Il greco antico diventa un best seller: Andrea Marcolongo oggi a Gorizia
TRIESTE Trent’anni, un sorriso da modella, autrice di un best seller che ha guidato la classifica per sette settimane e rimane ancora tra le teste di serie. Non ha scritto un thriller, nè un romanzo, nè un ricettario. Viene inquadrato come “saggio”, ma è piuttosto un atto d’amore per quella che di solito si definisce una lingua morta: il greco antico.
Andrea Marcolongo ha dimostrato invece che è viva, vivissima, e con il suo “La lingua geniale. Nove ragioni per amare il greco” (Laterza, pagg. 156, euro 15), ha raggiunto oltre settantamila lettori ed è arrivata alla dodicesima ristampa.
Come le “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli, quello di Andrea, professoressa di scuola superiore che oggi si dedica a tempo pieno alla scrittura e vive tra Livorno e Sarajevo, è molto più di un manuale per liceali alle prese con problemi e versioni paralizzanti.
È un invito a conoscere un modo affascinante e speciale di guardare il mondo, di vivere, di pensare, di comunicare con gli altri. Un invito a ridare peso alla ricchezza delle parole, alla loro scelta e frequentazione, in greco ma anche in italiano. Per questo la “lingua geniale” ha conquistato lettori ben al di là del mondo della scuola. E parlando del greco, Andrea Marcolongo ha già incontrato oltre venticinquemila ragazzi nelle scuole d’Italia.
Oggi sarà a Gorizia, con due presentazioni. La prima alle 11, nell’auditorium Biagio Marin del liceo classico Dante Alighieri in via XX settembre 11, solo per gli studenti. Alle 18, alla libreria Leg, in corso Verdi 67, in un incontro aperto a tutti: in entrambi gli appuntamenti, con l’autrice converseranno i professori Carmen Mazzone e Alessio Sokol. Ecco che cosa ci ha anticipato Andrea Marcolongo.
Tanti ragazzi dicono “non vado al classico perchè c’è il greco”. Perchè sembra più ostico della fisica o della matematica?
«Perchè è diverso, ha un altro alfabeto, quindi anche l’impatto visivo scoraggia. Il latino viene ritenuto più facile perchè è simile all’italiano, si riesce subito a leggerlo... Ma non è questo il problema: l’alfabeto si impara in una settimana. In realtà non pensiamo mai che circa il dieci per cento delle nostre parole deriva dal greco.
Però il greco richiede un passo in più. C’è distanza, differenza, tra noi e lui. Questa è la sua bellezza e il motivo per cui ho scritto il libro. Ai ragazzi dico l’esatto contrario: “vado al classico perchè c’è il greco”».
Lei ha confessato che è il grande amore della sua vita. Quando è scoppiato?
«Come i grandi amori, non è stato a prima vista, ha avuto i suoi alti e bassi. Al terzo anno di liceo, quando si supera l’apprendimento della grammatica, mi è stato chiaro che sarebbe stato impossibile capire il greco e pensare in italiano.
“Tradurre” significa condurre verso la propria lingua. Avrei dovuto avvicinarmi io al greco, lui non si sarebbe mai mosso, e provare a pensare in greco. Come nell’amore, si procede per gradi di conoscenza. Prima la grammatica, quindi il nome, l’approccio iniziale a una persona.
Poi, quando mi si è aperto il mondo dei testi, è stata una bella sfida, con tante energie e risorse da mettere in campo, quelle che servono per portare avanti un rapporto. Se si dà qualcosa per scontato, se si pensa di avere le chiavi, è il momento in cui si perde tutto. Nel greco come nell’amore».
Nove ragioni per definirla una lingua “geniale”. A cominciare da quel caso che suona spesso strano, il duale...
«Nemmeno io, dopo quindici anni, avevo mai capito bene cosa fosse. Il duale non sono due occhi, due mani, due fratelli. Non sono due, ma uno. Un uno formato da due, che diventa però un’altra cosa. La madre con un figlio in grembo, al duale è la maternità.
Due occhi se rivolti verso qualcosa, sono la meraviglia. Due amanti, sono l’amore. E la difficoltà sta nel fatto che il duale non era obbligatorio, ma lasciato alla libera facoltà del parlante greco. Un caso per esprimere qualcosa in più che una semplice somma».
E il modo ottativo...
