Galimberti: «I giovani di oggi soffrono il disagio due volte»

Il filosofo oggi a Gorizia ospite del festival AlienAzioni terrà una conferenza al teatro Verdi. L’inquietudine dell’adolescenza e del futuro

GORIZIA. È certo uno dei filosofi italiani più popolari, Umberto Galimberti, che oggi, alle 20.45, al teatro Verdi di Gorizia, è invitato dal festival AlienAzioni, per una conferenza dal titolo “Il disagio giovanile nell’età del nichilismo”. Ingresso libero.

Professor Galimberti, perché quella odierna è l’età del nichilismo?

«Per Nietzsche l’età del nichilismo è quella in cui manca lo scopo (e ai giovani il futuro è stato tolto, inutile negarlo), manca la risposta al perché ci si deve impegnare, dar da fare, e, infine, come terzo elemento, tutti i valori si svalutano. Mi pare che la sua costituisca una definizione perfetta del nostro tempo. Nietzsche credeva di venir capito dopo 50 anni. Noi per capirlo di anni ne abbiamo impiegati 150».

Si sta correndo ai ripari?

«Assolutamente no. La storia attuale non vede più l’uomo come soggetto della storia, perché il soggetto della storia è la tecnica e l’uomo della tecnica è diventato un funzionario. La tecnica non ha scopi, al di là del suo autopotenziamento: non ha in vista un miglioramento delle condizioni umane, uno scenario di salvezza, una produzione di senso. E la tecnica ha un funzionamento regolato da una razionalità rigorosa e semplice: raggiungere il massimo degli scopi con l’impiego minimo dei mezzi, che è poi la stessa logica del mercato. Ma il mercato almeno una passione umana ce l’ha, quella per il denaro, mentre la tecnica ne è completamente esonerata. Se consideriamo a questo punto che l’uomo, oltre alla parte razionale, ne ha una irrazionale e non si tratta di una parte non necessariamente negativa (il dolore, l’amore, il sogno, l’ideazione, l’immaginazione), si capisce quindi che tali elementi vanno esclusi, perché i valori della tecnica sono efficienza e produzione».

È vero, come si suol dire, che ogni età ha la propria pena?

«L’adolescenza è un’età inquieta. Durante questa fase si hanno il massimo delle pulsioni sessuali e aggressive, oltre al minimo del controllo razionale, perché i lobi frontali, che sono quelli della razionalità, arrivano alla maturazione intorno ai vent’anni. I giovani di oggi, però, non soffrono solo di una difficoltà psicologica comune a tutta l’adolescenza, ma anche di una dimensione culturale legata alla cultura del nostro tempo in rapporto al futuro. Quindi c’è una sofferenza doppia, con la seconda più grave della prima».

E per quanto riguarda le altre età della vita?

«La maturità mi pare che si svolga in una dimensione sostanzialmente di adattamento. La vecchiaia, che aumenta sempre di più grazie alle medicine che ci fanno vivere fino a cent’anni per farci vedere il degrado definitivo del nostro corpo, si consegna alla malinconia. In giro, non vedo gioia, non vedo entusiasmo».

Si sta meglio da giovani o da anziani?

«Ci sono anziani che stanno bene e giovani che stanno male, ma se i giovani si drogano è perché non vogliono vedere il futuro che sta loro davanti e quindi si emarginano».

Lei è più felice oggi o le era di più da ragazzo?

«Stavo decisamente meglio da giovane. Avevo il futuro davanti. Appena laureato, c’era un concorso, l’avevo vinto e a 24 anni mi sono trovato professore di ruolo al liceo. Oggi quando qualcuno si laurea in filosofia per prima cosa deve capire che la filosofia non la insegnerà mai». —

RE.CU.

Riproduzione riservata © Il Piccolo