I diari della Grande Guerra di giovani soldati al fronte “riletti” dai coetanei di oggi a Trieste
TRIESTE Tre diari inediti di combattenti della Grande Guerra, scritti con le mani rattrappite dal freddo, la fame che prendeva allo stomaco, la fatica di lunghe notti insonni e la paura costante della morte, disseppelliti dai cassetti in cui giacevano e riconsegnati alla memoria collettiva grazie al lavoro di alcuni giovani, coetanei degli ex soldati. È un’operazione di restituzione storica, un modo per riannodare i fili della memoria tra generazioni del passato e del presente, quella sottesa al volume “Tre Diari della Grande Guerra” (Gaspari Editore, 2020), appena sbarcato in libreria e frutto di un appassionato e certosino lavoro di gruppo, che ha coinvolto tanti giovani del liceo Petrarca e tre studentesse di Scienze politiche dell’Università di Trieste.
Guidati dai propri docenti i ragazzi si sono dedicati alla traduzione, alla digitalizzazione e alla contestualizzazione storica degli scritti personali di quelli che all’epoca della Prima guerra mondiale erano tre loro coetanei, diversi per provenienza e fronti su cui combatterono. I diari in questione sono quelli del piemontese Umberto Ademollo, del triestino Giorgio Nicolich e dell’istriano Andrea Vesnaver. Sono stati donati dai nipoti di questi ex combattenti ai docenti e agli studenti coinvolti in alcuni progetti dedicati alla Grande Guerra, organizzati in questi anni dall’associazione culturale “Radici&Futuro”. Quindi sono stati ripresi integralmente, analizzati e commentati da tre studentesse ventenni dell’ateneo giuliano: Ama Liliane Apetogbo, pordenonese di origini africane, Francesca Pilotto, triestina ed Elisa Sosić, istriana. E saranno proprio loro, insieme alle due curatrici del volume Laura Capuzzo ed Evelina Batagelj, a presentarlo al pubblico oggi in diretta streaming.
Quando, all’indomani della dichiarazione di guerra dell’Italia, entrano come volontari nell’esercito italiano, Ademollo e Nicolich hanno entrambi diciotto anni. “Il primo è torinese e proviene da una famiglia di militari, il secondo è un triestino, figlio di un medico affermato di sentimenti irredentisti, e rischia la vita nel fare quella scelta, perché è un suddito austriaco - scrive nella prefazione al libro Laura Capuzzo -. Ademollo ci racconta nelle sue pagine, scritte a posteriori durante la sua prigionia nel campo tedesco di Celle, le vicende vissute in Friuli nei giorni successivi alla sconfitta di Caporetto, fino alla drammatica cronaca degli scontri di Pielungo e Pradis del 5 e 6 novembre 1917, durante i quali viene ferito e fatto prigioniero. La narrazione è ricca e precisissima”.
Anche Nicolich nel suo diario descrive le giornate trascorse in prima linea nel luglio 1916, nella zona del Medio Isonzo e presso Monfalcone, lungo quel sanguinoso fronte che conobbe la sciagura di ben 12 battaglie. “Le operazioni belliche a cui fa riferimento si inquadrano nel periodo temporale tra la quinta e la sesta battaglia dell’Isonzo, nei giorni immediatamente successivi al primo attacco con i gas lanciato dagli austriaci sul San Michele contro gli italiani. All’esposizione dei fatti si accompagnano sue riflessioni profonde sul dramma della guerra”, spiega Capuzzo.
Vesnaver invece, contadino istriano giunto a Trieste per lavorare in fabbrica, è già un uomo di 33 anni quando viene arruolato, all’inizio del conflitto, sull’altro fronte, nell’esercito austroungarico. La sua è l’esperienza forse più ricca dal punto di vista geografico, perché attraversa tutti i Balcani e arriva fino in Russia: “Nei suoi due quadernetti registra fin dal primo giorno date e luoghi dei trasferimenti effettuati con il suo reggimento, poi via via le annotazioni si arricchiscono di pensieri, si colorano di emozioni. È di grandissimo interesse seguire i suoi incredibili spostamenti compiuti a piedi e in treno: Slovenia, Montenegro, Bosnia, Slavonia, Ungheria, Carso, Serbia, Kosovo tra il 1914 e il ’15; Trieste, Montenegro, Bosnia, Croazia nei primi mesi del 1916; Trentino nella primavera 1916, mentre è in corso la Strafexpedition; Ucraina, Galizia, Bucovina nell’estate, quando viene fatto prigioniero; e poi Russia, ancora Ucraina, fino al ritorno a Leopoli nel settembre 1918. Il grande caldo, il terribile gelo, la fame, la fatica, la speranza di una fine della guerra e delle sofferenze escono con vigore da una scrittura semplice, dialettale, di grande efficacia espressiva”.
La pubblicazione li riunisce, con prefazioni di Livio Ciancarella e Stefano Pilotto e due testi delle curatrici, lasciando spazio anche all’opinione delle tre studentesse, che fa emergere la bellezza di un’operazione in cui, come scrive Batagelj, i giovani d’oggi ridanno voce ai giovani di ieri.
“Non è facile leggere le parole del giovane Giorgio Nicolich e restare indifferenti: 19 anni di vita racchiusi in un diario di poche pagine, in cui racconta esperienze che oggi per fortuna sono ignote anche a chi ha superato i 50 anni - scrive per esempio Francesca Pilotto -. Giorgio, che posso considerare mio coetaneo, non ha passato gli anni dell’università con gli amici... ha visto la morte con i suoi occhi, si è visto morire accanto un amico e ha conosciuto la paura e la nostalgia di casa”. —
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