«Un modo chiamato desiderio. In italiano dobbiamo usare tante parole per esprimere un desiderio e far capire quanto è realizzabile. L’ottativo è veloce e perfetto per dire se è un desiderio reale, se ha tante possibilità di realizzarsi, se è solo possibile. L’ottativo è la misura dello spazio tra il desiderio e la voglia, la passione, il mettersi in gioco, la fatica che ci vuole per concretizzarlo».
Però non c’è il futuro...
«Il futuro c’è come tempo, non come aspetto. Il futuro si costruisce con il presente. Il “come” accadono le cose, in greco antico prevale sul “quando”. Quindi, se qualcosa non si è mai verificato, non ha un “come”».
Giusto eliminare la prova di traduzione alla maturità?
«Non sono d’accordo. La maturità non è il film, è una valutazione di competenze. Non vedo altro modo per farlo. Da quando in qua la facilità è un valore? Se si continua a posticipare il primo incontro dei ragazzi con la vera difficoltà, quando arriverà il momento di scoprire che la vita non è semplice? La vita non è nemmeno veloce, non è imparare il greco in tre giorni. Abbiamo bisogno di tempo e di metterci tutto di noi stessi».
In un mondo tecnocratico, gli studi classici sono sotto assedio?
«Sotto assedio è la nostra consapevolezza di vivere in questa società. Al contrario, spesso prevale la confusione. Il successo del libro si deve anche al fatto che oggi in ogni orientamento di studio non si comunica più con esseri umani.
I mezzi di comunicazione non sono la comunicazione. Mandare un’e-mail non è comunicare chi siamo a un’altra persona. Ci vuole una cultura “umana” per utilizzarli, ed è questa sotto assedio, non la cultura umanistica».
Che cosa racconterà agli studenti di Gorizia?
«Che sono emozionatissima. È la mia prima presentazione dopo un mese di pausa, quasi come se cominciassi il secondo quadrimestre. E poi dirò che parlo una lingua con molti più casi del greco, il serbo-croato, e che si sopravvive. Incontrando gli studenti, ho scoperto una generazione matura, che mi fa domande sulla vita, non sul greco.
E non devono accettare di farsi raccontare come quelli che hanno imparato a usare il computer prima della biro, l’MP3 prima di aver visto un cd. Fare il liceo classico è un atto di coraggio oggi. Quando avevo la loro età, si sceglieva o per tradizione di famiglia o perchè l’aveva detto la professoressa delle medie.
Oggi i genitori ti consigliano di studiare cinese per trovare un lavoro. Ma alcuni questa scuola l’hanno scelta e lo trovo eroico. Non bisogna dimenticare, però, che mentre si fa il classico si è adolescenti. E vivere la propria età».
Studiare il greco è rivoluzionario?
«Il dibattito su questo studio attraversa tutta l’Europa, anche la stessa Grecia. Francia e Germania l’hanno reso facoltativo. In un momento così delicato, pensiamo solo che la parola “xenofobia” è del greco attuale, non di quello antico.
Sì, studiare il greco è rivoluzionario nel senso di aver la curiosità di scoprire un modo nuovo di pensare, di dar valore a che cosa diciamo, alle parole. L’Oxford Dictionary ha scelto emoticon come parola dell’anno 2015. È incredibile. Io le faccine non le capisco. Se lei me ne manda una adesso, che cosa intende? Che le piace l’intervista, che le sono simpatica, che ama il greco?».
Lei è stata ghostwriter di Matteo Renzi. Nella Grecia antica per chi l’avrebbe fatto?
«Credo che sarebbe stato impossibile fare il ghostwriter di Euripide. Mi sarebbe bastato conoscerlo e stare lì, ai suoi piedi, a cercare di capire come ha fatto a comprendere così tanto l’animo umano e a raccontarlo.
Nel mondo greco sarei stata solo un “ghost”, un fantasma, ammirata davanti alle vette che hanno raggiunto. E i dialoghi di Platone, con quella loro logica così potente? Ecco: forse avrei potuto aspirare a essere ghostwriter dell’ultimo dei dialoghi minori di Platone...».
Perchè ha scelto Sarajevo?
«Ho perso la mia famiglia e questa città mi ha conquistato. Non prova rabbia, non ha sviluppato nessun nazionalismo, e si vede nelle piccole cose. Vorrei vivere qui per sempre».
Sta scrivendo?
«Sì, sempre sulle parole».
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