Il pianista Matthew Lee a Gorizia suona il rock ’n’ roll con i piedi

Domani al Verdi l’artista di Pesaro radiato dal conservatorio con big band e ballerini «Il crossover allora non esisteva e io per farmi cacciare ce l’ho messa tutta»



È uno di quegli artisti che al pianoforte è capace di suonare mille note al secondo. Matthew Lee (nome d’arte di Matteo Orizi, pesarese) non si può tuttavia definire un collega di Horowitz o di Rubinstein. Lui, infatti, lo strumento non si limita a suonarlo con le mani, ma anche con i gomiti e con i piedi. Domani, alle 20.45, al teatro Verdi di Gorizia ne darà una prova in “Swing around the Rock”.

Che formazione ha avuto?

«Sono partito da un conservatorio, a Pesaro, ma controvoglia: l’argomento non mi interessava, al punto che non sapevo se suonare chitarra o pianoforte. Dopo qualche anno ho scoperto i rock ’n’rollisti (Ray Charles, Jerry Lee Lewis, Little Richard, Elvis e tanti altri), anche perché mio padre, musicista, ha una importante collezione di dischi loro. Ma la classica non va d’accordo con il rock ’n roll e, per farla breve, dal conservatorio sono stato radiato. Proprio così: mi hanno cacciato, anche se ero piuttosto bravo. Di anni al conservatorio ne ho fatti quasi nove. Insomma, il mio percorso stava per finire, ma facevo più rock n’roll che classica».

Come ricorda la radiazione dal conservatorio?

«Male! Non vivevo di musica, ma avevo interessi diversi dalla classica, che richiede di fare esattamente ciò che è scritto sul pentagramma. Con il rock ’n’roll, come con la musica moderna e contemporanea, c'è la possibilità di improvvisare, di mostrare la propria personalità, di aggiungere allo spartito un contributo più incisivo: con la classica non lo potevo fare e quindi il rock ’n’roll mi ha preso sempre di più. In ogni caso, comprendo il punto di vista del conservatorio: se fai una scuola devi farla bene e io, per farmi cacciare, ce l'ho proprio messa tutta. Non bisogna dimenticarsi che allora il “crossover” (la tendenza a mescolare i generi) non esisteva ancora: anch'io, quindi, oggi al conservatorio sarei andato bene.

Però, con tanti concerti una rivincita nei confronti dei suoi insegnanti se l'è presa...

«Sì, nei conservatori, negli auditorium sono spesso finito a suonare, ma da artista, non da studente».

E la “classica” la suona ancora?

«Non l’ho mai abbandonata del tutto. La inserisco sempre nei miei spettacoli, e anche a Gorizia ci saranno momenti in cui proporrò qualcosa di classica, ovviamente rivisitandola a modo mio».

Come nasce il nome di Matthew Lee?

«È completamente inventato. Il motivo per cui l'ho scelto è molto semplice: mi piaceva e così mi son battezzato».

E quando nasce il suo modo di suonare il pianoforte anche utilizzando, per esempio, piedi e gomiti?

«Quando ho cominciato, 18-20 anni fa, non mi voleva nessuno. Mi consigliavano di lasciar stare, perchè il mondo musicale era visto come un disastro, specie per quanto riguarda il rock'n’roll. Ma io ci credevo comunque e mi proponevo nei locali. Poi ho capito che dovevo far qualcosa per attirare l'attenzione, per diventare più interessante».

Che spettacolo sarà a Gorizia?

«Uno spettacolo completo. Sul palco, avrò la big band, non il normale quartetto con cui solitamente mi esibisco: sul palco, con i fiati, saremo in sette. Si potranno ascoltare i brani dei miei sei dischi (il prossimo esce a marzo). Inoltre, ci saranno alcuni interventi molto belli di quattro eccezionali ballerini che fanno parte di un gruppo chiamato “Swinguys”. Faremo canzoni originali, rifacimenti di brani famosi e classici del rock ’n’roll rivisitati». —



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