Il festival di Gorizia trionfa sui social e già pensa alla Follia per l’edizione 2020

La manifestazione dedicata alle Famiglie chiude con sessantamila presenze e due milioni di contatti on line
Bumbaca Gorizia 24.05.2019 èStoria 023 Scuola educazione famiglia © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 24.05.2019 èStoria 023 Scuola educazione famiglia © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

dall'inviato Pietro Spirito

gorizia. Follia. È questo il tema della prossima edizione del festival èStoria di Gorizia, che si terrà dal 28 al 31 maggio 2020. Dopo le Famiglie, argomento portante della manifestazione di quest’anno che ha chiuso i battenti ieri, nell’anno a venire «si recupera una tematica più classica e di ampia riflessione sempre fra passato e presente, la Follia», ha detto l’ideatore e direttore del festival Adriano Ossola, presentando un primo bilancio della quindicesima edizione. Bilancio che da un lato ha confermato un numero di presenze stabile intorno ai sessantamila visitatori, dall’altro ha registrato un’impennata per quanto riguarda il pubblico “digitale”: oltre due milioni di contatti sui social fra dirette streaming, twitter, Facebook e il sito www.estoria.it. In particolare - è stato detto - su Facebook quest’anno il festival «ha avuto una copertura di oltre un milione di persone raggiunte e 990 mila interazioni, e su Twitter ha raggiunto duecentomila persone, con ottantamila interazioni» (dati rilevati fino a ieri mattina). Segno che grazie a èStoria la piccola Gorizia «è sempre più città della storia e della cultura», ha osservato il sindaco Rodolfo Ziberna, spiegando come anche sulla scia del festival sia nata la scommessa di «annunciare la candidatura di Nova Gorica-Gorizia a Capitale Europa della Cultura 2025». Formula ancora vincente, quindi, anche per la capacità dei 280 ospiti impegnati nei 180 appuntamenti dell’edizione di quest’anno di «emozionare e non solo parlare alla mente ma anche arrivare al cuore delle persone», come ha detto l’assessore alla Cultura di Gorizia Fabrizio Oreti. E dunque avanti con la Follia nel 2020, stante l’appoggio, confermato dal presidente Roberta Demartin, della Fondazione Carigo.

Intanto vanno in archivio le Famiglie. Fra le ultime, raccontante negli incontri della giornata conclusiva, quella dei Savoia, la dinastia che dalle Alpi francesi nel regno di Borgogna agli albori dell’XI secolo si è spostata via via nel tempo verso l’Italia fino a diventare casa regnante di un’Italia per la prima volta unita. Ne hanno parlato Alessandro Barbero - ormai fra le star indiscusse di èStoria - e Gianni Oliva, coordinati da Fabio Torriero, in un confronto intervallato da un collegamento telefonico con Amedeo d’Aosta. Il tatuato principe e imprenditore, imparentato con le teste coronate di tutta Europa, alle prese con una furibonda baruffa dinastica con il cugino Vittorio Emanuele per la posizione di Capo di Casa Savoia, si è commosso parlando via cavo alla platea goriziana: «Sono molto legato a Gorizia - ha detto - città che ha sofferto più di altre per l’Italia e in cambio non ha mai ricevuto la giusta attenzione». Parlando del ruolo dei rami cadetti nelle famiglie reali («per i Savoia ha significato essere soldati sempre in prima linea, avere comandi esecutivi») Amedeo di Savoia-Aosta ha spiegato che uno dei vantaggi «è di avere la lingua più sciolta, è più facile parlare e interagire con la società».

La voce di Sua Altezza, nell’appellativo del moderatore dell’incontro Torriero, ha echeggiato nella Tenda Erodoto, straripante di pubblico, come proveniente da un altro tempo al termine del vivace confronto fra i due storici Oliva e Barbero, che hanno riassunto per grandi linee luci e ombre di una dinastia quasi millenaria legata a filo doppio con la storia d’Italia. Vicenda quanto mai complessa - è stato ricordato - quella dell’unità d’Italia, che fu prima Stato e poi Nazione. «Dirò una banalità - ha osservato Barbero - ma l’Italia è un Paese davvero complicato e pieno di differenze», un Paese «spaccato su prospettive diverse» prima e dopo essere unito, e ancora oggi pieno di spaccature. E i Savoia, alla fine, sono stati lo specchio di questa frammentazione, che paga dazio alla caratteristica di fondo del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, «essere stata operazione di vertice e non movimento di popolo». Aspetti su cui gli storici ancora dibattono, mentre su una cosa sono d’accordo: «L’unità d’Italia fu un movimento verso la modernità, la cui realizzazione dopo il 1848 non era più procrastinabile».

Di famiglie reali hanno parlato ieri anche Antonio Caprarica e William Ward ragionando intorno ai Windsor, mentre nei giorni scorsi l’approccio trasversale al tema più generale delle famiglie ha fatto registrare il tutto esaurito anche per la ricostruzione delle famiglie nella Roma antica con Francesca Rohr e Filippomaria Pontani, e di quelle contadine con Gian Paolo Gri, Simonetta Grilli e Chiara Fragiacomo. Molto seguiti, inoltre, gli incontri con Piercarlo Fiumanò e Stefano Minin sull’evoluzione dei consumi nelle famiglie italiane, con Giovanni dall’Orto sul destino degli omosessuali durante il fascismo e il nazismo, con la sinologa Alessandra Melis e la scrittrice Farian Sabahi sui modelli familiari in diverse aree del mondo insieme al direttore di Famiglia Cristiana Antonio Rizzolo, con la sociologa della famiglia Anna Laura Zanatta che si è occupata di unioni civili, e con David Bidussa, Valeria Galimi, Luca Gariboldi, Alessia Masini e Corrado Montagnoli, impegnati ad analizzare i fascismi e la più litigiosa fra tutte le famiglie: l’Europa. —

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