Il Galateo di Monsignor Della Casa, bon ton modernizzato ma non troppo
In genere tendiamo a pensare di conoscere le buone maniere, ma spesso non è così. Forse ci sentiamo a nostro agio con alcune regole-base del bon ton, soprattutto a tavola: forchetta a sinistra,...

In genere tendiamo a pensare di conoscere le buone maniere, ma spesso non è così. Forse ci sentiamo a nostro agio con alcune regole-base del bon ton, soprattutto a tavola: forchetta a sinistra, coltello a destra, vietato sbadigliare, evitare di appoggiare i gomiti sul tavolo ecc. Ma il resto? Per esempio: è cortese augurare "buon appetito" all'inizio di un pasto? E chiedere "mi passi il sale?" Oppure offrire al nostro vicino un assaggio della pietanza che stiamo gustando? Ancora: in quali argomenti è opportuno e in quali no impegnare le persone che abbiamo di fronte? E qual è il passo giusto da tenere quando si passeggia?
Problemi di questo tipo sono già stati posti secoli fa, se è vero che il primo trattato sulle buone maniere è stato scritto dal monsignore toscano Giovanni Della Casa tra il 1551 e il 1555. Parliamo del
Galateo
, ora riproposto da
Franco Cesati Editore
in un'edizione davvero originale:
Giovanni Della Casa - Silvia Columbano, Galateo & Bon ton moderno ma non troppo. Le buone maniere ieri e oggi (pp. 192, euro 16
, da ieri in libreria). Il testo del trattato rinascimentale - scritto per «chiunque si dispone di vivere non per le solitudini o ne' romitorii, ma nelle città e tra gli uomini» - viene riprodotto integralmente, capitolo per capitolo, annotato e commentato, in modo da chiarire la lettera del testo. Ma alla penna di monsignor Della Casa si alterna quella di una scrittrice di oggi, la giornalista Silvia Columbano, la quale, con vivace verve ironica, si pone in dialogo con il Galateo di cinque secoli fa. L'opera viene così ripercorsa, riletta e approfondita (tramite schede, approfondimenti e illustrazioni) in modo da mostrarne tutta l'attualità. Calandola, insomma, nei giorni nostri, con l'idea che quel trattato possa ancora aiutarci a rendere la vita quotidiana più semplice, a noi stessi e agli altri. Per mettere in pratica le buone maniere, non dobbiamo aspettarci un invito formale: Giovanni Della Casa ci insegna piuttosto a pensarle come un muscolo, da allenare «ogni dì molte volte». Si tratta di mettere in atto, più che una inarrivabile perfezione, virtù quali la moderazione e la discrezione: vale a dire, comportarsi con gentilezza, nel rispetto dei “confini” dell'altro e dell'«usanza comune». Del resto, i lettori “ideali” di Giovanni della Casa non erano tanto prìncipi, nobili e «altre eccellenzie», quanto le persone comuni. Cioè proprio noi.
Roberto Carnero
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