I Balcani in 100 mappe così un atlante svela l’altro volto dell’Europa

di Pietro Spirito
Viaggiando in auto in Croazia lungo la E65, passando Spalato in direzione Dubrovnik/Ragusa, prima e dopo l’abitato di Neum - una cittadella fatta di recenti palazzine bianche arroccate intorno a un’altura come una minuscola Montecarlo -, bisogna attraversare due volte il confine della Republika Hrvatska. Neum, infatti, è l’unico sbocco al mare della Bosnia Erzegovina, ed è antico quanto la sua storia: il confine meridionale con la Croazia corrisponde alla frontiera fissata tra l'Impero ottomano e la Repubblica di Ragusa, mentre il confine settentrionale, sempre con la Croazia, verso Spalato, venne fissato dalla pace di Carlowitz nel 1699, quando i Turchi strapparono la zona di Neum ai possedimenti veneziani della Dalmazia per ottenere appunto uno sbocco al mare e per imporre tasse doganali sui commerci del litorale dalmata.
Di fatto Neum appare al viaggiatore costretto a fare due volte in pochi minuti la fila al confine, un posto piuttosto surreale, dove le scritte in cirillico dei cartelli sono state in buona parte illegalmente cancellate e sostituite dalla versione croata, mentre bandiere di Zagaria sventolano indisturbate un po’ ovunque mentre quelle della Bosnia Erzegovina - repubblica costituita da due entità distinte e un distretto autonomo- quasi non si vedono.
Ma il caso di Neum è solo uno delle tante peculiarità di quel caleidoscopio etnico, politico, storico, economico, sociale e culturale che sono i Balcani, la vasta area geografica che va dalla Repubblica di Slovenia alla Repubblica Ellenica che le devastanti guerre jugoslave hanno riportato al centro delle vicende internazionali, con la ricerca di assetti e soluzioni di pace non sempre efficaci e, in alcune zone, situazioni politiche e sociali tutt’ora in ebollizione.
Ma che succede, oggi nei Balcani? Come si compone il puzzle di una geografia mutante che ha visto negli ultimi due decenni cambiamenti di confine e migrazioni di vari milioni di rifugiati, diretti per lo più verso l’Europa occidentale o la Serbia? E quali sono le prospettive non tanto per Paesi ormai stabilizzati come la Slovenia e la Croazia, quanto piuttosto per stati come la Macedonia, il Montenegro, l’Albania, la stessa Bosnia Erzegovina? A queste e ad altre domande dà risposta il libro “I Balcani in 100 mappe - L’altro volto dell’Europa” (Libreria Editrice Goriziana, pagg. 175, euro 20,00) di Amaël Cattaruzza e Pierre Sintès, geografi ed esperti di geopolitica, assieme al cartografo Romain Imbach. Si tratta di un vero e proprio atlante ricco di mappe tematiche che, assieme al testo e alle analisi di Cattaruzza e Sintès, offre una fotografia per così dire in 3D del guazzabuglio balcanico. Che, dicono subito gli autori, «è parte integrante del mosaico europeo», e tentare o voler separare «i Balcani dal resto d’Europa significa abbracciare rappresentazioni forgiate all’inizio del XX secolo, da cui quello “spettro dei Balcani” che ossessionerebbe l’Europa, evocato da Maria Todorova». E questo sarebbe un grave errore, perché - semmai non l’avessimo capito durante gli anni della guerra - le dinamiche di questi Paesi sono «il prodotto singolare di processi che riguardano niente meno che l’intero continente».
Certo, la mappa dei Balcani che emerge dalle pagine del libro edito dalla Leg evidenzia la grande mutevolezza, varietà, spesso fragilità di queste terre. Al punto che la stessa analisi di fenomeni contemporanei può apparire già superata dagli eventi in atto: la regione dei Balcani - notano ad esempio gli autori - «funge (...) da tampone contro le migrazioni internazionali, proteggendo il fianco sudorientale della “fortezza Europa” dai flussi provenienti dall’Asia centrale e dal Vicino e Medio Oriente». Le cronache di questi giorni dimostrano che non è già più così, e sono un esempio dell’imprevedibilità di una “Società in ricomposizione”, come titola uno dei capitoli, la cui complessità - per altro - è ben evidenziata in una delle cento mappe dell’atlante, quella dedicata alle principali minoranze censite: dagli ungheresi del Banato e della Ba. ›ka ai Bosgnacchi del Sangiaccato fino ai Turchi di Bulgaria e ai cattolici della Cicladi è un frullato di identità in cui è difficile orientarsi.
Tuttavia, ricordano gli autori, se «la differenziazione fra i gruppi etnici non può venire imputata a caratteristiche intrinseche e immutabili, bensì dipende da relazioni in continua evoluzione che si stabiliscono fra di esse», «tale concezione dinamica dell’identità» si manifesta e applica in tutte le tematiche che riguardano i Balcani.
In parole povere, è vero che mutamenti e conflitti rendono instabile una regione che sembra poggiare su una faglia sismica della Storia, con il conseguente pericolo non solo di conflitti ma di ventate di rigore finanziario e di un poco auspicabile processo «di messa sotto tutela politica». Ma è anche vero che, a dispetto delle particolarità, considerata su scala continentale «l’integrazione o la prospettiva di adesione all’Unione Europea conduce senz’altro ad attribuire a questi Paesi una posizione simile nell’insieme degli Stati del continente, caratterizzata dall’attrazione degli investimenti stranieri, dallo sviluppo di un’economia di mercato estremamente concorrenziale». Insomma, nei Balcani pace e benessere fanno rima con Europa.
Ma torniamo all’atlante. Le cento mappe offrono dunque un visione particolareggiata della realtà di quei territori. Come le cartine delle “città divise”, i centri urbani - Mitrovica, Sarajevo, Mostar - divisi in quartieri etnici, «dove la vita quotidiana degli abitati si svolge più o meno all’insegna della separazione». Oppure la carta che evidenzia i flussi legati alla criminalità, come il traffico di droga. O ancora la presenza delle organizzazioni internazionali per il mantenimento della pace, in particolare l’Eufor (Unione europea) in Bosnia Erzegovina e la Kfor (Nato) in Kosovo. E poi le mappe sulla povertà, sui flussi demografici, sulla diffusione dello sport e della musica, sui pericoli industriali e da inquinamento, sui patrimoni culturali e naturali, sulle presenze turistiche e così avanti. Ne esce un quadro articolato e composito, appunto, in cui si specchia nitido “l’altro volto dell’Europa”.
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