I Gogol Bordello in luglio al Festival di Majano

E la rassegna Sexto’Nplugged sarà aperta dai Mogwai, pionieri del post rock scozzese

Il tour dei Gogol Bordello, dopo l’annunciato live del 2 giugno a Capodistria, aggiunge una tappa in regione: la colorata banda gypsy punk capitanata da Eugene Hütz sarà alla 58esima edizione del Festival di Majano, domenica 22 luglio alle 21.30. I biglietti per l’unica data del Nord Est Italia, saranno in vendita dalle 10 di venerdì sul circuito Ticketone. Negli anni i Gogol hanno suonato spesso - con grande partecipazione di pubblico - dalle nostre parti, dal castello di Udine al Guča sul Carso triestino: chi li segue sa che la vera dimensione per amarli non è tanto (o non solo) quella dell’ascolto degli album quanto la partecipazione attiva sotto al palco. Band fracassona, stravagante e multietnica i Gogol Bordello miscelano folk e punk, musica balcanica e cabaret brechtiano, Giamaica e Taranta, violini zigani e chitarre distorte, ritmi arabi, Emir Kusturica e Goran Bregovic, Ennio Morricone e Nino Rota, Tom Waits, Clash, Mano Negra, Fugazi, Nick Cave&The Bad Seeds. Ciò che li rende unici è l’urgenza punk, una tensione fisica esplosiva, l’energia e la presenza scenica di Hütz (fedele al detto: “Un uomo senza baffi è come una donna con i baffi”), visto anche al cinema in pellicole come «Ogni cosa è illuminata», «Sacro e Profano» diretto da Madonna (che per lui si prese una vera e propria fissa) o il bellissimo documentario «The Pied Piper of Hützovina» di Pavla Fleischer. Tra gli album in studio, le pietre miliari «Gipsy Punks: Underdog World Strike» o «Super Taranta!» e il più recente «Seekers and Finders», pubblicato lo scorso 25 agosto, primo disco prodotto dallo stesso Eugene, che afferma: «Per noi è un disco magico e spensierato. Le canzoni stavano già iniziando a emergere nel periodo in cui mi dividevo tra America Latina ed Est Europa ma alla fine è stato non appena sono tornato a New York che tutto è diventato più chiaro». Ancora il frontman di origini ucraine: «Nonostante le molteplici influenze, la forza dirompente della nostra musica nasce dal mio legame con la musica e la cultura gypsy. Possiamo viaggiare musicalmente per tutto il mondo, ma la nostra anima sarà sempre radicata in qualche modo nell’Europa dell’Est. Per ben sette anni sono stato un apolide: avevo rinunciato alla cittadinanza ucraina e non sono stato riconosciuto cittadino americano fino al 1996. Ho sistemato la mia situazione, ma ho tanti amici in transizione, schiacciati dalla burocrazia. A New York è come se tutti quelli che incontri fossero stranieri. A volte è frustrante, so come ci si sente. Credo che la cultura e la civiltà dell’occidente si stia in qualche modo esaurendo. È un problema economico e culturale».

Annunciato il primo nome anche per la tredicesima edizione di Sexto’Nplugged: il 9 luglio nella Piazza Castello di Sesto al Reghena arrivano i Mogwai, pionieri del post rock scozzese. La band di Glasgow si è formata nel 1995 ed è composta da Dominic Aitchison al basso, Stuart Braithwaite alle chitarre e voce, Martin Bulloch alla batteria e Barry Burns alle tastiere, computer e chitarra. I Mogwai hanno alle spalle più di vent’anni di carriera e una produzione di nove album in studio, tredici ep, due album di remix, due live album e quattro compilation. Molto attivi anche in ambito delle colonne sonore. Lo scorso settembre è uscito «Every Country’s Sun» che ha dato l’avvio al «Mogwai World Tour» con date in Europa, Nord America e Inghilterra. A luglio tornano in Italia, portando live quello che è stato definito dalla critica musicale il loro lavoro più coinvolgente che «Distilla 22 anni di carriera in 56 minuti concisi di eleganza, inno trance - rock e trascendentale euforia».

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