Il regista Schmidt ai Mille Occhi: «Il cinema italiano, una passione»
TRIESTE «Il cinema italiano degli anni sessanta era il cinema più spettacolare del mondo. Un film innovativo come “Salvatore Giuliano” di Francesco Rosi, uno glamour come “Il Gattopardo” di Visconti, uno sulle emozioni moderne come “La Notte” di Antonioni. E ancora, un film dalle strutture narrative nuove come “Cronaca familiare” di Zurlini, uno dalle dimensioni dantesche come “La dolce vita” di Fellini: e, alla fine, anche il coraggio di un talento innovativo come “Accattone” di Pasolini. Tutti questi film in un solo anno! Il mondo cinematografico non ha mai visto un’esplosione di creatività come questa». È un fiume in piena, il regista tedesco Eckhart Schmidt, quando si tratta di raccontare la sua lunga storia d'amore con l'Italia, iniziata quando era critico cinematografico e proseguita con passione fino a oggi: fino a “Loving Valeria”, che stasera alle 21.30 i Mille Occhi presentano in anteprima internazionale al Miela insieme agli altri otto film della sua complessa nuova opera, girata nella nostra lingua. In sala, oltre al regista, ci sarà anche la moglie produttrice Gorana Dragaš e le attrici protagoniste di questo “Ciclo Romano primo”.
Autore fertile e instancabile, del suo percorso colpisce l'incredibile prolificità mista a un eclettismo che gli permette di muoversi tra mezzi espressivi diversi, oltre il cinema. «Come riesco a essere sempre così ispirato, anche in tempi non propriamente fecondi come questi? Ogni tempo ha le sue qualità e possibilità – spiega Schmidt - ma è fin dall’inizio che sono affascinato dalle immagini della donna: come pittore da giovane, come scrittore negli anni dopo, e finalmente anche come regista. Secondo me la donna è più aperta, più curiosa e flessibile dell’uomo. Per questo è possibile raccontare una storia attuale attraverso gli occhi di una donna. Penso anche di avere un’anima femminile: quando scrivo e quando giro guardo sempre il mondo con gli occhi di una ragazza».
«La mia attività – continua - non è mai uno sforzo: è come respirare, così mi muovo da un respiro all'altro. Scrivere poesie, o fotografare e girare è un processo di ogni giorno: per me è totalmente normale. Un giorno senza creatività è un giorno perso. Così nascono 150 film e circa trenta libri».
Invenzione e voglia di improvvisare, niente sceneggiatura né strizzate d'occhio al pubblico fanno di queste opere un universo a sè stante. «Non m'interessava più fare film convenzionali – spiega ancora il regista - perché mi annoiano le strutture classiche. L’ispirazione è venuta dalle mie esperienze romane: lì si vedono i monumenti del passato e si può immaginare com’era la vita a quei tempi. La mia idea è stata di offrire al pubblico qualche elemento di una storia, ma dove lo stesso pubblico ha la possibilità di immaginare il resto. È un processo attivo per lo spettatore, che diventa così non più solo “vittima” passiva di un film. Un punto importante è stato che a Roma ho trovato attrici come Marilina Marino, Cecilia Saracino, Sara Marrone e Valeria Pellegrini. Interpreti che hanno un gran talento e in grado di trasmettere queste visioni di un cinema diverso e mai fatto prima. Tutto è cominciato con un film e da li si sono poi sviluppati due “cicli romani” con più di trenta film». «Essere ai Mille Occhi a Trieste - conclude - è per me molto interessante perché i miei film saranno mostrati per la prima volta a un pubblico italiano. L’Italia è stata fondamentale per il mio lavoro degli ultimi due anni, dopo il ritorno da Los Angeles. Tutti questi film del ciclo romano sono molto impegnativi e mi auguro si potrà discuterne insieme al pubblico triestino». —
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