In una casa di Trieste il “tesoro” di Harry Potter: prime edizioni rare ricercate in tutto il mondo

Massimo Battista è uno dei maggiori collezionisti della saga di J.K. Rowling e per Biblion ha scritto la storia di quello che è ormai un classico 

TRIESTE Lanciato con una tiratura iniziale di appena 500 esemplari, Harry Potter ha messo in moto un fenomeno che oggi ha raggiunto più di 450 milioni di copie vendute e tradotte in 79 lingue. Di quella prima tiratura iniziale solo trecento copie finirono in libreria, con il nome dell’autrice per esteso Joanne Rowling e non con lo pseudonimo di J.K. Rowling. Sul mercato ora quella prima edizione vale un sacco di soldi, ma anche le prime edizioni italiane si aggirano sui mille-duemila euro a volume. E in un appartamento a San Vito a Trieste sono conservati oltre 150 esemplari dei libri italiani di Harry Potter (con molte intrusioni straniere). Solo libri, non gadget: dal primo, uscito in Italia, nel maggio del 1998 in 20.000 copie all’ultima serie edita in questi giorni da Salani con copertine e logo ideato dal designer Michele De Lucchi. Stiamo parlando del fotografo Massimo Battista, curatore del blog labibliotecachevorrei.it ma soprattutto uno dei maggiori collezionisti italiani della saga del maghetto sul quale ha scritto, in prossima uscita per Biblion Edizioni di Milano, il volume “Collezionare Harry Potter”, una storia editoriale di questo classico della letteratura per ragazzi e non solo.

Un classico Harry Potter come Pinocchio?

«Già Umberto Eco su L’Espresso del 4 maggio 2000 - risponde Battista - dichiarò che l’autrice gioca senza parere su archetipi come Oliver Twist, il Remy di Senza famiglia, Pel di Carota e Cenerentola: c’è una povera creatura a cui ne fanno al di là del sopportabile, e finalmente si scopre rampollo di razza e piccolo principe della magia. Inoltre, il collegio di Hogwarts assomiglia a tanti altri college inglesi, a quello irlandese dello Stephen Dedalus di Joyce, alla banda dei ragazzi della Via Paal».

Quali sono, secondo lei, gli elementi che ne fanno un classico?

«C’è l’elemento fantastico, su cui si concentreranno i lettori bambini, ci sono le problematiche legate all’età di Harry e dei suoi amici, in cui si ritroveranno i lettori adolescenti. Ricordo che quando lessi per esempio “Harry Potter e il Calice di Fuoco” fui ammirato dalla descrizione caratteriale che fece la Rowling di Harry: un adolescente irrequieto e, a tratti, fastidioso, in cerca di un posto nel mondo, come lo sono tutti a quell’età. Inoltre la saga è un classico per il mito del bene che vince sul male, non tanto grazie ai trucchi magici, ma per le scelte morali operate dai protagonisti che spesso comportano sacrifici. Si veda il paragone dell’armata di Voldemort e dei suoi seguaci, i Mangiamorte, con i nazisti, per la loro smania di una razza purosangue contro i mezzosangue, cioè maghi e streghe con almeno un antenato “babbano” nel loro albero genealogico, ovvero di famiglia non-magica, senza poteri. Il mondo di Harry non è un altro mondo come Narnia: tutto accade in una Inghilterra contemporanea. Londra è la Londra che conosciamo, la stazione del treno dove Harry e gli altri studenti partono per la scuola di magia è quella di King’s Cross (sebbene il binario 9e3/4 sia accessibile solo ai maghi)».

Come nacque il libro?

«J.K. Rowling nel 1990, dopo aver avuto l’idea di un orfano allievo di una scuola di maghi, appuntò su un blocchetto tutte le idee e l’elenco dei sette libri che voleva scrivere. Terminato il primo, lo spedì a due agenti letterari. Uno le restituì il manoscritto, l’altro era Christopher Little (scomparso da poco), scelto dalla Rowling dall’elenco degli agenti per il suo cognome. Il dattiloscritto vagò tra dodici case editrici inglesi e solo nel febbraio del 1997 la Bloomsbury lo pubblicò in 500 copie. Solo dal terzo volume inglese (e con la Warner Bros. interessata realizzare un film) la curiosità crebbe a dismisura. E qui entra in gioco la Salani del grande Luigi Spagnol».

Si dice che l’uscita in Italia del primo libro fu funestata da un tragico errore... È vero?

«A Serena Riglietti, l’illustratrice della prima serie, furono date indicazioni sommarie sulla trama del libro. A tutti sfuggì l’importanza degli occhiali di Harry, che non furono messi. Stampato il libro, la Salani ricevette una secca telefonata da Londra che impose il rifacimento della copertina e la modifica del nome dell’autrice da Joanne Kathleen Rowling a un più misterioso J.K. Rowling. Modifica per altro di carattere commerciale: le iniziali J.K. non svelavano il sesso dell’autore e all’epoca si pensò che un libro scritto da un uomo potesse vendere di più, anche se la storia ha dimostrato che non è così. La copertina venne rifatta e quell’edizione è oggi molto ambita dai collezionisti disposti a pagarla anche 1.200 euro (mentre la prima edizione inglese è andata all’asta a 74 mila euro)».

Quali furono, secondo lei, le difficoltà nel tradurre in italiano Harry Potter?

«Al momento le traduzioni dei libri di Harry Potter sono tre. O meglio, è la stessa traduzione aggiornata altre due volte. Le eccellenti versioni di Marina Astrologo e Beatrice Masini, man mano che la saga proseguiva, sono state riviste alla luce dei nuovi eventi che coinvolgevano i protagonisti. È naturale, se si pensa che, traducendo i primi libri, le traduttrici non avevano ancora la visione completa del lavoro della Rowling. Tutto questo ha portato la Salani a una scelta coraggiosa, ma anche ingiustamente criticata: riprendere in mano tutta la saga, una volta conclusa, e apportare correzioni alla traduzione che migliorassero il senso dell’opera. Fu così che nel 2011, con la supervisione di Stefano Bartezzaghi, un team di esperti aggiornò alcune parti. Tra queste, i nomi di alcuni protagonisti: lo studente Neville Paciock ridiventò Neville Longbottom come nell’originale, riscattando anche la sua figura che da “pacioccona” diventava eroica». —
 

Riproduzione riservata © Il Piccolo