I manicomi di Mussolini come arma di pulizia sociale è “Il regime della follia”

roma. Durante il regime fascista i manicomi si riempiono di malati. Accusare il nemico di pazzia è una delle armi più efficaci per ridicolizzarlo o metterlo a tacere. Si moltiplicano così gli infermi di mente per «malattia politica», uomini e donne affetti da «mania grandiosa» o «paranoia». Ben 122 dei 475 antifascisti ufficialmente ricoverati con procedura d'urgenza, quindi senza nessuna, vera prova clinica, morirono in un manicomio.

Ma non furono solo i nemici politici di Mussolini, o i mendicanti, le prostitute, gli omosessuali, a sperimentare l'orrore dei manicomi: il regime trovò nella legge gli strumenti per nascondervi anche storie scomode, come quella di Ida Dalser e suo figlio Benito Albino, avuto proprio da Mussolini.

Una storia che è al centro del documentario “Il regime della follia”, in onda oggi alle 21 su History (Sky al canale 407), realizzato con il contributo dello storico del fascismo Mauro Canali, di Matteo Petracci, ricercatore di Storia contemporanea all'Università di Macerata specializzato nello studio sull'uso dei manicomi come mezzo di «pulizia sociale», di Alice Graziadei, studiosa della figura della Dalser all'Università di Bologna e con la collaborazione dellaScuola Holden.

Ida Dalser, imprenditrice proprietaria di un salone di bellezza a Milano, fu l'amante di Mussolini dal 1914 e la madre del suo secondo figlio, Benito Albino. Il documentario ricostruisce, attraverso il fascicolo dedicato a Ida conservato a Roma all'Archivio di Stato, la drammatica vicenda di una donna sedotta che, mettendo pubblicamente Mussolini in difficoltà, fu alla fine «sepolta viva» nel Manicomio di Pergine (Trento), dove morì nel 1937. Il piccolo Benito Albino non solo non poté mai più rivedere la madre, ma, dopo essere stato allontanato dai familiari e dato in affido, fu, alla fine di un’ infanzia drammatica e senza affetti, internato nel Manicomio di Mombello, vicino Milano, dove si spense nel 1942. —

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