I diversi e gli stranieri che fanno paura anche oggi

“Scandalo” al Rossetti: il regista Però sceglie una chiave di lettura attuale, la compagnia aderisce ai ruoli, convince la Rocca, spicca Castellano

TRIESTE C'è qualcosa, in questo spettacolo, che ricorda un tempo lontano. Non tanto gli ultimi anni dell'Ottocento, quando l'austriaco Arthur Schnitzler scrisse e vide andare in scena questo “Das Vermächtnis”: era il 1899. Ma un momento in cui il teatro, anzi la prosa a teatro, aveva un respiro più largo. Trenta, quarant'anni fa. E occupava un posto diverso nelle abitudini delle persone. Almeno di questa città.

Sarà forse il numero degli attori che stanno in scena. Sarà il riferirsi a un tempo e a un luogo che sentivamo ancora legati alla cultura e ai valori locali: la Mitteleuropa, l'Impero. Sarà quel mix di decoro, rispettabilità, ipocrisia borghesi che Schnitzler mostra, e che la nuova Compagnia Stabile del Friuli Venezia Giulia incarna, vestendo abiti chiari, tessuto leggero, sfumature color crema.

Compagnie così numerose è quasi impossibile vederne a teatro, oggi. Oggi che il tempo dei tagli e delle restrizioni impone monologhi, oppure coppie e tris comici. E capita raramente di spiare, dal buco della serratura teatrale, i non detti e i segreti del conformismo famigliare.

Mettere in scena e intitolare “Scandalo” un lavoro in lingua originale che si intitola il lascito, l'eredità, il dono, è un suggerimento di lettura che la regia di Franco Però fa balenare davanti agli occhi. Per dirci che no, quel testo non è così lontano.

Se la vicenda che Schnitzler racconta è quella di una donna “diversa” (in quel caso per ceto sociale) che per un gesto buonista, di accondiscendenza, viene prima accolta in una famiglia della Vienna perbene e poi ipocritamente, delittuosamente lasciata morire, questo sviluppo si presta bene a leggere in “Scandalo” anche la storia di un femminicidio. Parola contemporanea, che però calza. E lascia il tempo per riflettere su quei sentimenti che proprio noi, oggi, nutriamo nei confronti del diverso.

Una diversità che non sta più nel ceto sociale, ma è quella contemporanea, drammatica, di colui o colei che viene da altrove: straniero, migrante, immigrato, rifugiato.

Franco Però ha scelto appunto di far interpretare Toni (la donna diversa che una storia d'amore e morte fa entrare nella famiglia conformista dei Losatti) alla brava Astrid Meloni. I suoi capelli ricci, la carnagione, le sue stesse origini (è di discendenza eritrea), aprono quelle diffidenze e quei sospetti, che in alcuni di noi riescono a muovere le peggiori reazioni razziste.

Costruito in tre atti, con la morte a suggello di ognuno, il testo originale sviluppa piuttosto il tema della libertà di pensiero e di comportamenti dentro una famiglia dominata dal conformismo. E tratteggia meglio l'altra figura femminile, ben integrata in quel contesto, che può però vederne la brutalità e denunciare la spietatezza.

Ruolo da outsider per il quale la regia ha voluto Stefania Rocca, “spirito libero” dentro il quadretto borghese dei Losatti, molto simili a certi asfissianti famiglie pirandelliane o a quelle più cosmopolite di Italo Svevo. Fuma, accavalla le gambe e (peggio ancora!) ragiona, come sarebbe permesso solo agli uomini: l'attrice meno conformista del panorama italiano dà vita a quel personaggio che, un po' dimostrativo sulla carta, si illumina in scena di inattesi bagliori. Audaci. Ma ci vorrebbe appunto la psicanalisi per svelare qualcosa in più di questa inafferrabile creatura.

Attorno alle due donne, il collettivo degli attori disegna un ambiente (le scene sono di Antonio Fiorentino) e i suoi comportamenti, come già era riuscito a fare al debutto estivo, al Mittelfest di Cividale. Madre borghese impeccabile è Ester Galazzi, l'esuberanza fatua dei giovanotti belle époque è quella di Andrea Germani. Così come Filippo Borghi, Adriano Braidotti, Federica De Benedittis, Lara Komar, Riccardo Maranzana aderiscono naturalmente ai richiesti ruoli sociali.

Ma è soprattutto Franco Castellano che riesce più di ogni altro e abilmente a cogliere anche tratti caricaturali nel personaggio del temibile padre di famiglia. E di questa inaspettata, sarcastica leggerezza lo spettacolo si giova alquanto. Repliche fino a domenica primo novembre.

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