Gli 80 anni di Francesco Guccini «Ma adesso faccio lo scrittore»

Marinella Venegoni
Provate a infilare una delle sue canzoni o il titolo di un album in una conversazione con il già Bardo di Pàvana. Vi risponderà, come a tutti, «Io adesso faccio lo scrittore». Vero. Tant’è che, seppure abitualmente ritroso alla celebrazione di ogni compleanno e visto che proprio oggi gli scattano gli ottanta, Francesco Guccini si lascia sfuggire che sì, l’ingresso di Tralummescuro, l’ultimo suo libro, nella cinquina dei finalisti del premio Campiello, «È un gran bel regalo di compleanno».
Oggi la porta di casa Guccini resta rigorosamente chiusa a doppia mandata, il telefono staccato anche nel tempo di un’uscita di casa per pranzo, a festeggiare nei dintorni l’evento con la moglie Raffaella. Ma, forse complici i nostri circa quarant’anni comuni di Club Tenco, con relative notti bianche spese in cene alcoliche con corredo di colto cazzeggio (fra Carlin Petrini, Vecchioni e chiunque passasse sul palco in quelle irresistibili serate sul palco dell’Ariston), Francesco Guccini alla fine cede, e con una pazienza che sa di antica cavalleria, dopo averci pensato un po’ acconsente a rendere note, fra le canzoni che ha scritto, quelle che più gli sono rimaste nel cuore («indipendentemente dagli album e dall’epoca»).
La prima che gli viene in mente è Van Loon: «Una canzone per mio padre, dedicata a una vita non finita: nel senso di non completata, non per colpa dell’attore ma per colpa degli eventi; però, in qualche modo, viene raggiunta una certa serenità finale». In un volume Giunti, Un altro giorno è andato, uscito nel ‘99, Francesco spiegò che suo padre «leggeva le opere di questo Piero Angela dei suoi tempi, cioè gli Anni 30. Van Loon era un olandese, o un fiammingo, divulgatore di storia, geografia e umanità varia». Confessò poi di non essere riuscito a lungo a cantarla, quando suo padre se ne andò. Subito dopo la sua scelta cade su Signora Bovary, title-track dell’album del 1987 che conteneva anche Val Loon. «Qui si canta di tutti noi, perché siamo tutti non Madame ma la signora Bovary: siamo sempre alla ricerca di qualcosa, con la paura, come dice il testo, che "in fondo in fondo/Quando bene o male faremo due conti/ E i giorni goccioleranno come i rubinetti nel buio/ e diremo “...un momento, aspetti...” per non essere mai pronti”. Quel momento in cui temi di dover fare due conti». Piccola Città è naturalmente Modena, e nasce al pubblico dentro Radici del 1972. «La scelgo perché Modena è la città che mi ha dato i natali, ma non l’ho mai amata profondamente. Però ci sono legato, parlo il dialetto e mi è rimasto qualche amico, tipi brutti e poveri... forse per questo sono poi andato oltre, fino a Bologna». Odysseus, da Ritratti del 2004, è universalmente conosciuta come una gran canzone. Guccini la pensa ora, perché «Per me è riuscita benissimo, sia dal punto di vista poetico che da quello musicale».
100 Pennsylvania Ave è l’ultimo titolo che Guccini acconsente di citare. Era in Amerigo del 1978, e ha un inizio folgorante: «La strada della Pennsylvania Station sembrava attraversasse il continente/ come se non andasse più all’indietro, ma andasse sempre avanti ad occidente/ Fra tombe in ferro/vetro, pianura, pali e gente». Spiega Francesco: «E’ legata ad un momento particolare della mia vita, alla prima esperienza fatta negli Stati Uniti. Era il gennaio del 1970, e trovai l’America tutta diversa da come l’avevo immaginata, anche se già un po’ l’intuivo».
Le successive visite negli Usa non hanno mai cambiato la prima impressione. Mai avevamo visto una tale reazione a un delitto come quello di Minneapolis, non crede? «L’America è un posto strano, che noi crediamo di conoscere, ma mai a fondo. Normalmente, in Europa non c’è questo tipo di violenza. Per esempio, un amico mi racconta di un poliziotto inglese che aveva beccato uno che rubava un’auto: ha telefonato alla Centrale, e mentre parlava il reprobo aspettava fermo di fianco a lui. Invece in Central Park, c’erano due che si picchiavano, e due poliziotti a cavallo hanno tirato fuori la pistola. Un altro mondo. Speriamo solo adesso cambi il presidente». Trump tra l’altro è nato il suo stesso giorno, caro Francesco... «Anche il Che», ribatte pronto. —
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