Granzievola da applausi all’Antico Panada

Inutile stare a raccontarsela: in mezzo a tanti esperimenti, a tante scoperte, a tante new entry, talvolta si sente il bisogno, a tavola, di non rischiare, di confrontarsi con una presenza...
Di Furio Baldassi

Inutile stare a raccontarsela: in mezzo a tanti esperimenti, a tante scoperte, a tante new entry, talvolta si sente il bisogno, a tavola, di non rischiare, di confrontarsi con una presenza rassicurante, già nota. Da cui si sa cosa aspettarsi, al meglio, e col quale si è anche più disposti a condividere le “invenzioni”.

Un concetto che ha particolare validità a Trieste, dove il tourbillon di cuochi, negli ultimi anni, è diventato praticamente una costante. Di Guido Sciucca, ad esempio, avevamo perso le tracce dopo la sfortunata esperienza della Sacra Osteria, forse uno dei locali più rimpianti in zona Campo Marzio. Da allora, il silenzio, o quasi, qualche apparizione “random”, qua e là, appena il tempo di capire che il locale non faceva al caso suo o che era meglio non scornarsi col cuoco preesistente, e poco più.

Figurarsi la sorpresa, dunque, rivedendolo in plancia all’”Antico Panada”, locale posto sul Canal Grande (ma sì, non esageriamo, il canale di Ponterosso...) che da anni vanta potenzialità teoriche stupende, a partire dalla location, ma non riusciva a fare il definitivo salto di qualità. L’apertura del Ponte Curto, in barba ai criticoni, l’accresciuta pedonalizzazione dell’area e, ovviamente, il “manico” nuovo in cucina, hanno fatto il miracolo.

Oggi il locale, fiore all’occhiello di quella “040” che gestisce anche l’omonima paninoteca a fianco, il Giardino Tergesteo, la pizzeria di fronte al Teatro Verdi e, prossimamente, un altro “spot” in via Torino, drena turisti a raffica. Incantati dal fatto di mangiare in un contesto unico ma anche ipnotizzati dalle offerte della cucina.

Guido, fin dai tempi delle “Barettine”, è in grado di offrire menu di pesce realmente particolari. E lo fa anche qui, a partire, se volete, da un misto crudo che non fa mai male, in stagione una “granzievola” da applauso, magari, gradito omaggio, una zuppetta di cozze e fagioli. Sul risotto, poi, da sempre uno dei punti di forza, standing ovation. Di questi tempi anche un classico “gamberi e porcini”, con i funghi tagliati a julienne, riesce a diventare un’esplosione di gusti, per non parlare del fritto misto di pesce “pastellato”, che abbina sapientemente a crostacei e sardoni vari anche delle verdurine, graditissime e fresche.

Il talento, insomma, c’è, la materia prima anche. Al resto contribuisce uno staff giovane tra i meglio assortiti, in una città che notoriamente non spicca per il servizio, dalla dolcissima Sabern al ragazzo che piroetta tra i tavoli, all’altra, gentilissima cameriera. Insomma, le caratteristiche per fare bene definitivamente ci sono, il contesto anche. Non manca neanche il vino, con ottime etichette e oneste proposte della casa, mentre il prezzo, che dovrebbe includere anche un panorama così magico ma non lo fa, resta nella media di locali del genere e si attesta tra i 30 e i 40 euro. Con mucho gusto.

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