Giorno della memoria a Trieste, cerimonia in Risiera

TRIESTE Nel rispetto del sabato ebraico, le cerimonie ufficiali per il Giorno della memoria si tengono domenica 28 gennaio. Alle 9.15, a cura della questura di Trieste e dell’Associazione Giovanni Palatucci, presente il presidente del consiglio comunale, c'è stata la deposizione di una corona d’alloro ai piedi della lapide che nelle carceri del Coroneo ricorda Giovanni Palatucci.
A seguire, alle 9.30, a cura dell’Associazione nazionale ex deportati di Trieste, dal Coroneo è partita una marcia silenziosa che raggiungerà la Stazione centrale: qui, alle 10, sul lato di via Flavio Gioia, è stata deposta una corona sulla lapide che ricorda la partenza dei convogli dei deportati verso i campi nazisti dal settembre 1943 al febbraio 1945.

Alle 11, alla Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio nazista con forno crematorio in Italia, si è svolta la solenne cerimonia del Giorno della memoria che si aprirà con la deposizione di corone d’alloro da parte di Regione, Prefettura e Comune di Trieste e delle Associazioni e dei gruppi che partecipano alla commemorazione.
A seguire i discorsi ufficiali dei sindaci di Trieste e di Sgonico e i riti religiosi: cattolico, officiato dal vicario generale della diocesi Pier Emilio Salvadè; ebraico, dal rabbino capo Alexandre Meloni; e delle comunità evangeliche avventista, elvetica, luterana e metodista dal pastore Eliseo Testa.
«Continuano a serpeggiare tra di noi individui che consapevolmente raccolgono e fanno propria l'eredità insanguinata del nazifascismo, altri che esprimono comportamenti antisemiti o razzisti, e altri ancora che dimostrano acquiescenza o indifferenza di fronte a chi pratica o proclama l'intolleranza. Questo è un problema autentico e pressante, del quale le istituzioni devono farsi carico pienamente, assieme a tutti i presìdi della sicurezza e della formazione». Lo ha detto la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, intervenendo alla cerimonia alla Risiera. Secondo Serracchiani, «il rischio è una progressiva deriva, un arretramento forse lento ma costante dei confini di ciò che è accettabile moralmente, socialmente e temo anche politicamente. Di fronte a certi fenomeni aggressivi, le Istituzioni non sono neutre né terze: sono a tutti gli effetti le custodi severe dei principi di libertà, democrazia, uguaglianza e tolleranza che fondano la Repubblica e che incisi nella Costituzione devono fare scudo a ogni minaccia».
La Presidente ha quindi invitato a «interrogarsi seriamente su cosa si muova dentro le persone che, dopo il genocidio degli ebrei, dopo una strage di innocenti come quella compiuta dai nazisti e dai loro solerti collaboratori, oggi si radunano e letteralmente levano inni alla razza pura. Vogliamo capire - ha concluso - cosa ha guidato la mano degli infami che deturpano le targhe in memoria dell'Olocausto o che insozzano le pietre d'inciampo, com'è accaduto l'altro giorno a Livorno e a Milano».
«Tra queste mura la follia dell’uomo ha perso la pietà e straziato donne, uomini, giovani prevalentemente ebrei» ha detto il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. «Il terrorismo che continua a seminare morte e paura nel mondo - ha aggiunto - per molti aspetti è uguale al nazismo nella sua dimensione catastrofica, dove il mirino della morte è puntato verso coloro che sono ritenuti diversi. Questo terrore deve essere combattuto e noi abbiamo il dovere di farlo». «Come gli ebrei che sono circondati da una parte del mondo che, ancora oggi vorrebbe cancellarli - ha dichiarato - anche noi cristiani dobbiamo essere preparati e la reazione alla violenza, di chi fanatico in nome di una religione ha deciso di cancellare la nostra, non può essere pallida e timida». «La nostra città, dove sono state promulgate le leggi razziali e dove sono state straziate tante vite, ha saputo imparare dai propri tragici errori per riappropriarsi e tornare, come è e sempre è stata - ha concluso Dipiazza - luogo di incontro tra religioni, culture e esempio di pacifica convivenza e tolleranza nel rispetto delle nostre regole democratiche».
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