Giorno della memoria a Trieste, cerimonia in Risiera

Spostate a domenica, per rispetto del sabato ebraico, le cerimonie per commemorare le vittime della Shoah
Foto BRUNI 28.01.2018 Risiera di S.Sabba. giorno della memoria
Foto BRUNI 28.01.2018 Risiera di S.Sabba. giorno della memoria

Shoah, la cerimonia alla Risiera di San Sabba

TRIESTE Nel rispetto del sabato ebraico, le cerimonie ufficiali per il Giorno della memoria si tengono domenica 28 gennaio. Alle 9.15, a cura della questura di Trieste e dell’Associazione Giovanni Palatucci, presente il presidente del consiglio comunale, c'è stata la deposizione di una corona d’alloro ai piedi della lapide che nelle carceri del Coroneo ricorda Giovanni Palatucci.

A seguire, alle 9.30, a cura dell’Associazione nazionale ex deportati di Trieste, dal Coroneo è partita una marcia silenziosa che raggiungerà la Stazione centrale: qui, alle 10, sul lato di via Flavio Gioia, è stata deposta una corona sulla lapide che ricorda la partenza dei convogli dei deportati verso i campi nazisti dal settembre 1943 al febbraio 1945.

Silvano Trieste 2018-01-28 Via Coroneo, il Corteo Silenzioso
Silvano Trieste 2018-01-28 Via Coroneo, il Corteo Silenzioso

Alle 11, alla Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio nazista con forno crematorio in Italia, si è svolta la solenne cerimonia del Giorno della memoria che si aprirà con la deposizione di corone d’alloro da parte di Regione, Prefettura e Comune di Trieste e delle Associazioni e dei gruppi che partecipano alla commemorazione.

A seguire i discorsi ufficiali dei sindaci di Trieste e di Sgonico e i riti religiosi: cattolico, officiato dal vicario generale della diocesi Pier Emilio Salvadè; ebraico, dal rabbino capo Alexandre Meloni; e delle comunità evangeliche avventista, elvetica, luterana e metodista dal pastore Eliseo Testa.

«Continuano a serpeggiare tra di noi individui che consapevolmente raccolgono e fanno propria l'eredità insanguinata del nazifascismo, altri che esprimono comportamenti antisemiti o razzisti, e altri ancora che dimostrano acquiescenza o indifferenza di fronte a chi pratica o proclama l'intolleranza. Questo è un problema autentico e pressante, del quale le istituzioni devono farsi carico pienamente, assieme a tutti i presìdi della sicurezza e della formazione». Lo ha detto la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, intervenendo alla cerimonia alla Risiera. Secondo Serracchiani, «il rischio è una progressiva deriva, un arretramento forse lento ma costante dei confini di ciò che è accettabile moralmente, socialmente e temo anche politicamente. Di fronte a certi fenomeni aggressivi, le Istituzioni non sono neutre né terze: sono a tutti gli effetti le custodi severe dei principi di libertà, democrazia, uguaglianza e tolleranza che fondano la Repubblica e che incisi nella Costituzione devono fare scudo a ogni minaccia».

La Presidente ha quindi invitato a «interrogarsi seriamente su cosa si muova dentro le persone che, dopo il genocidio degli ebrei, dopo una strage di innocenti come quella compiuta dai nazisti e dai loro solerti collaboratori, oggi si radunano e letteralmente levano inni alla razza pura. Vogliamo capire - ha concluso - cosa ha guidato la mano degli infami che deturpano le targhe in memoria dell'Olocausto o che insozzano le pietre d'inciampo, com'è accaduto l'altro giorno a Livorno e a Milano».

 «Tra queste mura la follia dell’uomo ha perso la pietà e straziato donne, uomini, giovani prevalentemente ebrei» ha detto il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. «Il terrorismo che continua a seminare morte e paura nel mondo - ha aggiunto - per molti aspetti è uguale al nazismo nella sua dimensione catastrofica, dove il mirino della morte è puntato verso coloro che sono ritenuti diversi. Questo terrore deve essere combattuto e noi abbiamo il dovere di farlo». «Come gli ebrei che sono circondati da una parte del mondo che, ancora oggi vorrebbe cancellarli - ha dichiarato - anche noi cristiani dobbiamo essere preparati e la reazione alla violenza, di chi fanatico in nome di una religione ha deciso di cancellare la nostra, non può essere pallida e timida». «La nostra città, dove sono state promulgate le leggi razziali e dove sono state straziate tante vite, ha saputo imparare dai propri tragici errori per riappropriarsi e tornare, come è e sempre è stata - ha concluso Dipiazza - luogo di incontro tra religioni, culture e esempio di pacifica convivenza e tolleranza nel rispetto delle nostre regole democratiche».

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