I fiamminghi a Palazzo Ducale con la pala che fu di David Bowie

Ottanta opere da Tiziano a Rubens, ma anche documenti, bozzetti , strumenti da oggi in una mostra che racconta le relazioni fra Venezia e Anversa nel Seicento



Venezia e Anversa: due città, due porti, due culture opposte e al contempo affini, che nel corso dei secoli svilupparono intensi scambi commerciali, culturali e soprattutto artistici. Al loro incontro e ai grandi maestri della pittura veneziana e fiamminga è dedicata la mostra “Da Tiziano a Rubens. Capolavori da Anversa e dalle altre collezioni fiamminghe” che sino all’1 marzo 2020 sarà aperta al pubblico a Palazzo Ducale. Più che una mostra, quella pensata dal curatore Ben van Beneden, è un racconto lungo 80 opere arricchito da vetri artistici, libri, stampe, disegni, bozzetti e strumenti musicali, di cui le Fiandre furono centro di invenzione e produzione.

Se Anversa come Venezia nel ’500 conobbe il suo splendore, successivamente la città perse la sua leadership: le tensioni religiose e le crescenti ostilità tra i Paesi Bassi e la Spagna nel 1585 portarono al sacco della città e alla spaccatura del paese. Nel giro di una notte Anversa da calvinista divenne roccaforte cattolica in mano agli spagnoli. Questi eventi tuttavia non incrinarono la vivacità artistica della città che nel corso del ’600 grazie a maestri come Rubens e van Dyck conobbe un periodo di rinnovato vigore. La committenza della Chiesa, che utilizzò l’arte come veicolo di conversione e potere, diede agli artisti delle Fiandre nuova fortuna. Anche gli scambi con Venezia rimasero attivi e vivaci grazie ad una rete di mercanti che risiedevano in laguna, ma viaggiavano continuamente tra il nord e il sud d’Europa diventando così figure decisive per gli scambi artistici. Venezia continuò in questo modo ad essere meta irrinunciabile per gli pittori fiamminghi, che a partire da Rubens approdarono nella Serenissima durante i loro viaggi di studio per l’Europa, restando sedotti dal colore e dalla potenza dei grandi maestri del Rinascimento veneziano, Tiziano in primis, e apprendendo metodologie di lavoro e di gestione della bottega (come l’uso dei lavoranti per completare le opere del maestro), ma al contempo influenzando con la potenza del loro realismo, la forza dei loro contrasti di luce e l’invenzione delle scene d’interni la pittura veneziana ed italiana.

La mostra “Da Tiziano a Rubens” offre così uno spaccato fondamentale sull’arte fiamminga del ’600: dai raffinati capolavori di Rubens ai ritratti di Van Dyck, dalle imponenti opere di Cornelis De Vos alle intese tele di Michaelina Wautiere, dalle scene sacre di Van Loon fino ai notturni di Adam De Coster o alle nature morte di van Beijeren in cui spiccano tra la frutta le belle coppe in vetro che gli artigiani di Aversa avevano iniziato a produrre grazie ai maestri vetrai di Murano.

Tra i capolavori in mostra il ritorno a Venezia dopo 200 anni della celebre Visione di S. Caterina di Tintoretto, realizzata per S. Gimignano, la chiesa abbattuta da Bonaparte per far posto in Piazza S. Marco all’Ala Napoleonica. La pala così passò di mano in mano fino ad essere acquistata negli anni ’80 dalla pop star David Bowie e finire alla sua morte nella Casa di Rubens ad Anversa. Altro straordinario ritorno dopo 500 anni quello del Ritratto di dama con la figlia, una delle tante opere di Tiziano rimaste incompiute alla sua morte. Modificato da qualche pittore della sua bottega, che lo trasformò in una raffigurazione di Tobia e l’Arcangelo Raffaele, il ritratto è stato riportato nel corso di un lunghissimo restauro finalmente alla luce. L’ipotesi più probabile è che si tratti di un doppio ritratto di “Milia”, l’amore segreto di Tiziano, e della loro figlia Emilia. —

Riproduzione riservata © Il Piccolo