In via del Lazzaretto Vecchio la corte dei carlisti di Spagna in lotta per il trono

Nella cattedrale di San Giusto ci sono i sepolcri degli esponenti della dinastia legittima in esilio dopo l’abolizione della legge salica 
Carlo V
Carlo V

TRIESTE. Nella via dove Umberto Saba si specchiava “nei lunghi giorni di chiusa tristezza”, un imponente palazzo nel più puro stile neoclassico, progettato nel 1836 dall’architetto Giovanni Degasperi per il mobiliere di origine ungherese Francesco Gossleth, ospita nella seconda metà del XIX secolo ben due corti reali.

Una è la corte della mancata regina di Francia, Carolina di Borbone Due Sicilie, più nota come la duchessa di Berry, madre di Enrico V di Francia, re per una settimana e pretendente al trono per oltre cinquant’anni. Nato sette mesi dopo l’assassinio del padre, il duca di Berry secondogenito del futuro re di Francia Carlo X, Enrico viene chiamato “Il figlio del miracolo” perché è nato, sette mesi dopo l’assassinio del padre, quando sua madre non era sicura di essere incinta e la dinastia sembrava non avere eredi maschi. Carolina poi ha combattuto come un uomo per assicurare il trono al figlio, raggirato dal cugino Filippo d’Orleans che nel 1830 si è impossessato del regno, ed è finita in prigione. Liberata quando non costituiva più un pericolo, prende la via dell’esilio che la porterà a Trieste al civico 24 di via del Lazzaretto Vecchio, dove approderà nel 1840, una dimora che svolgerà un importante ruolo nella storia d’Europa.

La duchessa, come abbiamo scritto nell’articolo pubblicato il 31 marzo, mantiene anche a Trieste il suo comportamento libero da ogni etichetta. Ama invitare gente. Da grande mecenate incoraggia i pittori, i musicisti e i letterati tanto che il palazzo di via del Lazzaretto Vecchio diventa uno dei più ambìti e frequentati salotti triestini dell’‘800. Vi approdano, tra gli altri, l'imperatore Francesco Giuseppe, suo fratello Massimiliano d’Asburgo con la moglie Carlotta, ma anche i maggiorenti locali come il barone Revoltella e il console d’Inghilterra sir Richard Francis Burton.

Nel ’48 bussa al suo portone Carlo V (che non è quello sul cui regno il sole non tramontava mai), il primo monarca spagnolo ad approdare a Trieste nel tormentato anno in cui tutta l’Europa è in fiamme: ha cominciato Parigi spodestando Luigi Filippo d’Orleans, seguono Praga, Budapest, Vienna dove abdica l’imperatore Ferdinando I a favore del nipote Francesco Giuseppe. E via discorrendo. In quell’anno fatale arriva in città, dopo una lunga peregrinazione per il continente, il sovrano cacciato dalla Spagna a seguito di una complessa questione dinastica, che lo vede in competizione con la nipote Isabella, figlia di suo fratello Ferdinando VII.

La Spagna si divide tra i tradizionalisti cattolici fedeli a Carlo V e a suo figlio Carlo VI, che daranno vita al Carlismo, e la nuova dinastia liberale di Isabella II, che si era imposta cambiando la legge salica. Scoppia la prima delle guerre carliste.

E mentre al primo piano la padrona di casa ospita intellettuali a vario titolo e si diletta di arte, poesia e musica, al secondo piano si trama per ritornare in Spagna. È Carlo VI a tentare di riconquistare il trono nel 1860, ma finisce arrestato insieme al fratello e, per essere rilasciati debbono rinunciare ai diritti dinastici. Nel carlismo coesistono due diverse anime: una, che alla fine risulterà prevalente, ridotta al classico "Dio, patria e famiglia"; l'altra che fa leva sulle possibilità autonome della cultura tradizionale e sul principio di autodeterminazione delle realtà regionali. Dal canto suo il liberalismo non riesce a promuovere alcuna vera riforma sociale ed economica, e non fa altro che far nascere una nuova borghesia rurale parassitaria che vive in città e si gode le rendite di una terra povera.

A Trieste, la vita dei reali esiliati, Carlo V e la moglie Maria Teresa principessa di Beira, insieme ai tre figli di primo letto di Carlo V, Carlo, Juan e Ferdinando, è cadenzata dal rigido cerimoniale spagnolo. Per inciso, è lo stesso cerimoniale che vige alla corte di Vienna, e che irrita così tanto Sissi da farla fuggire appena può. Anche se re Carlo V aveva rinunciato ai diritti regali in favore del figlio maggiore, Carlo VI, assumendo il titolo di conte di Molina, tutto il seguito continua a comportarsi come se egli fosse ancora il Re della Spagna.

La lotta per la riconquista del trono continua con il nipote di Carlo V, Carlo VII, a favore del quale il padre abdica nel 1868. Lo stesso anno una rivolta caccia via Isabella II e le Cortes, il Parlamento spagnolo, nominano re di Spagna Amedeo I di Savoia, che governa tre anni. E il momento per Carlo VII di intervenire, ma non ce la fa: attraversa il confine con la Francia promettendo ai suoi uomini: «Ritornerò». Non accadrà. In quello stesso anno, la vestale dei Carlisti, la principessa di Beira muore nel palazzo di via del Lazzaretto Vecchio. Ha 81 anni. È conosciuta soprattutto fra i poveri della città per le inesauribili opere assistenziali. Poco prima di spirare chiama al capezzale Isabel Burton, moglie del console britannico a Trieste e le raccomanda di continuare le sue opere di beneficenza.

Le sue spoglie mortali vengono inumate in San Giusto, nella cappella di San Carlo Borromeo, accanto a quelle del suo sposo. Sono nove i Carlisti sepolti a San Giusto: Carlo V, Carlo VI, Giovanni III e Carlo VII; l'Infante Fernando, le due spose di Carlo V, Maria Francesca e Maria Teresa di Braganza; e la sposa di Carlo VI, Maria Carolina di Borbone-Due Sicilie. Dal 1975 vi riposano anche i resti di don Francesco Josè d'Asburgo, nipote di Carlo VII. La Corte Carlista di Trieste si estingue qualche decennio dopo la morte della principessa di Beira. Nel Cimitero di Santa Anna a Trieste sono ben visibili le tombe di ventiquattro membri del seguito reale. —

(2 - Fine. La puntata precedente è stata pubblicata il 31 marzo)
 

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