John Nash, quei giorni speciali a Trieste con un imprevisto bagno nel prosecco

Anni fa, nel 2004, ho avuto la fortuna di trascorrere delle belle giornate in compagnia del grande matematico John Nash, e di sua moglie Alicia, quando sono stati invitati dall'allora maggiore matematico del Centro internazionale di Fisica Teorica di Trieste, il vietnamita Le Dung Trang, a partecipare ad un evento.
Sapere che sono periti insieme il 23 maggio di quest’anno in un tragico incidente d'auto mentre rientravano dalla Norvegia, dove John aveva appena ricevuto il prestigioso Premio Abel, mi riempie di tristezza. Mi ritornano in mente i momenti simpatici trascorsi insieme. Ma insieme dovevano andare, quel tragico 23 maggio, perchè non potevano vivere lontani l'uno dall'altra.
Alicia mi raccontava che erano sempre molto impegnati e in viaggio insieme: John presenziava ad incontri, premiazioni, convegni, e lei lo accompagnava. Nash era attaccatissimo a lei: non la perdeva di vista per un attimo; se lei si allontanava, lui la cercava, quasi fosse in ansia, e si tranquillizzava solo quando la rivedeva. Solo con lei era veramente “a casa”.
Non era facile per me immaginare che questo signore avesse combattuto duramente per una trentina di anni con la schizofrenia, sconfiggendola grazie alla presenza e l’aiuto di lei. Alicia, sua moglie, l'aveva sostenuto tra infinite difficoltà e sacrifici, aveva tirato su un figlio affetto dalla stessa malattia e, invece di piangersi addosso, aveva affrontato la vita con positività, grinta e speranza.
Nel 2004 John era già una grandissima personalità: nel 1994 gli era stato assegnato il Premio Nobel per l'Economia e nel 2001 era uscito il film "A beautiful mind" (Il genio dei numeri) basato sulla sua vita e interpretato da Russell Crowe e Jennifer Connelly. La pellicola ha vinto ben quattro Oscar e due Golden Globe.
John Forbes Nash jr. era nato il 13 giugno 1928 a Bluefield, nel West Virginia. Era un bambino solitario e molto dotato, preferiva i libri ai giochi. Al liceo John si era fatto conoscere per la sua intelligenza. Poi aveva studiato chimica alla Carnegie Mellon University. Dopo aver ottenuto un dottorato in matematica a Princeton, nel 1953 aveva avuto un figlio, John David, dall’infermiera Eleanor Stier. Nel 1957 aveva sposato Alicia Lardé e nel 1959 era nato John Charles Martin.
Nel 1959, John Nash era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico, soffriva di schizofrenia. Nel 1961, Alicia e John divorziarono. In questo periodo sentiva le voci e riteneva di essere l'imperatore dell'Antartide e il Messia. Nelle case di cura aveva sperimentato pericolosi trattamenti, che gli provocavano stati comatosi. A un certo punto, nel 1970, Alicia aveva deciso di ospitarlo a casa sua, rendendosi conto che non sarebbe mai guarito in manicomio.
Nash non aveva nè un lavoro nè una casa, ma da quel momento ha iniziato a riprendersi lentamente e negli anni '90 le crisi hanno iniziato a scemare. Nel 1994 ha vinto il Premio Nobel per l'Economia. Alicia e John si erano risposati nel 2001, ben 38 anni dopo il loro divorzio.
Quel giorno del 2004, sono andata a prenderli a Grignano con la mia vecchia auto a tre porte che, all'epoca, era ricoperta di grilli adesivi perchè l'avevo presentata a una mostra d'arte.
John era completamente diverso da come me l'immaginavo perchè Russell Crowe, l'attore protagonista del film su Nash, è piuttosto in carne. John mi è subito piaciuto per la sua eleganza, per il sottile senso dell'umorismo, per la sua mente acuta e attenta.
Era molto alto, curato, dalle maniere raffinate. Indossava un abito grigio firmato, scarpe italiane e parlava solo se interpellato. Aveva le dita affusolate, come quelle di un musicista e ogni tanto sembrava distratto, assorto nei pensieri.
Sua moglie, Alicia Esther Lopez-Harrison de Lardé, era una forza della natura: vivace, intelligente, energica e attraente, nonostante avesse più di 70 anni. Nata il primo gennaio 1933, era figlia di un medico appartenente a un clan aristocratico di El Salvador che si era trasferito negli Usa nel 1944. Nel 1955 Alicia aveva incontrato John al Mit, dove si era successivamente laureata in fisica. Il suo sogno da giovane era quello di diventare una nuova Madame Curie, ma il destino le ha riservato il ruolo di salvare la vita all'uomo che amava: John Nash.
