Il giornalista Terzani che guardava i fiori da un cavallo in corsa

di Giovanna Pastega
«Ne ho viste di tutti i colori: ho fatto il giornalista di guerra, ho viaggiato, ho contato i morti su tutti i campi di battaglia del mio tempo. Non credo di avere imparato granché e certamente non ho trovato la risposta ai grandi problemi. Se ho avuto un ruolo nella mia vita è quello di sollevare le domande. Fare le domande giuste a volte implica mettere le basi delle risposte che cerchiamo, sulla vita, su come va il mondo». Così si raccontava Tiziano Terzani, il grande corrispondente di guerra scomparso dieci anni fa per un male incurabile. La sua poetica era racchiusa tutta qui, nell'indomabile curiosità di conoscere, nella costante ricerca di risposte che continuamente davano vita ad altre domande. I cinesi - raccontava - hanno un modo di dire "Guardare i fiori da un cavallo in corsa". Un proverbio che sintetizza ciò che Terzani ha fatto per tutta la sua vita: viaggiare in sella ad un cavallo che corre veloce osservando non solo l'orizzonte ma i particolari, che raccontano meglio di qualsiasi altra cosa la sostanza del paesaggio che stai per incontrare. Queste parole sono diventate il titolo di un interessante libro curato da Alen Loreti sulla vita del celebre giornalista. Un racconto intimo per immagini, citazioni, fotografie, dedicato alla grande passione per la vita di un reporter che ha attraversato nella sua carriera i teatri di guerra più crudi del '900 ed è stato testimone dei principali rivolgimenti della storia contemporanea.
Era nato a Firenze nel 1938 da una famiglia di umili origini: il padre meccanico, la madre sarta. «Credo - raccontava di loro - di aver respirato la tolleranza sin da bambino in famiglia. Mio padre era stato partigiano e votava comunista, mia madre invece era cattolicissima con le ginocchia segnate dall'inginocchiatoio. Credo che senza tolleranza reciproca non avrebbero mai potuto vivere insieme». Il suo viaggio parte qui, da queste basi, solide ma opposte, che però avevano saputo trovare un equilibrio straordinario. Forse per questo non aderirà mai ad una visione univoca né ideologicamente né spiritualmente, ma sempre cercherà di conoscere, capire, andare oltre, vedere le diverse facce di una stessa medaglia, di uno stesso pensiero, di una stessa realtà.
Nel libro la sua biografia viene ripercorsa attraverso il suo pensiero, colto non solo nei reportage, articoli, lettere, interviste, libri, ma soprattutto nei taccuini intimi, nelle note scritte a margine, nell'insieme delle sue collezioni di oggetti e di libri raccolti viaggiando. «La cosa bella di Terzani - spiega Loreti - che lo rende difficile da definire, è il suo essere un uomo libero, che mai si è convertito a nulla. Partendo da una condizione storica e politica nella quale si stavano affermando le grandi ideologie anni '50-'60 ha voluto verificare sul campo quello che invece era stato il loro fallimento e successivamente nell'ultimo periodo della sua vita ha cercato anche di capire il proprio ruolo come reporter nel flusso della storia». L'incontro c. ol giornalismo avviene tardi. Dopo un primo approccio durante gli studi e una collaborazione con un giornale culturale della sinistra indipendente, si laurea in giurisprudenza alla Normale di Pisa e trova un posto da dirigente alla Olivetti. Una fortuna che gli permetterà di imparare molte lingue e girare il mondo, ma anche una dimensione - quella aziendale - a lui poco congeniale che lo spingerà alla soglia dei 30 anni a mollare tutto - già sposato e con figli piccoli - ed iniziare una seconda vita. Riesce a diventare giornalista professionista, il suo sogno è fare il corrispondente dalla Cina. L'occasione verrà dal principale settimanale tedesco, Der Spiegel, colpito da questo giovane che conosceva il cinese e altre 4 lingue: free lance nel Sud-Est asiatico. Nel gennaio 1972 con la moglie Angela e i bambini si stabilisce a Singapore. Da quel momento sarà presente nei principali teatri di guerra. «Avevo già due figli piccoli - racconta - e facevo il corrispondente di guerra in Vietnam dove non potevo avere con me la famiglia perché era pericoloso. Li tenevo a Singapore ed io andavo in Vietnam, in Cambogia, in Laos. Stavo via 15-20 giorni, e poi tornavo a casa ed era bellissimo tornare a casa. Tornavo sempre pieno di piccoli regali per i bambini, storie da raccontare, e un bel carico di esperienze condivise con mia moglie, perché anche lei aveva le sue. Era molto bello: tutte e due avevamo un sacco di cose da scambiarci. Poi, dopo due settimane, mia moglie diceva: "Ma non c'è una guerra dove puoi andare?"». Il sogno di una vita - corrispondente in Cina - si realizza per lui nel 1980 quando a 40 anni è uno dei primissimi corrispondenti occidentali ad abitare stabilmente a Pechino. L'entusiasmo ideologico giovanile per la rivoluzione maoista al confronto con la realtà presto si trasforma in critica. Per questo viene espulso dal paese. «Ho trovato che la realtà era completamente diversa dal mito, che il socialismo non aveva realizzato la società dell'avvenire, che la Cina aveva perduto la propria antica identità senza aver acquistato altro».
Curioso, inquieto e coraggioso, Terzani aveva un metodo nel lavoro quasi scientifico: doveva sempre verificare se le cose studiate sui libri erano poi reali. Questo rigore sarà la chiave anche per affrontare senza vittimismi il cancro, che lo colpirà nel 1997, come "l'ultimo scoop da raccontare", scrivendo le sue pagine più belle ne "L'ultimo giro di giostra". Nonostante tutto guarda lontano, nel '99 è tra i primi scrittori italiani a crearsi un sito Internet. Vuol essere in contatto con il pubblico attraverso il nuovo linguaggio della rete, comprendendone le potenzialità prima degli altri. Nell'ultimo periodo si ritira sui mondi dell'Orsigna, dove, complice una lunga barba e l'uso di tuniche indiane per poter nascondere gli esiti delle operazioni, su di lui si costruisce un'immagine di santone che niente ha a che fare con la sua vera sostanza.
«Questo libro - spiega il curatore - serve proprio per riposizionare la figura di Terzani su cui negli ultimi anni si è formata un'opinione sbagliata. Terzani era un uomo libero che guardavo sempre oltre. C'è una bellissima foto di lui giovanissimo a 17 anni in cima ai monti natii che guarda l'orizzonte. Alla fine della sua vita, a 66 anni, malato, ritorna in quella stessa terra, e continua a guardare l'orizzonte. Il suo cerchio si chiude sempre guardando lontano».
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