I cinquant’anni del “general Sartana” il gringo giocatore del triestino Garko

PAOLO LUGHI
«Il ’68 in Italia è anche Sartana”, afferma il critico Marco Giusti nel suo “Dizionario del western all’italiana». Cinquant’anni fa, a ridosso di un Ferragosto torrido come oggi, usciva a Roma, proprio oggi “…se incontri Sartana prega per la tua morte”, regia di Gianfranco Parolini. A sorpresa, dopo nove giorni e nonostante le città estive deserte per il solleone, il film aveva già incassato 30 milioni. Avrebbe avuto un successo miliardario, lanciando uno dei tre eroi più popolari degli spaghetti western, con Ringo (Giuliano Gemma) e Django (Franco Nero).
Sartana era interpretato da Gianni Garko, biondo, occhi azzurri, barba leggera selvaggia, già noto a teatro e nel cinema d’autore (“Kapò”), il cui cachet lievitò così da due a 20 milioni di lire a film. Ma non tutti ricordano che Garko-Sartana è nato (nel 1935) a Zara e che è cresciuto a Monfalcone e Trieste, prima di intraprendere a Roma una carriera molto longeva e ancora attiva. Ma come iniziò l’avventura di Sartana? «Il mio primo incrocio col western è casuale – ricorda Garko -. Ero in Spagna nel 1964, in Almeria, dove giravo il mitologico ‘Saul e David’. In una pausa, nel ristorante incontro l’allora ignoto Sergio Leone, che io però conoscevo. “Faccio un western con Gian Maria Volontè”, mi dice. “Ecco, quello è il protagonista”. E passa un giovanottone alto con una bisaccia sulle spalle. “Un certo Clint Eastwood”. Poi il mio direttore di produzione mi informa: “È uno di quei film d’imitazione. Non hanno una lira. Gli abbiamo prestato una cinepresa e l’artificiere per le esplosioni”. Era nientemeno che ‘Per pugno di dollari’. Ecco, questo è stato il mio primo impatto col western all’italiana».
E poi come è approdato anche lei a questo genere?
«Per un paio d’anni faccio teatro al ‘Piccolo’ con Strehler, ma giro anche ‘Un uomo a metà’ di Vittorio De Seta. Intanto era esplosa la moda degli spaghetti-western, e nel ’66 ne interpreto due, “1000 dollari sul nero” e “10.000 dollari per un massacro”. Nel primo sono un antagonista molto cattivo, “El General” Sartana (che non c’entra col successivo). In “10.000 dollari per un massacro”, al doppiaggio da John vengo ribattezzato Django, il personaggio di Franco Nero. Il film vale, Tarantino lo ha scelto per la retrospettiva di Venezia del 2007. Interpreto un cowboy singolare che mi è molto caro, un cowboy che a un certo punto piange».
E quando arriva Sartana?
«Questi western hanno un buon successo, ma non sfondano. Penso che il tema della vendetta sia esaurito. Così, quando il produttore Addobbati mi chiama per girarne un altro, gli chiedo l’ok finale sulla sceneggiatura. Chiedo a due sceneggiatori amici, Renato Izzo e Franco Bucceri, di mettere in piedi un soggetto diverso, con un uomo che fa scontrare due bande rivali, e nasce “…se incontri Sartana”. Il nome lo trovò Addobbati. Un giorno mi chiama in ufficio e mi mostra un manifesto con scritto in tedesco “John Garko in Der Sartana”. Era il manifesto di “1000 dollari sul nero”: il mio “General” Sartana era tanto piaciuto in Germania, che avevano cambiato il titolo».
A cosa si deve il successo di Sartana?
«È una figura nuova. Non è un cowboy, ma è un ‘gambler’, un giocatore, un elegantone. Più Lee Van Cleef che Eastwood. Volevo perfezionare l’eroe western, un uomo con un’arma in un ambiente ostile. Doveva essere sempre attento, quasi felino, astuto di testa per ingannare i rivali e svelto di mano per sparare per primo. Abile nei giochi, con le carte o con la pistola da taschino, la Derringer, che mi allenai a estrarre a sorpresa, senza trucchi, dalla manica. Inoltre il regista Parolini, reduce da ‘I 3 Supermen’, portò il personaggio su un piano più fantastico, quello dei supereroi, o di un prestigiatore con il mantello come Mandrake».
Quei western erano influenzati dal clima del ’68?
«Certamente sì. Il protagonista è come il paladino Orlando, sana i torti e colpisce i prepotenti: il banchiere imbroglione, lo sceriffo corrotto, il capo azienda schiavista».
Che ricordo ha della triestina Loredana Nusciak, la “donna” di Django?
«Un ricordo bellissimo, una ragazza simpatica e affettuosissima. Quando lei muore in ’10.000 dollari per un massacro’, io piango guardando la sua carrozza rovesciata. Lì sono forse il primo cowboy che piange in un western». —
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