Il Premio Luchetta racconta l’orrore dei bimbi in guerra

Annunciate le terze dei finalisti, il 22 giugno la premiazione

TRIESTE La premiazione dei cinque vincitori delle altrettante categorie della XIV edizione del Premio Marco Luchetta sarà il 22 giugno, nella serata "I nostri angeli" al Politeama Rossetti di Trieste e in onda su RaiUno.

Intanto la giuria ha scelto i 15 finalisti, annunciati ieri da Giovanni Marzini, segretario della commissione, durante la seconda giornata del Festival Link, dove è spuntata un'ottima presenza italiana. Ma questo è comunque l'anno del record di candidature al Premio, dove sono giunte centinaia di reportage arrivati da testate di tutta Europa, che trasmettono un puzzle agghiacciante dell'infanzia assediata e schiacciata da tanti eventi e fenomeni negativi ormai sempre più insiti nella società e nella storia contemporanea.

Nelle sezioni di servizio tv, fotografia, reportage italiani e stranieri per tv, carta stampata e web in gara ci sono reporter e fotografi internazionali. La ventina di giornalisti, per lo più direttori della carta stampata, che ha selezionato i lavori, ha scelto nell'ambito della sezione Tg News tre servizi, della durata massima di cinque minuti, che guardano al Medio Oriente ma anche a casa nostra.

Riccardo Chartroux con Walter Padovani ha raccontato su Rai Tg3 "L'inferno di Mosul", dove i civili sono intrappolati tra esercito iracheno e Isis, come il piccolo Mahmoud con un ginocchio spappolato nell'ospedale da campo. Per Bbc News Lyse Doucet ripercorre la storia di Bara'aa, nella Siria occidentale, dove tornare finalmente a scuola non cancella i segni indelebili della guerra. Giammarco Sicuro per Tg2 - Rai2 ha indagato invece la piaga del lavoro minorile sottopagato a Palermo: si stima che in Italia coinvolga oltre 260mila bambini, moltissimi nelle maglie della criminalità organizzata.

Tornano, nell'ambito dei reportage di lunghezza fino a 80 minuti, nel ricordo di Alessandro Ota, due giornalisti già vincitori del Premio nelle scorse edizioni. Da una parte c'è Valerio Cataldi, che firma per Tg2 un video su cos'è il confine d'Europa. I protagonisti del suo operato restano le parole di un bambino e soprattutto gli occhi di Aziz, respinto per cinque volte con suo padre.

Dall'altra, Marco Gualazzini, che ha invece documentato e denunciato per ilgiornale.it la tragedia senza fine che si consuma nella Repubblica Democratica del Congo sulle giovani donne: 400mila di loro vengono violentate ogni anno, una media di 48 all'ora, quasi una al minuto. Mentre Francesca Mannocchi per Rai3 - Doc3 ci accompagna fra gli sfollati siriani in Libano: uno Stato di 4 milioni di abitanti che ospita circa un milione e 200mila profughi siriani, cifre che suonano umilianti per l'Europa e l'Occidente.

Per la sezione Stampa italiana due reportage del “Corriere della Sera”. Li firmano Marta Serafini, inviata nei campi profughi di Hansansham e Debaga, intorno a Mosul, dove ha raccolto le testimonianze di molti ragazzi in fuga sia dalla città irachena che dai villaggi nei dintorni. E Davide Frattini, che ha ripercorso l'odissea del piccolo Omran: l'immagine del bambino siriano estratto dalle macerie di un palazzo ad Aleppo diventa il simbolo della guerra che non finisce. Su “Left Magazine” Laura Silvia Battaglia ha raccontato la tragedia dei bambini yemeniti, vittima di traffici a scopo sessuale o per impegnarli come forza militare, nella guerra fra i ribelli del Nord e i governativi.

Per la Stampa internazionale, in memoria di Dario D'Angelo, si contendono il Premio tre grandi testate. Ossia “El Pais”, con Antonio Pampliega, che dà voce ai bimbi a lungo sottomessi dall'Isis. C'è poi il “Daily Mirror” con Tom Parry, che spiega la Somalia colpita da una delle peggiori siccità negli ultimi 70 anni. E il “The Guardian”, con il reportage di Ruth MacLean da Aleppo, che dà l'idea dell'area a due mesi dalla fine della battaglia.

Infine la Fotografia dedicata a Miran Hrovatin. Sono in gara gli scatti di Amid Heyadatullah, pubblicati sul “Boston Globe”, che immortala una bambina dagli occhi azzurri cristallini, come lo è il tessuto che le avvolge il capo. È Maimuna, una sfollata di 5 anni in un campo temporaneo a Kabul.

Ashawi Khalil invece pubblica per “Huffington Post”: al centro dell'immagine una giovane profuga siriana con una gamba amputata controlla il cellulare nel campo rifugiati di Bab Al-Salam, vicino al confine con la Turchia, a nord di Aleppo. E Alessio Romenzi, che ha realizzato uno scatto legato a un servizio per Unicef, ha pubblicato per l'Espresso una foto che riesce a rendere protagonista un ragazzo nigeriano che siede dietro le sbarre del centro di detenzione per migranti irregolari di Garian, 60 chilometri a sud di Tripoli.

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