Giorgio Pasotti: mi piace la doppia natura di Trieste, popolare, concreta e con una coda imperiale

L’attore ha girato in città, a Muggia e Duino “Il silenzio dell’acqua”, la seconda stagione in tv a marzo.«Il mare conquista. Tra un ciak e l’altro mi tuffavo dalla spiaggia e in tre minuti tornavo sul set»

TRIESTE. «Sono ancora della vecchia scuola: mi piace il profumo della carta dei libri, mi piace toccarli, spostarli, tirarli fuori quando sono in viaggio. Anche i copioni me li faccio sempre stampare, odio leggerli sui tablet». Così Giorgio Pasotti è un lettore per lavoro, ma non solo. Quando i tempi del set glielo permettono, oltre a guardare e riguardare i film che ha amato, si fa sedurre da libri storici, anche di antiquariato.

L’agenda, però, è tiranna: in appena un anno e mezzo ha girato fra Trieste, Duino e Muggia due stagioni della serie “Il silenzio dell’acqua” (la seconda andrà in onda su Canale 5 a marzo, anche se la data non è ancora stata annunciata), ha girato il suo secondo film da regista, “Abbi fede”, che presto vedremo al cinema, ed è anche tornato sul palcoscenico.

Questa sera debutta a teatro a Chieti in “Hamlet”, una rivisitazione dell’“Amleto” di Shakespeare con la regia di Francesco Tavassi. «Anche se non ho molto tempo per leggere, per me il libro rimane un viaggio speciale della propria fantasia attraverso le parole di qualcun altro che non si conosce, che riesce a trasmetterti l’emozione, a portarti in luoghi che altrimenti non si avrebbe la possibilità di scoprire da soli nella propria mente».

Come sceglie un libro?

«Prendo spesso spunto da qualcosa che devo fare per lavoro, poi magari mi piace l’argomento e mi addentro di più. Mi piace capire i contesti sociali e storici. Ora sto leggendo molto sul Rinascimento perché sto lavorando a un progetto ambizioso: mi piacerebbe realizzare una serie televisiva sui capitani di ventura, una delle pagine storiche più importanti dell’Italia tra Medioevo e Rinascimento, ma poco sviluppato in termini cinematografici».

L’idea nasce da un suo interesse per quel periodo storico?

«Sì, ma anche da una coincidenza: qualche anno fa, in uno dei miei ritorni a Bergamo, ho scoperto che proprio nella mia città c’è la tomba di uno di questi capitano di ventura, il celebre Bartolomeo Colleoni. Mi sono innamorato completamente del suo personaggio e di quella pagina rinascimentale che avevo studiato a scuola».

Quali libri hanno formato il suo immaginario d’infanzia?

«A 13-14 anni ho letto “Dracula” di Bram Stoker. Il libro è più misterioso e spaventoso, di qualsiasi film dedicato alla figura di Dracula. L’ho letto in due sere, in piena notte, d’inverno. Ero a Bergamo, dove sono nato, fuori nevicava e fu un viaggio incredibile che mi tolse il fiato. L’ho vissuto quasi come qualcosa di proibito, tanto faceva paura».

E adesso che libri ha sul comodino?

«Ne ho diversi: “Ash - Una storia segreta” di Mary Gentle, “Signori e mercenari” di Michael Mallett, una sorta di libro sulla guerra in Italia durante il Rinascimento, e “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino. Di Sorrentino sono un fan che va al di là della stima che ho per lui come regista, trovo che sia geniale anche quando scrive o sceglie le musiche per i suoi film. Quindi, qualsiasi cosa fa, mi ispira la curiosità di leggerla, guardarla o ascoltarla».

Quando viveva a Trieste ha dichiarato di capire perché tanti letterati si sono fermati qui e hanno colto le sue suggestioni: cosa l’ha colpita della città?

«Di Trieste mi sono innamorato: appaga subito l’occhio appena si arriva, ma è solo standoci che si può apprezzare davvero la sua bellezza. È una città letteraria nel senso che lascia un ampio spazio all’immaginazione e ciò che avviene vivendoci, anche solo l’arrivo della bora, non fa altro che sorprenderti, affascinarti, darti degli stimoli artistici. Mi piace la sua doppia natura da un lato popolare, concreta, dall’altro aristocratica, con questa coda imperiale che si vede ancora nelle architetture, ma anche nei cittadini. È il connubio particolare di due mondi diametralmente opposti. E poi c’è il mare che si vive sempre: io stesso, quasi tra un ciak e l’altro, mi tuffavo dalla spiaggia e tornavo in tre minuti sul set a girare».

Cos’ha letto durante i lunghi mesi di riprese di “Il silenzio dell’acqua”?

«Lavoravamo dodici ore al giorno e la sera in albergo ero talmente stanco che non riuscivo a concentrarmi su niente. Ma ho letto il libro di Federico Baccomo “Anna sta mentendo”: amo il suo modo di descrivere in modo sintetico e nordico le cose, con ironia. Ho scritto insieme a lui diverse sceneggiature, tra le quali quella del mio nuovo film da regista, “Abbi fede”. “Anna sta mentendo” è la storia di due amici in un bar che iniziano a raccontarsi le esperienze reciproche approfondendo sempre più le loro storie d’amore. E poi ho letto “Open”, la biografia di André Agassi: non sono un appassionato di tennis, ma da sportivo capisco le difficoltà psicologiche che può scatenare fare sport ad alti livelli». Sta per iniziare la tournée di una nuova versione dell’“Amleto”: come si rapporta al testo originale? «Questa versione, scritta da Alessandro Angelini e Antonimo Prisco, è un “Amleto” molto riadattato alla contemporaneità e molto cinematografico, spettacolare, con momenti tecnologici all’avanguardia: una sorte di ponte tra il cinema e il teatro stesso. Il lavoro sul testo letterario originale però rimane fondamentale: Shakespeare è modernissimo, per questo è facile riadattarlo. Un po’ come la musica dei Beatles». 

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