme di ciò che avrebbe potuto essere bello ma che si è sempre più deformato», per usare le parole di Vittorio Cozzoli.
Nato a Trieste nel 1937, dove vive e lavora, Pierri ha all’attivo molte personali, libri di poesie, di racconti, libri illustrati. Scoperto nel 1964 da Anita Pittoni, importante punto di riferimento della cultura triestina, Pierri ha sempre affrontato molteplici tematiche, da quelle socio-politico-religiose, di gran lunga le sue preferite, a quella dalla vena fiabesca, ai tarocchi, ai segni zodiacali.
Il percorso dell’esposizione permette infatti di conoscere in maniera approfondita, la sua pittura fin dagli esordi, a cominciare da “Il giardino dei matti”, serie di acrilici su carta con gli alberi dalle linee dinoccolate e le prospettive piatte, che vibrano grazie all’accostamento di colori come il viola, il giallo, il verde, l’arancione, dissonanze che rendono così vive e vitali queste composizioni, ispirate agli anni in cui Pierri lavorava al Parco di San Giovanni di Trieste. Molteplici le tecniche usate, dall’olio, all’acrilico, gouache, inchiostri, pastelli ad olio, acquarello, tempera, lavorati preferibilmente su carta, con un prezioso alleato, l’acqua.
Si possono ammirare le numerose sequenze realizzate negli anni, “carte” di raffinata fattura, serie sorprendenti, ricche di pathos, rigorose, dalle scelte tonali coraggiose e dal segno in alcuni frangenti espressionista, spigoloso, in altri più morbido e definito, sempre e comunque tagliente, chiaro, come la sua ironia innata, che non conosce mezzi termini.
«Dall’espressione che determina forma e colore alla critica che deforma volti e figure. Dai simboli eterni che guidano le sue composizioni agli elementi letterari, filosofici e sociali che costituiscono il racconto. Inferni e paradisi dai colori folgoranti, fiabe dolorose e allegre catastrofi in uno stile semplice e personale». Si alternano così le serie della “Mozartiana”, “Joyce”, l’incantevole sequenza di “Pinocchio”, con il gatto e la volpe che sembrano due sgherri, allo “Zodiaco” e ai “Tarocchi” con le figure dalle mani nodose alla Egon Schiele, passando per i “Nuovi tarocchi”, le “Sirene”, i corpi morbidi delle “Foemine” e la “Catulliana”, quest’ultima su carta lavorata a mano. Accanto “Politikon”, “Law and order”, “La forza dell’ordine”, “I like war”, personaggi caricaturali dal volto di scheletro come in “Ekklesie”, la figura dello “Zio Pino” e “Per non dimenticare”, commento visivo sui campi di sterminio e l’orrore della guerra. Un susseguirsi di immagini, di riferimenti ad ampio spettro - politica, religione, realtà che lo circonda -un fare arte che non teme giudizi, né sconfitte, sostenuta dal desiderio e la necessità di esprimersi e comunicare senza nessun compromesso. —
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