Il feroce Saint-Just esteta armato mandava a morte respirando una rosa

Stenio Solinas racconta il giovane leader giacobino braccio destro di Robespierre e vera mente del Terrore  
XJF384042 Louis Antoine de Saint-Just, engraved by Bosselman (engraving) by Raffet, Denis Auguste Marie (1804-60) (after); Private Collection; (add. info.: Louis Antoine de Saint-Just (1767-94) French revolutionary and military leader); French, out of copyright
XJF384042 Louis Antoine de Saint-Just, engraved by Bosselman (engraving) by Raffet, Denis Auguste Marie (1804-60) (after); Private Collection; (add. info.: Louis Antoine de Saint-Just (1767-94) French revolutionary and military leader); French, out of copyright



Louis Antoine de Saint-Just ovvero l’esteta armato della Rivoluzione francese. In abbondante anticipo rispetto agli anni Venti e Trenta del secolo scorso, che segnarono la stagione di maggiore intensità per l’intellettualità impegnata, non solo sulle scrivanie ma anche sui campi di battaglia.

Non a caso il “precursore” Saint-Just, angelico e demoniaco, bello e spietato, colpisce personalità diverse ma non prive di convergenze tematiche come Malraux, Camus, Drieu La Rochelle. È il punto di osservazione dal quale Stenio Solinas (“Saint-Just. La vertigine della Rivoluzione”, Neri Pozza, 18 euro) scruta il giovane leader giacobino, che in pratica consuma, brucia, sacrifica la sua vita nello spazio di un biennio, tra i 25 e i 27 anni. Perché a 25 anni è eletto alla Convenzione e si fa subito notare per la durezza della sua posizione anti-monarchica, favorevole all’eliminazione di Luigi XVI. Contribuisce a far fuori girondini e cordiglieri, Danton e Desmoulins, vuole stroncare ogni fazione all’interno del moto rivoluzionario, di cui paventa l’assopimento. È considerato il braccio destro di Robespierre, ma non mancano i contemporanei e gli studiosi convinti che Saint-Just fosse la vera mente del Terrore. Marguerite Yourcenar lo definisce sposo infernale dell’Incorruttibile, colui che consiglia, esorta, incita, sostiene l’avvocato di Arras.

Saint-Just si occupa di tutto, dagli aspetti legislativo-costituzionali a quelli militari, che rappresentano la sua migliore performance: è sul fronte del Reno che riorganizza nella disciplina e nella logistica lo scalcinato esercito rivoluzionario. Ma questi successi non lo salvano dalla ghigliottina, che scatta, implacabile e vindice, nel luglio 1794 con la congiura del Termidoro: davanti alla convenzione nazionale, che rumoreggia e non fa parlare lui e Robespierre, si chiude in un silenzio sdegnoso, nel quale si avvolge anche nel tragico epilogo, sul carretto che lo porta sul luogo dell’esecuzione.

Solinas lo estrae dal vasto dimenticatoio della storia portandolo all’attenzione del lettore italiano, per il quale la bibliografia sul personaggio certo non abbonda: ma all’autore la dimensione ideologico-dottrinaria interessa fino a un certo punto, perchè è il personaggio, con la sua feroce voluttà di azione, ad attrarlo. Non è il solito avvocato retore, ebbro di parole e di vino, figura ricorrente nel banchettare rivoluzionario: il suo tratto distintivo è invece il «laconismo», la secchezza dell’espressione, la lucidità, la durezza, un’impressionante e orgogliosa auto-consapevolezza. Sono gli aspetti sui quali indagano Taine, Michelet, Camus. A Solinas piace evocare una scena del film “Napoleon”, diretto nel 1927 da Abel Gance: il regista tiene per sé la parte di Saint-Just, che firma le condanne a morte aspirando il profumo di una rosa. Un’immagine riassuntiva e simbolica.

Solinas segue dalle origini il suo soggetto. Da un lato Saint-Just è un tipico prodotto della Rivoluzione, dall’altro ne procede in radicale autonomia. È un provinciale spiantato, che scappa dalla Piccardia, dove abita con la madre, a Parigi avendo avuto cura di sottrarre l’argenteria di casa. Vivacchia senza arte né parte tra Reims e la capitale, finché arriva il suo momento. La Rivoluzione rovescia e sovverte rapidamente carriere e gerarchie. Non si può dire che l’anzianità faccia grado, come dimostra la stessa folgorante apparizione di Saint-Just. Ma in lui Solinas coglie quel qualcosa in più, la «mistica della Rivoluzione», che lo rende al nostro sguardo il più contemporaneo tra i protagonisti dell’89. E si ricorda del giudizio pronunciato dall’agente tedesco in “Una sfida nel Kurdistan” scritto da Jean Jacques Langendorff (Adelphi): il giovane nazionalsocialista è abbagliato dalla lettura dei discorsi di Saint-Just. Eleganza, rigidezza, ma soprattutto la «furia della giovinezza». —

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