Its, Stefania Ricci: «Così torniamo ad apprezzare la bellezza e la lentezza»

Una moda più lenta e una collaborazione tra i musei per riaprire le porte di queste eccellenze italiane: Stefania Ricci, direttore Museo e Fondazione Ferragamo, vede così il futuro di tali settori.
Come immagina le passerelle dell’haute couture ai tempi del Covid?
«È evidente che almeno quest’anno vedremo delle passerelle diverse o forse non le vedremo affatto. Si ricorrerà alle porte chiuse o ad altre formule che non siano la classica sfilata. Ciò però non è per forza un fattore negativo, perché è anche vero che la formula della sfilata è abbastanza superata: questo spettacolo, seppur bello e affascinante, non trova poi riscontro nella parte finale ovvero in quella commerciale. Nei negozi infatti difficilmente si vede ciò che sfila in passerella. L’attuale momento porta quindi anche a una riflessione che induce a tentare un modo diverso di proporre la moda, che sia più vicino alla realtà. L’auspicio è dunque di ritornare, soprattutto nell’alta moda e nell’alto artigianato, alla lentezza, necessaria per fare cose creativamente valide».
E come pensa si evolveranno i musei in un futuro prossimo?
«Avranno molte problematiche perché in Italia la gran parte si trova in ambienti storici come il nostro. Si tratterà quindi di rinunciare forse al gran numero di affluenze a cui eravamo abituati, cercando di rivalutare l’apprendimento durate la visita, che sarà più consapevole. Oltre alle entrate misurate, probabilmente ci saranno visite guidate per accompagnare nel percorso le persone. Quello che non potrà essere fatto in loco, verrà probabilmente affiancato dal digitale con visite guidate e tour virtuali».
Come si sta muovendo il Museo Ferragamo?
«Dovremmo riaprire il 18 maggio, ma in Toscana la normativa relativa ai musei non c’è ancora: questo la dice lunga sul fatto che la cultura alla fine è sempre l’ultima. Certamente dobbiamo verificare se avremo le componenti giuste per poter affrontare la situazione. Intanto abbiamo deciso di prolungare la mostra sulla sostenibilità (“Sustainable Thinking”, ndr), perché tratta un tema più che mai attuale. Ci stiamo attrezzando per far fronte all’impossibilità di far entrare ad esempio i gruppi, fornendo loro soluzioni alternative o creando un network con i musei vicini per poterseli dividere e scambiare».
È il secondo anno che partecipa a Its: che cosa le è rimasto più impresso?
«La gran qualità, accoglienza e organizzazione. Quest’ultima, ottima anche ora in versione digitale per le recenti selezioni. Credo che Barbara rappresenti con il suo gruppo un team eccellente e quindi sono stata felice di partecipare per la seconda volta. Il progetto è interessante perché si vede come le nuove generazioni affrontano le future tendenze. Abbiamo notato come questi giovani non prescindono dal tema della sostenibilità, anche se la intendono per il momento in particolare attraverso il riciclo dei materiali: ciò denota che le scuole di moda non hanno dei corsi approfonditi sull’argomento».
Come definirebbe i giovani creativi esaminati quest’anno?
«L’aspetto più interessante è che molti vedono nella moda un messaggio personale o sociale e non solo un abito: in questo c’è una grande vicinanza al mondo dell’arte. Inoltre c’è un ritorno a una moda che dura e all’artigianalità: i ragazzi anticipano quindi la riflessione che anche tutti i designer più affermati stanno portando avanti in questo momento».
Riproduzione riservata © Il Piccolo