Gianmaria Martini rimpatria «I Cesaroni sono la mia famiglia»

L’attore triestino torna nei panni di Corrado nella fortunata serie tv di Canale 5 e a teatro debutta in “Caligola”: «In scena non piango mai per finta»
Di Elisa Grando

C'è anche un giovane attore triestino nelle nuove puntate de "I Cesaroni": è Gianmaria Martini, 31 anni, che era già comparso nella serie tv di Canale 5 nel 2012 e che sta per tornare, sempre nei panni di Corrado, nella decima puntata della stagione in onda in questi giorni. È sul palco però che Gianmaria sta sfondando davvero, come uno dei migliori nuovi volti del panorama teatrale italiano. Ieri sera ha debuttato come protagonista nel "Caligola" diretto da Emanuele Conte, la nuova produzione del Teatro della Tosse di Genova: una sfida eccezionale per qualsiasi attore. Martini ha alle spalle una storia che, di per sé, potrebbe essere la trama di un film di rinascita esistenziale: da adolescente aveva iniziato una carriera da pilota automobilistico, ma a vent'anni un incidente l'ha allontanato per sempre dal volante. Solo allora ha scoperto il teatro. E dopo aver iniziato all'Accademia della Contrada con Francesco Macedonio, che rimane tutt'oggi il suo maestro (per lui ha interpretato anche Tiberio Mitri), è entrato alla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova e da lì l'ascesa è stata inarrestabile: è stato Puck in "Sogno di una notte di mezza estate" sempre col Teatro della Tosse, Tebaldo in "Romeo e Giulietta" con Riccardo Scamarcio e Calibano nella "Tempesta" entrambi diretti da Valerio Binasco, al cinema ha partecipato a "Diaz", "Romanzo di una strage" e "Vinodentro", nel 2013 ha ricevuto in Campidoglio l'Oscar dell'attor giovane e sarà nella prima regia di Stefano Accorsi, il cortometraggio "Io non ti conosco".

Gianmaria, perché rivedremo Corrado ne "I Cesaroni"?

«Corrado è figlio di Augusto, interpretato da Maurizio Mattioli: nella scorsa serie la trama si basava su un qui pro quo in cui si pensava che fosse figlio di Cesare (Antonello Fassari, ndr). Abita in America, ha aperto un ristorante e in seguito a problemi finanziari torna in Italia per chiedere un aiuto economico. Nella puntata avverrà il primo incontro dal vivo con suo padre».

È vero che sul set si respira la stessa aria di famiglia che vediamo sullo schermo?

«Sì: Amendola, Fassari e Mattioli sono persone molto semplici, sul set c'è un ambiente amichevole. Loro lavorano insieme ogni giorno, sono come compagni di scuola. Mattioli poi è un attore notevole, che improvvisa sul set come non ho mai visto fare nessuno. Inventa gag persino durante i ciak».

Com'è nata la sua passione per il teatro dopo anni sulle piste?

«Quando ho smesso di correre ho attraversato anni bui ma fertili. Mi sono inventato qualsiasi cosa: prima volevo fare il filosofo, poi l'inviato di guerra o lo scrittore. Essendo un pilota avevo un approccio nichilistico e superomistico, pensavo che gli artisti fossero gente che non aveva altro da fare. È stata la mia professoressa di inglese a scuola a farmi conoscere prima Baudelaire, poi "Il ritratto di Dorian Gray", che beccava tutte le mie problematiche esistenziali. Ma non ero mai andato a teatro, finché un'amica mi ha invitato al "Cyrano di Bergerac" in Sala Tripcovich. Sono uscito dicendo: ho capito, faccio l'attore. Esattamente come la prima volta sono sceso dal kart dicendo: voglio fare il pilota».

Ieri ha debuttato nel "Caligola", una vetta del teatro.

«Sì, soprattutto per me che ho finito l'accademia quattro anni fa. A livello teatrale forse sta succedendo tutto troppo rapidamente. Come attore comunque cerco sempre di non rappresentare un personaggio, ma di esserlo. In scena non piango mai per finta. Ho un approccio alla Strasberg, tiro fuori le emozioni veramente».

E non ha dimenticato i suoi inizi a Trieste…

«Ho iniziato con Macedonio, che per me è tuttora una guida. Quando è mancato ho sentito l'esigenza di tornare a Trieste e insegnare recitazione. Terrò un workshop alla Contrada a fine novembre».

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