Ricordo la scena buffa di Alicia mentre cercava di sistemarsi sul sedile posteriore dell'auto scomoda, inciampando e cadendo a panciata sul sedile. Ho dovuto soffocare una gran risata mentre John e io la guardavamo increduli. Senza dire niente, Alicia si era subito sistemata sfoggiando un bel sorriso mentre John saliva davanti. Era così alto, che aveva la testa schiacciata contro il soffitto dell'auto. Il loro commento? «Nice car...» (che auto simpatica). Nient’altro. In queste condizioni, ci siamo avviati al locale tipicamente triestino dove ci attendevano il professor Le, sua moglie Maria e Dag Johannessen, amministratore del Centro di Fisica.
Abbiamo subito ordinato un prosecco e mi rivedo tutta la scena, come se fosse ieri: John a capotavola che discute il programma dell'evento con Le e Dag, Alicia che chiacchiera allegramente con Maria, la cameriera che arriva con la bottiglia del prosecco e che, maldestramente inciampa e rovescia mezza bottiglia sulla schiena di John che, con fare da vero gentleman, esclama «Oooooooohh». Poi si alza, toglie la giacca per farla asciugare, torna a sedere e continua il discorso, come se niente fosse.
Il giorno dopo li ho accompagnati a Miramare perchè Alicia ci teneva molto, apprezzava le arti e la cultura e mi raccontava che, da piccola, la nonna le ripeteva spesso: «Massimiliano non ti fidare, torna al castello di Miramare». Però non aveva mai capito a cosa si riferisse finchè, proprio quel giorno, ha scoperto che Trieste e la storia di Massimiliano e Carlotta erano intrecciate, in un modo molto particolare, con quella della sua famiglia. Infatti, la sua trisavola si era imbarcata da Miramare ai tempi di Massimiliano per andare in Sud America e successivamente, nel Salvador. Man mano che Alicia passava da una stanza all'altra del castello, vedevo crescere il suo entusiasmo. Questa scoperta, il collegamento intimo con Miramare, l'ha legata ancora di più a Trieste, di cui era già innamorata.
A John, sempre gentile e disponibile nonostante la riservatezza innata, ho chiesto un parere su “A beautiful mind”. Ha risposto che sì, gli era piaciuto e che andavano ogni tanto a vedere mentre lo giravano. Però ha sottolineato che alcune scene non erano proprio corrispondenti a ciò che aveva vissuto realmente, con la sua malattia, specialmente la parte che riguardava le visioni. Mi spiegava che, all'inizio, erano vere allucinazioni. Come se un democratico pensasse allo stesso modo di un repubblicano, ma si dichiarasse ostinatamente democratico senza esserlo. In seguito, le allucinazioni erano diventate uditive: sentiva voci e questo capitava a intermittenza. Solo quando le crisi passavano riusciva a riprendere a lavorare e a fare ricerca.
Gli ho chiesto come e dove avesse conosciuto Alicia e mi ha risposto che l'aveva notata a lezione. Era una delle poche ragazze ammesse al Mit all'epoca. Lui aveva chiuso le finestre per via del rumore, Alicia le aveva riaperte. Era il 1957, lei era bellissima: piccolina, molto femminile e portava i tacchi altissimi; era spiritosa e socievole.
Ho chiesto poi a Alicia la sua versione, e lei ha risposto, con un sorriso, che John insegnava lì, era molto bello, altissimo, assomigliava a un attore: insomma, l'aveva subito colpita. Siccome era venuta a sapere che John passava gran parte del tempo libero in biblioteca, ha trovato un lavoro lì e così il loro singolare rapporto d'amore è incominciato grazie alla sua intraprendenza. Alicia si è laureata in fisica e nel 1959, poi si sono sposati.
I miei figli e i loro amici volevano assolutamente conoscerli e così ho invitato - a dir il vero, senza alcuna speranza che dicessero di sì - John e Alicia a una grigliata a casa mia. E loro hanno accettato con entusiasmo. Non avrei certo scommesso di riuscire a ospitare i famosi Nash nel mio piccolo appartamento.
Ricordo ancora le parole che John ha dedicato ad Alicia mentre riceveva il Premio Nobel: «Ho fatto la scoperta più importante della mia carriera ed è la scoperta più importante della mia vita: è soltanto nell'equazione misteriosa dell'Amore che si può trovare qualsiasi logica o ragione. Tu sei la ragione per la quale sono qui stasera».
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