Il Premio Amidei parte da Francesco Bruni con “Il capitale umano”

di Beatrice Fiorentino
Ci sarà Francesco Bruni, a Gorizia, a inaugurare la 33.a edizione del Premio internazionale di sceneggiatura “Sergio Amidei”, presentando il primo dei film in competizione per il prestigioso riconoscimento: “Il capitale umano”, con la regia di Paolo Virzì e scritto a sei mani assieme allo stesso regista e a Francesco Piccolo. Dopo il pomeriggio di apertura, durante il quale passeranno le prime pellicole della retrospettiva dedicata a Carlo Mazzacurati e della sezione “La Grande Guerra. L’occhio del cinema”, domani sera alle 21, al Parco Villa Coronini Cronberg, l’attenzione sarà tutta per lui.
È un sodalizio di lunga data quello che lega Bruni a Virzì, amici fin dai tempi del liceo. I due si incontrano da ragazzi sullo sfondo della Livorno di fine anni ‘70, periodo in cui entrambi coltivano una passione comune per il teatro, praticato a livello amatoriale con diverse compagnie.
«È stato un periodo fortunato – racconta lo sceneggiatore, passato nel 2011 dietro alla macchina da presa firmando la regia di “Scialla!” – quello che da principio era un hobby è diventata poi una vera professione».
Il primo a lasciare Livorno alla volta della capitale è proprio Virzì, racconta Bruni: «Paolo abbandonò gli studi universitari per andare a Roma al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove seguì il corso di sceneggiatura incoraggiandomi a seguirlo. Tre anni dopo l’ho raggiunto, anch’io al Centro, per lo stesso corso. Nel frattempo, però, lui già lavorava con Furio Scarpelli.
Quando ha concepito l’idea di fare un film, che era “La bella vita”, passando alla regia, è stato naturale per lui chiamarmi. Da lì è nata una collaborazione che dura ancora adesso».
“Il capitale umano”, uscito in sala ai primi di gennaio di quest’anno, è il coronamento di una collaborazione non solo fertile e vivace, ma anche capace di catturare i gusti del pubblico e della critica ad ampio raggio. Sette David di Donatello, sette Nastri d’argento, quattro Ciak d’oro: una pioggia di premi che arriva a legittimare ciò che il pubblico aveva già decretato come uno dei maggiori successi della stagione, attribuendo il giusto merito non solo al regista ma a un’intera squadra di lavoro. Tra questi, naturalmente, anche il trio di sceneggiatori.
«Il film nasce da un’idea di Paolo - spiega Bruni-. Dopo aver letto il romanzo di Amidon, ha voluto che lo leggessimo anche io e Francesco Piccolo. Da subito abbiamo avuto la sensazione che fosse possibile trasporlo in un contesto italiano, forse per effetto della globalizzazione che ci rende tutti molto più simili ai modelli a cui aspiriamo. Abbiamo subito cominciato a lavorare al testo fino ad arrivare all’idea, secondo me vincente, di alterarne la struttura, ristrutturandola. Abbiamo trasformato un racconto lineare in tre capitoli seguiti da un epilogo, che raccontano lo stesso lasso di tempo, vissuto da tre punti di vista differenti. L’immagine definitiva si compone quindi per gradi, solamente alla fine del terzo capitolo.
La struttura è molto particolare e contiene in sé un giallo, l’uccisione accidentale di una persona. Di volta in volta si è portati ad attribuirne la responsabilità a personaggi diversi fino alla risoluzione finale. Questa è stata l’idea forte di sceneggiatura».
«Anche il romanzo – prosegue – adotta un punto di vista differente a ogni capitolo, ma non è strutturato come il film. E la grande soddisfazione è stata sentire dalle parole di Amidon, che è diventato un caro amico, che se avesse pensato a una struttura così per il romanzo l’avrebbe adottata».
Francesco Bruni, all’Amidei, si sente un po’ a casa. Dopo aver vinto lui stesso nel 1996 per il film “Ferie d’agosto”, da ormai diversi anni forma parte della prestigiosa giuria che assegna i premi.
«Questo mi esclude in partenza dalla corsa, è implicito», afferma, mettendo subito a tacere qualsiasi sospetto possa nascere sulla sua duplice veste di concorrente e giurato. «Il grande merito dell’Amidei è la sua specificità», aggiunge Bruni, spiegando: «È un premio unico in Italia, dove di premi ce ne sono fin troppi. E’ importante potersi soffermare su un aspetto del cinema che non è solo tecnico ma anche poetico e creativo. È l’origine stessa dell’atto creativo di un film.
La fase di sceneggiatura è importantissima e purtroppo spesso trascurata. Sono molto felice di trovarmi coinvolto in più vesti, in questa particolare edizione. Non solo come sceneggiatore e presidente dell’Associazione 100 Autori che dà il patrocinio all’evento, ma anche e soprattutto come amico di Carlo Mazzacurati, a cui quest’anno è dedicata la manifestazione».
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