“Grozny Blues” ecco come Putin soffoca la Cecenia

TRIESTE. La Cecenia è sparita da tempo dalle prime pagine dei quotidiani. Nell’immaginario degli occidentali, Grozny è rimasta l’ammasso di macerie che era all’alba del 2000, dopo le due guerre...
Di Elisa Grando

TRIESTE. La Cecenia è sparita da tempo dalle prime pagine dei quotidiani. Nell’immaginario degli occidentali, Grozny è rimasta l’ammasso di macerie che era all’alba del 2000, dopo le due guerre cecene con la Russia del 1994-’96 e del 1999. Oggi molte cose sono cambiate: nella capitale cecena svettano grattacieli avveniristici, ma la ricostruzione e la pacificazione del Paese sono solo la facciata voluta dal presidente Ramzan Kadyrov, che ha di fatto posto la Cecenia sotto il giogo di Vladimir Putin. Lo scopriamo nell’emozionante docufilm “Grozny Blues” di Nicola Bellucci, regista italiano che vive in Svizzera come la coautrice Lucia Sgueglia, già nominato all’Efa e applaudito al Festival di Locarno.

Il Trieste Film Festival lo presenta oggi alle ore 16 in Sala Tripcovich, alla presenza dell’autore, che fra la gente di Grozny ha trascorso molto tempo, facendosi un’idea precisa della situazione: «In Cecenia non è stato risolto niente», dice l’autore. «La situazione è schizofrenica e soffocata da un regime che gioca sulla paura. C’è in corso un processo di islamizzazione usato però per scopi politici, una modernizzazione di tipo consumistico e nello stesso tempo un’eredità molto forte della cultura sovietica: la presentazione data da Kadyrov di un popolo unito è una menzogna enorme». Ufficialmente la Cecenia è una Repubblica della Federazione Russa, ma nella realtà risponde alle leggi russe, non esiste un’opposizione.

«Kadyrov è stato messo al potere direttamente da Putin ed è considerato oggi quasi il suo figlioccio. Si propone come un benefattore, ma i soldi della ricostruzione sono arrivati da Mosca e tutto appartiene a lui, il popolo ceceno ha potuto goderne molto poco. In più, la ricostruzione è più che altro teatrale: è stata rifatta una parte centrale di Grozny ma intorno le vecchie case distrutte sono state tappezzate con un rivestimento quasi di plastica, lasciando sotto ancora tutti i colpi dei fucili e dei kalashnikov».

In Cecenia, insomma, non c’è stato alcuno sviluppo economico, assistenza sociale o tentativo di mettere in piedi un’industria. «Il popolo oggi vive quasi solo di elemosina, le uniche possibilità di lavoro sono l’esercito e il settore pubblico, entrambi gestiti completamente dal sistema. Qualche piccolo business privato deve sottostare a una corruzione gigantesca. E poiché la crisi sta facendo diminuire i flussi di denaro da Mosca, il disagio sociale sta crescendo».

Nel film Bellucci segue un gruppo di attiviste dei diritti umani sul filo del dolore mai sopito del conflitto, interpellando tutte le generazioni: «Quella che ha vissuto le due guerre degli anni ’90 è la generazione perduta: chi non era d’accordo con la riconciliazione forzata con la Russia è stato ucciso o è emigrato. Tra chi è rimasto il livello di disperazione è altissimo, non è stato fatto niente per elaborare i lutti. Ho parlato anche con alcuni dei 150mila che vivono nella diaspora, ci sono ancora migliaia di persone scomparse. La generazione successiva invece, i ragazzi intorno ai 20 anni che hanno memoria vaga della guerra, vengono indottrinati sistematicamente. In generale, l’umiliazione delle persone è a livelli insopportabili: sono costrette a dire quanto è bravo Putin, quanto è grande Kadyrov, ma è tutto pilotato. Si potrebbe paragonare la Cecenia di oggi a una sorta di Nord Corea in fasce».

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