Il suicidio del fratello Bellocchio torna indietro alle radici del dolore

Il 27 dicembre 1968 una crepa insanabile si apre nella vita di Marco Bellocchio: il fratello gemello Camillo, a soli 29 anni, si toglie la vita impiccandosi nella palestra di casa. Quella morte cercata si è abbattuta su tutta la famiglia, la madre vedova, i quattro fratelli e le due sorelle, e ha percorso come un fiume carsico tutto il cinema di Bellocchio per salire finalmente in superficie in questo toccante documentario presentato al Festival di Cannes, dove il regista riceve oggi la Palma d’Oro d’Onore. Bellocchio ritrae Camillo attraverso una sorta di grande seduta di autoanalisi di famiglia, partendo da un pranzo, nel 2016, organizzato con i fratelli superstiti Letizia, Pier Giorgio, Maria Luisa e Alberto. Il regista li fa raccontare, davanti alla macchina da presa, non solo il ricordo di Camillo ma anche gli anni dell’infanzia, il rapporto coi genitori, la vita in quella famiglia piacentina borghese che Bellocchio non ha mai smesso di rielaborare nei suoi film fin da “I pugni in tasca”, passando per “Gli occhi, la bocca”, “L’ora di religione”, “Sorelle mai”. Stavolta l’urgenza è chiara: «Il senso di colpa che ho nei confronti di Camillo è che non l’ho amato abbastanza. Per questo prima di morire volevo ricordare questa tragedia», dice l’autore nel film, cucendo con immagini di archivio storia privata e collettiva: Camillo se ne va nell’anno della contestazione, della libertà sessuale, del maggio francese, ma tutte queste rivoluzioni nulla possono contro la sua personale disperazione. La disamina, che come sempre nel cinema di Bellocchio passa anche attraverso gli strumenti della psicanalisi e il confronto con la Chiesa, è per certi versi spietata. «Nessuno aveva valutato il pericolo di quella depressione», dice il regista. «Tutti vivevamo una vita di arida infelicità: le cose basiche c‘erano tutte ma a livello degli affetti c’era il deserto». Un film prezioso e imperdibile, estremamente autobiografico ma capace di agitare interrogativi universali su come si sopravvive al dolore e come, a volte, sia necessario guardarsi indietro per trovare un nuovo senso anche al proprio presente. —
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