Gli aerei schierati di Tullio Crali e i suoi piloti pronti a lanciarsi

Tra i protagonisti di quello che Enrico Crispolti ha definito Secondo Futurismo, tra i suoi più originali interpreti in territorio giuliano, il pittore Tullio Crali è stato “una delle più splendide sicurezze vittoriose dell’aeropittura”, come lo definì Filippo Tommaso Marinetti.
La mostra che il Comune di Monfalcone ha voluto dedicargli negli spazi della Galleria d’arte contemporanea, per la cura di Marino De Grassi, ne ripercorre le principali tappe attraverso una selezione di oltre ottanta opere, divise tra aeropittura e non, da uno dei suoi primi disegni, “La tempesta” del 1925, al suo ultimo dipinto, “Forme silenziose di aeropittura”, iniziato nel 1991 ma terminato nel ‘97.
Nato a Igalo nel 1910, era giunto a Gorizia nel 1922. Da subito aveva mostrato una spiccata inclinazione artistica e un vivace interesse per il movimento futurista che in terra giuliana trovava in Sofronio Pocarini il suo massimo sostenitore e promotore. Proprio grazie a questi il giovane Crali inizia a esporre e farsi conoscere prima a Gorizia, poi a Trieste, quindi a Padova, Parigi, Bruxelles, Berlino. Da subito l’aeropittura è il genere che sente più congeniale: avendo sperimentato il volo di persona sa tradurre con colori vivaci, linee decise e prospettive inedite la sensazione di velocità, di assoluta libertà e quel “dinamismo universale” che investe lo spettatore, gettandolo “al centro del quadro” come volevano i futuristi.
Come prevedeva il Manifesto dell'Aeropittura futurista, pubblicato nel 1931, firmato tra gli altri da Marinetti, Balla, Depero, Dottori, Fillia, Tato, “dipingere dall'alto questa nuova realtà impone un disprezzo profondo per il dettaglio e una necessità di sintetizzare e trasfigurare tutto; tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore in volo: schiacciate, artificiali, provvisorie”.
Nelle opere esposte alla Galleria di Monfalcone gli aerei di Crali appaiono schierati, rombanti l’uno accanto all’altro, oppure attraversano liberi i cieli azzurri e le nuvole bianche; i suoi piloti compiono acrobazie nell’aria, si sganciano le cinture e si lanciano nel vuoto come accade nel celebre dipinto prestato dalla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Udine “Prima che s’apra il paracadute”.
In altri casi il volo è interpretato quale una danza, nel corpo femminile di “Aereo danzatrice”, o quale piacere proibito, nel dipinto “Lussuria aerea”.
L’artista crea sempre nuove visioni sintetiche e trasfigurate, guardando la terra dal cielo ma anche dirigendo lo sguardo verso l’immensità del cosmo, verso l’infinito, senza mai esaurire la sua vena creativa, senza rassegnarsi alla fine del futurismo neppure quando, al termine del secondo conflitto mondiale, scomparso il suo fondatore Filippo Tommaso Marinetti, la maggior parte degli artisti e intellettuali futuristi considerò sciolto il movimento.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta Crali è prima a Parigi, poi al Cairo dove dirige la sezione pittura della Scuola d’Arte Italiana. Nel ‘68 torna in Italia, stabilendosi a Milano, continuando a dipingere le sue aeropitture nelle quali “c’è sempre quell’orizzonte marino – confesserà l’artista - che da ragazzo portai via con me quando lasciai Zara affondare nella nostalgia”.
In mostra notevoli sono pure le opere di ispirazione più surrealista, venate di certo espressionismo, come “I sotterranei” o “Rifiuti sociali”, degli anni Trenta, e “Crepuscolo della sera”, parte di un progetto che intendeva illustrare “I fiori del male” di Baudelaire. Una natura morta del ‘48 e “Strutture portuali” del ‘54 mostrano poi di guardare al postcubismo tipico della pittura di quegli anni.
Interessanti quindi i numerosi documenti comprendenti i principali manifesti futuristi, lettere, cartoline, pubblicazioni varie, provenienti dall’archivio Bruno Sanzin, poeta e scrittore futurista triestino.
La mostra, corredata da un catalogo (Edizioni della Laguna) rimarrà aperta fino al 12 maggio. —
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