Jan Brokken racconta la storia di “Jungle Rudy”, «L’avventuriero che amava l’Amazzonia»

TRIESTE Forte del successo di “Anime baltiche”, appassionante romanzo in cui ricostruisce le vite straordinarie di personaggi celebri e di persone comuni tra le città dei paesi baltici, lo scrittore fiammingo Jan Brokken torna in libreria con “Jungle Rudy” (Iperborea, pagg. 320, euro 18) tradotto da Claudia Cozzi: protagonista è il pioniere olandese Rudolf Truffino, avventuriero negli anni Cinquanta nelle sperdute foreste del Sudamerica che già ispirarono Arthur Conan Doyle. Brokken, introdotto da Francesco Chiamulera, è ospite del festival “Barcolana – Un mare di racconti” venerdì alle 17. 15. “Jungle Rudy” è stato il suo primo successo internazionale ma curiosamente in Italia esce solo adesso, dopo altri romanzi andati bene. Lo stesso Brokken spiega il perché: «In Italia sono stato scoperto da Emilia Lodigiani di Iperborea. Lei si è innamorata di “Nella casa del pianista” e “Anime baltiche” che qui sono stati due successi. Il suo braccio destro, Cristina Gerosa, ha avuto un colpo di fulmine per “Jungle Rudy” ma hanno deciso di aspettare. Volevano abituare i lettori italiani al mio modo di scrivere che unisce elementi biografici, diario di viaggio, storia e finzione».
Brokken si definisce un raccontastorie che ama condurre i lettori in un mondo che non conoscono. Questo libro adesso è più che mai attuale. «Mi sono appassionato a Rudolf Truffino - spiega Brokken - perché ho vissuto sull’isola Curaçao, nelle Antille. Alcuni amici lo avevano incontrato facendo una spedizione verso Salto Angel, la cascata più alta al mondo. Rudy mi ha affascinato subito: il figlio di un banchiere olandese di origine italiana che non vuole succedere a suo padre, rifiuta lo stile di vita regolare, d’ufficio, confortevole e materialistico. Nel 1952 parte verso una regione sconosciuta, la Gran Sabana, nel sud est del Venezuela». Allora non c’erano strade, nessun fiume navigabile, ci si poteva arrivare solo in aereo. «Là - continua Brokken - lui ha costruito il suo accampamento per accogliere le spedizioni scientifiche. Si è sposato con una studiosa di orchidee, Gerti, di Salisburgo, e hanno avuto tre figlie. È il sogno di tutti: una vita senza padroni, libera, costruita con le proprie mani, una vita a servizio della conoscenza naturale e antropologica. Rudy era un misto tra Indiana Jones e Claude Lévi-Strauss».
Oggi che l’ambiente è un argomento all’ordine del giorno questo libro è illuminante. «All’inizio - riprende Brokken - Truffino viene accolto da una piccola etnia indios, i Pemon, cinquemila persone per una regione grande come l’Italia. Gli insegnano come sopravvivere in un luogo selvaggio. Rudy ha imparato la loro lingua e ha vissuto là per due anni. Un popolo nomade che non conosceva la proprietà privata e divideva tutto e che l’ha aiutato. Vent’anni dopo, il governo venezuelano ha dichiarato tutta la regione parco nazionale per salvaguardare l’ambiente naturale e ha nominato Truffino direttore del parco».
Un’ottima decisione ma da quel momento Rudy ha dovuto opporsi agli indios nomadi e alla loro usanza di cambiare stanziamento ogni cinque anni e di bruciare gli alberi a fini agricoli. «Distruggete il futuro dei vostri figli», gli diceva lui. Ma loro non conoscevano la parola futuro, per loro esisteva solo il presente. Riprende Brokken: «C’è stato uno scontro di civiltà. Rudy ha cercato di opporsi agli incendi boschivi e punire chi li appiccava ma invano. Il mio libro comincia con un paradiso sconosciuto, vicino a “Il mondo perduto”, e finisce con i fuochi danteschi». Lo scrittore fiammingo predilige narrare storie vere. «La finzione - dice Brokken - non va molto lontano. Ci sono molte cose che noi non possiamo immaginare per mancanza di conoscenza e di esperienza. Nella vita reale trovo storie straordinarie che non avrei mai potuto creare con la fantasia. “Jungle Rudy” racconta la storia dell’Amazzonia dei nostri giorni. Tutto ciò che succede oggi era stato già previsto da Truffino».
Ma solo uno scrittore può descrivere Rudy, i suoi amori, Gerti e le figlie come personaggi in carne e ossa. Niente è più difficile che rendere reale qualcosa di magico. «Io - conclude Brokken - ci provo sempre, voglio che i lettori dicano: quanto è incredibile la vita».
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