Guido Botteri, il giornalista che ha cambiato Trieste
TRIESTE. È morto la notte scorsa a Trieste Guido Botteri. Aveva 88 anni. Giornalista e scrittore di origine trentina, era stato direttore della sede Rai del Friuli Venezia Giulia. Papà di Giovanna, corrispondente Rai da New York, era stato tra i promotori del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
di PIERLUIGI SABATTI
Fu accusato della "congiura" che aveva rovesciato il sindaco Bartoli. Fu accusato di aver "demolito" il Teatro Nuovo per fare posto alla nuova sede Rai di Trieste. Fu accusato di aver avallato la chiusura del Cantiere San Marco, che provocò l'assalto degli operai a Palazzo Diana, sede della Dc. Lui affrontò a viso aperto le accuse e non rinnegò le sue scelte: Guido Botteri, morto ieri nella sua casa sul Carso, era un decisionista, un uomo di potere che condizionò la vita politica di Trieste dalla fine degli Anni Cinquanta a tutti gli Anni Settanta, come segretario della Dc, come direttore della Sede Rai del capoluogo regionale, come fondatore del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, del settimanale "Il Meridiano" e dell'elegante rivista "Trieste".
La scelta democristiana la fece giovanissimo, sua una delle prime tessere del partito nella Trieste appena liberata. Era allievo di don Marzari e pur senza partecipare alla lotta partigiana fu convintamente antifascista. La sua carriera all'interno del partito continuò, insieme a quella di un altro astro nascente della politica giuliana, Corrado Belci, fino ad arrivare nel '59 alla segretaria. Botteri impose la svolta a sinistra, sconfiggendo l'ala destra del partito incarnata da Gianni Bartoli. Svolta che venne definita una "congiura" contro il sindaco emblema della lotta per l'italianità di Trieste dalle destre che vedevano un'apertura ai socialisti come un tradimento, in una città ancora profondamente lacerata dal fascismo di frontiera, dalla guerra, dai Quaranta giorni, dal lungo dopoguerra.
Ma Botteri va oltre: favorisce l'entrata nella giunta di Mario Franzil, succeduto a Bartoli nel '58, dell'esponente socialista sloveno Dušan Kresciak. È uno shock. “Vita Nuova”, il giornale della Curia guidata saldamente da monsignor Santin, si scaglia contro la scelta. Botteri non si fa condizionare e cerca alleati. A Roma ne trova uno di peso, Flaminio Piccoli, che capisce l'importanza di aprire un dialogo con la componente slovena. Piccoli è trentino e conosce le realtà di frontiera.
Anche sul piano culturale Botteri apre agli sloveni: in "Trieste" scriverà un "catalogo-dizionario degli sloveni nella regione" volto a «documentare come il mondo sloveno presenti - né più né meno - le stesse caratteristiche del mondo italiano nel settore culturale, in quello politico, in quello economico, in quello sociale, in quello religioso». Come presidente dello Stabile favorisce la conoscenza della cultura slovena con la messa in scena nel '76 del "Martin Ka›ur" di Ivan Cankar, rielaborato da Fulvio Tomizza con il titolo "L'idealista".
Il teatro è una passione e un tormento per Botteri. «Il teatro? Mi ha procurato una delle più amare delusioni della mia vita»," confessa nel suo libro di memorie "80 e 1/2. La resa dei conti»" (realizzato nel 2007 da Comunicarte).
Le battaglie che Botteri si troverà ad affrontare sono il ridimensionamento della cantieristica, che non viene compensato da iniziative come la Grandi Motori, anche vista la crisi generale che attraversa l'industria cittadina, ben prima di altre regioni italiane. E gli effetti del trattato di Osimo, che travolge gli equilibri politici della città. La Dc perde la supremazia e il Comune che viene conquistato dalla Lista per Trieste. La Provincia passerà nelle mani di una giunta moìinoritaria di sinistra, retta da Ghersi e Martone. Provincia che è protagonista del ciclone Basaglia, voluto a Trieste da Michele Zanetti e da Guido Botteri, che porta Trieste alla ribalta internazionale con la rivoluzionaria riforma della psichiatria.
Botteri è protagonista anche di una battaglia sulla carta stampata: il 29 gennaio 1972 si presenta nelle edicole il nuovo settimanale "Il Meridiano" che si propone di spezzare il monopolio del "Piccolo", allora di proprietà di Chino Alessi.
Il successo di vendite è immediato e i lettori capiscono che il "Meridiano" affronta con taglio del tutto nuovo e approfondisce argomenti finora ritenuti scomodi. Nel primo numero compare un'approfondita inchiesta sulla Massoneria triestina e sui suoi rapporti con il potere economico e politico e con le associazioni di categoria. Poi saranno pubblicate le dichiarazioni dei redditi dei triestini più in vista e le sorprese non mancheranno. In "80 e 1/2, la resa dei conti" Botteri ricorda: «Non sono solo il promotore del Meridiano ma per quattro anni dal 1972 al 1976 ne sarò l'effettivo direttore, come "responsabile" lo firmerà prima Francesco Parmegiani e poi Luciano Ceschia, allora segretario nazionale del sindacato dei giornalisti».
Guido Botteri e altri giornalisti lasceranno il settimanale alla fine del 1976, quando l'appoggio politico della Dc nazionale verrà a mancare assieme alle inserzioni pubblicitarie.
Attivo sino all'ultimo, Botteri ha scritto articoli, saggi e libri. Ricordiamo i due dedicati ai vescovi "Luigi Fogàr" e "Antonio Santin", editi da Studio Tesi, e quello dedicato a "Jole Silvani", edizioni Comunicate come le sue citate memorie. Sull’ultimo numero dell’«Archeografo triestino» il suo ultimo saggio dedicato al prete-deputato sloveno Virgil Š›ek, entrato in rotta di collisione con il vescovo Santin.
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