Il folle viaggio solitario da Trieste a Kabul per essere tutt’uno con la Terra e la Storia

Lorenzo Merlo racconta i suoi 11mila chilometri in auto  fino all’Afghanistan e ritorno, esperienza estrema ma unica



Da Trieste a Kabul sono 11mila chilometri, avendone il coraggio si possono fare in auto, altro discorso è riuscire a tornare indietro. Lorenzo Merlo, 62 anni, milanese, giornalista, fotografo, scrittore, viaggiatore, guida alpina, campione di windsurf, c’è riuscito e ha raccontato la sua impresa in due volumi tanto poderosi quanto avvincenti: “Essere terra, viaggio verso L’Afghanistan” (2019, pagg. 541, euro 24) e “Essere Terra, un viaggio di ricerca” (2020, pagg. 647, euro 28) pubblicati da Prospero Editore. Per Merlo la scelta di Trieste quale “uscio” di partenza e d’arrivo del suo viaggio non è stata casuale, ma legata a tre viaggiatori svizzeri del passato che gli hanno ispirato l’intero progetto, ossia Annemarie Schwarzenbach (autrice di “La via per Kabul”, Saggiatore) e Ella Maillart (autrice di “La via crudele”, Edt) che insieme nel 1939 da Trieste raggiunsero l’Afghanistan a bordo di una Ford V8; e Nicolas Bouvier (autore di “La polvere del mondo”, Feltrinelli) che nel 1953, in compagnia dell’amico artista Thierry Vernet, a bordo di una Fiat Topolino, partendo da Trieste attraversò i Balcani, l’Anatolia, la Persia per arrivare in Afghanistan.

Partendo da quella simbolica porta ideale verso l’Oriente lontano e misterioso, tra il maggio e il settembre del 2012, Lorenzo Merlo ha seguito le tracce dei suoi tre numi tutelari, coprendo da solo, in auto (una Land Rover Defender) ben 23mila chilometri (ritorno incluso) in un viaggio durato 120 giorni. I due volumi, 1.200 pagine mozzafiato, sono strutturati su quattro diversi livelli narrativi distinti anche graficamente. Un primo livello è rappresentato dal racconto dei giorni di viaggio, un secondo livello è riservato alla ricostruzione essenziale, ma utilissima, della storia dei tanti Paesi attraversati, soprattutto sulla via del ritorno (Uzbekistan, Kazakhstan, Russia, Caucaso, Ucraina, Moldova, Romania). Mentre un terzo livello è fatto di citazioni dalla sterminata bibliografia consultata e infine un ultimo livello, più personale, è riservato alle riflessioni che i luoghi man mano visitati risvegliavano nell’autore.

Un’avventura folle finita bene, tanto da poterla raccontare, visto che, dall’invasione sovietica della fine degli anni ’70, nessun occidentale è probabilmente mai entrato in Afghanistan con un automezzo personale, ha attraversato il Paese, è arrivato a Kabul sano e salvo ed è anche riuscito a tornare indietro. Lorenzo Merlo appartiene alla categoria dei viaggiatori determinati a raggiungere la propria meta a ogni costo. Non è un turista, e neanche un collezionista di souvenir. È un solitario, non viaggia per incontrare persone, ma per sentirsi tutt’uno con la terra, la sabbia, la polvere che attraversa. “Essere terra”, scrive, «allude anche a una velata o esplicita critica ai valori del consumismo, dell’opulenza, dell’edonismo, dell’individualismo. Il cui contrario non ha nulla a che vedere con un’invocazione al pauperismo. Nessuna apologia della miseria. Solo rinuncia decisa all’universalizzazione dei valori occidentali che, dalla culla in poi, abbiamo creduto essere gli unici e che ora in troppi credono i soli attendibili di verità». Questi due libri oggi, in tempi di covid in cui siamo tutti forzati “armchair-travellers”, aprono al lettore orizzonti più che mai irraggiungibili, portandolo attraverso strade e paesaggi straordinari, città e villaggi stupefacenti nella loro bellezza o nel loro squallore, facendogli scoprire monumenti importanti e dimenticati. Due libri affascinanti che raccontano soprattutto un viaggio alla scoperta di sé, ed in cui le inevitabili disavventure transfrontaliere appassionano e coinvolgono più di un romanzo.

Luogo di partenza e ritorno per un un tale viaggio non può essere che Trieste, «portale tra due parti del mondo, tra viaggio e casa». —

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