I “Naufragi” di Micaela Ramazzotti una donna spezzata, che si riscatta
Nella sua filmografia Micaela Ramazzotti ha un campionario piuttosto ampio di donne fragili, in particolare mamme inadeguate perché ferite dai cocci della vita. Si va dalla madre soffocata dalla routine quotidiana in “Vivere” alla scombinata Donatella di “La pazza gioia”, passando per Michela, sopravvissuta a una inaccettabile tragedia in “La tenerezza”. Maria, la protagonista di “Naufragi” di Stefano Chiantini, è una di loro: abituata a sopravvivere pur in ristrettezze economiche, svanita ma affettuosa, deve tenere salda la famiglia dopo che un dramma l’ha spezzata. Trovare i soldi necessari a crescere i due figli e mantenere un equilibrio, anche mentale, non è facile. E così i guai finiscono per sommarsi. Micaela Ramazzotti è sempre brava e intensa in questi ruoli di donne rotte, ma spesso a mostrare qualche crepa è il progetto che ha intorno. In questo caso Chiantini si conferma un regista dalla grande sensibilità emotiva, che lavora bene sul naturalismo: peccato che a volte superi di un passo il confine della retorica. La sceneggiatura procede per grandi cesure: le tragedie vissute da Maria sono solo accennate, al regista interessa di più raccontare il “dopo”, ovvero come i suoi personaggi affrontano le svolte impreviste della vita. Per questo a un certo punto, quando Maria si ritrova a lavorare in un grande albergo a fianco di un’immigrata, il film si trasforma e prende i contorni del dramma sociale. Anche la protagonista cambia repentinamente, forse troppo. Non è un personaggio che ispira immediata empatia, come invece i due straordinari bambini, interpretati dai fratellini Lorenzo e Mia McGovern Zaini. Vale la pena però di arrivare fino in fondo: negli ultimi minuti “Naufragi” è riscattato da un finale davvero toccante. —
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