Il Cugino di Campagna di Trieste da San Giusto ad “Anima Mia”

Flavio Paulin fondò il gruppo, scrisse e cantò la canzone diventata un cult. Nel Piccololibri anche Ugo Casiraghi e Quarantotti Gambini speaker clandestino

TRIESTE. Il suo viso di oggi, probabilmente, ai più non suscita ricordi, ma la sua voce è un pezzo di storia dell’immaginario canoro collettivo. Il falsetto di “Anima mia”, cantata dal fondatore e primo frontman dei Cugini di Campagna, è di un triestino verace. Flavio Paulin, nato nel ’48 in via della Galleria e battezzato a San Giusto, bagni al Pedocin, corse in bicicletta in piazza Unità, nipote di quell’Alberto Paulin che nel 1945 fu fondatore e direttore de Il Corriere di Trieste.

Se ne andò a cinque anni per trasferirsi con la famiglia a Roma, al seguito del padre maresciallo dell’Aeronautica, ma la sua città natale gli è rimasta nel cuore, tanto che, tornato col gruppo nel maggio 1975 per un concerto al Rossetti, si fece fotografare davanti alla cattedrale, poco distante dalla sua prima casa. E la foto la conserva ancora. Al Cugino triestino Paulin è dedicata un’intervista sul Piccololibri che esce sabato con il quotidiano, all’interno di Tuttolibri della Stampa: sette pagine di storie, arte, personaggi di Trieste e della regione.

E personaggio Flavio Paulin lo è stato davvero. A partire proprio da quell’«Anima mia» del 1972 scritta con i compagni quando i produttori dell’etichetta Pull avevano ormai esaurito i soldi e lasciarono libera la band di comporre e cantare un pezzo a suo gusto, senza imposizioni. Ne uscì una canzone rimasta per cinquantadue settimane di fila tra le prime dieci in classifica, che proiettò i poco più che ventenni Cugini, con il loro falsetto come brand, alla ribalta nazionale. Due anni dopo quel concerto triestino, Paulin, al culmine del successo, lasciò il gruppo e decise di percorrere una strada professionale diversa, anche se la musica, come racconta al Piccololibri, non l’ha mai abbandonata. E nel frattempo “Anima mia” è diventata un cult, come il suo album da solista “Paulin”.

Il filo conduttore dello sfoglio dell’inserto di questa settimana sono proprio i personaggi: chi, triestino, ha fatto fortuna altrove, e chi, milanese, è diventato goriziano d’adozione, in virtù delle origini della moglie, e col suo talento e la sua penna ha lasciato nella città un’impronta indelebile di cultura cinematografica (riconosciutagli nell’intitolazione della Mediateca). È Ugo Casiraghi, di cui il 25 febbraio ricorre il centenario della nascita, il primo cinecritico “specializzato”, ovvero non proveniente dalle recensioni teatrali o letterarie, di un quotidiano nazionale, l’Unità (il secondo sarà Callisto Cosulich su Paese Sera), e secondo studente in Italia a laurearsi con una tesi sul cinema alla Statale di Milano. A lui è riservato il paginone centrale dell’inserto.

Tutto cominciò, per Casiraghi, proprio come in un film. Figlio della portinaia di un palazzo di via Strambio a Milano, da ragazzino riempiva quaderni e quaderni di appunti sui film visti, con titolo, sala, interpreti e regista. Sarà proprio un futuro collega, Filippo Sacchi, critico del Corriere della Sera e inquilino dello stesso stabile, a notare quella singolare passione del ragazzino della portineria e a consigliare a suo padre, linotipista, di fargli proseguire gli studi. Casiraghi fu un critico coraggioso e lineare, a volte censurato dai “compagni” direttori dell’Unità per la sua libertà intellettuale, inventore del primo simbolo grafico per sintetizzare il giudizio sui film, le “lune”. Tornato a Gorizia dopo un precoce pensionamento, a metà degli anni ’90 rinacque professionalmente quando il neodirettore, Walter Veltroni, gli commissionò le schede per l’uscita con l’Unità dei Vhs di film d’autore, un incredibile successo di vendita.

Un altro personaggio e una pagina di storia poco nota. È dedicata allo scrittore Pier Antonio Quarantotti Gambini e al suo ruolo di direttore, dal ’47 al ’49, di Radio Venezia Giulia, emittente clandestina che trasmetteva da Venezia e si rivolgeva alla Venezia Giulia e all’Istria con l’obiettivo di tenere alti i sentimenti di italianità e di raccogliere informazioni nei territori contesi. La radio inizia a trasmettere il 3 novembre, il giorno di San Giusto, e nella fase di avvio Quarantotti Gambini scrive personalmente i pezzi che compongono i due notiziari quotidiani, ai quali si affiancano rubriche economiche, culturali e molta politica, anche per contrastare la propaganda jugoslava di Radio Trieste libera-Radio svobodni Trst.

Completano lo sfoglio il ritratto di Danilo Kiš, intellettuale vagabondo attraverso i confini, lo «scrittore bastardo giunto da nessun luogo», come si definiva: nato in Voivodina, Regno di Jugoslavia, trasferito in Montenegro, laureato a Belgrado, esiliato a Parigi. E poi la “mappa d’autore” che ci restituisce le scritte di Ugo Guarino, ormai rimaste solo nella memoria. La chiave di lettura è affidata alla scrittrice-camminatrice Alessandra Beltrame e ai suoi vagabondaggi triestini con un amante segreto. 
 

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