Gianfranco Marrone spiega com’è faticoso essere pigri nel lockdown

«Poltrire è un’arte. E, come tutte le arti, prima che un plauso, esige un lungo periodo di apprendimento, un vero e proprio sforzo (fisico come intellettuale) per imparane le tecniche giuste, per gestire una vocazione pertinente. Pigri si nasce? Macché: piuttosto si diventa, se si ha la capacità di fiutare l’aria che tira, di insinuarsi nelle pieghe di un mondo in continuo divenire e, soprattutto, di lottare contro le sirene stakanoviste che inneggiano al lavoro come realizzazione di sé, all’azione come principio primo e fine ultimo dell’essere umano». Lo dice un’analisi condotta da Gianfranco Marrone, professore ordinario di Semiotica all’Università di Palermon nel libro «La fatica di essere pigri» (Raffaello Cortina Editore, pagg. 168, euro 14). Un testo che arriva in questa Fase 2 dopo il lockdown per la pandemia da coronavirus: un periodo storico che ci ha messi tutti a fare i conti con un tempo sospeso da declinare in tutti i suoi aspetti. «E in un periodo di ozio forzato qual è quello che abbiamo vissuto e dal quale stiamo lentamente uscendo – prosegue Marrone –, riuscire a essere pigri è ancora più difficile e straziante. Alla prova dei fatti, la gente non ce la fa, abituata com’è a un regime di vita dove occorre essere sempre presenti e prestanti, per cui lo stare obbligatoriamente in panciolle è vissuto come un incubo, una tortura cinese. La nostra, è stato detto, è una società della prestazione, una società nella quale è saltata ogni differenza fra impegni e svago, di modo che il tempo libero è ancora più affannoso, stancante, performante di quello del lavoro. Nella pausa pranzo dall’ufficio ci fiondiamo in palestra per misurarci coi nostri muscoli guizzanti. Terminate le fatiche del call center, torniamo ad allenarci per l’ennesima maratona. Poi andiamo al supermercato per la spesa d’ordinanza, e subito a casa per preparare l’immancabile cena gourmet, badando a non dimenticare le indicazioni della nutrizionista. Una lezione di tango chiude la giornata. Mai fermi, mai pigri. E allora ecco emergere una metafora. «La fatica di essere pigri, capiamo allora, è direttamente proporzionale a quella del vivere che le varie società e le diverse culture impongono agli individui: è una forza – osserva Marrone –che resiste a un’altra forza; un progetto personale di vita che contrasta l’organizzazione biopolitica della nostra esistenza», osserva il saggista. —
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