“In prima persona” Miela Reina a Monfalcone con Skoglund e Hocks

Due contemporanei e grafiche della triestina anni ’70 nel progetto di Lorena Matic che ha al centro la “meraviglia”

il percorso



L’opera di due artisti contemporanei, Sandy Skoglund, statunitense, e Teun Hocks, olandese, posti accanto all’opera di Miela Reina artista e pittrice triestina, scomparsa prematuramente nel 1972 a trentasei anni.

L’originale accostamento è al centro della mostra “In prima persona” che ha aperto alla Galleria d’arte contemporanea di Monfalcone la quindicesima edizione di “Questa volta metti in scena... la Meraviglia di Alice - Scoperte Leonardesche tra Cielo e Terra”. Si tratta di un progetto dell’Associazione Opera Viva, ideato e diretto dall’artista Lorena Matic, che intende mettere in relazione la meraviglia generata dagli studi e dalle scoperte di Leonardo Da Vinci, con la meraviglia che incontra la protagonista del romanzo fantastico “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll (pseudonimo del matematico Charles Lutwidge Dodgson). «Tratto distintivo degli autori è la narrazione – spiega Lorena Matic – che in Reina parte già dal titolo dell'opera, in Skoglund nel ricreare minuziose ambientazioni fiabesche e in Hocks dalla mise en scène, in cui l'artista stesso è il personaggio di surreali racconti».

Di Sandy Skoglund, nata nel ‘46 a Weymouth, alla quale di recente è stata dedicata un’ampia antologica a Torino negli spazi di Camera Centro Italiano per la Fotografia, sono esposte opere più e meno recenti, tra cui vere e proprie icone dell’autrice considerata un’antesignana della staged photography. Tra queste una delle più celebri è “Revenge of the goldfish” (1981): utilizzata tra l’altro quale copertina dell’omonimo album della band britannica Inspiral Carpets e del libro di Margaret Mazzantini “Venuto al mondo”, presenta un bambino seduto sul letto della sua camera trasformata in un acquario con grandi pesci rossi che gli girano attorno. L’idea del ribaltamento degli spazi, dell’ambiguità e della fragilità della condizione umana ritorna anche in “Breathing glass” (2000) dove tra libellule in vetro soffiato e manichini rivestiti di tessere di mosaico l’autrice sfida la forza di gravità creando un’immagine sospesa tra verità e finzione, tra realtà e sogno.

Di Teun Hocks, classe 1947, sono presenti le immagini fotografiche nelle quali egli appare come soggetto protagonista e su cui interviene pittoricamente: in una è seduto al tavolo e guarda attraverso un binocolo un mappamondo illuminato su cui è puntato un microfono. In un’altra appare di spalle immerso in un paesaggio irreale e infinito; con la mano destra tiene un lenzuolo annodato che lo collega direttamente al cielo.

Infine di Miela Reina vengono proposte alcune opere grafiche degli anni Settanta, come il “Vestito per occhiali” o la “Dentiera per forbici”, e disegni realizzati tra la fine degli anni ’50 e i primi’60, dai tratti lievi ma precisi, quasi delle pagine di diario, liriche e ironiche al tempo stesso.

Il gioco dell’assurdo, dell’irrazionale da conciliare con il razionale, l’ironia, i rovesciamenti di prospettiva, la capacità di trasformare immediatamente un’immagine in racconto accomunano i tre artisti che in modi diversi sanno catturare l’attenzione di chi guarda provocando in lui stupore e meraviglia, rendendo i suoi occhi “luminosi e desiderosi di molte storie strane” come scrive Carroll in chiusura del suo romanzo. La mostra rimarrà aperta fino al 3 agosto. —

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