Galiano e la storia di due ragazzi “diversi” come le molecole zuccone di Margherita Hack

Esce oggi il nuovo romanzo dello scrittore pordenonese “Dormi stanotte sul mio cuore” edito da Garzanti 
Faces being covered by jigsaw puzzle pieces
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la recensione



Non è facile parlare di “diversità” intesa come anticonformismo. Soprattutto quando a esprimerla sono dei protagonisti adolescenti, i ribelli per eccellenza. Ma appunto, nella maggior parte dei casi gli adolescenti sono tutti ribelli, perciò sono tutti abbastanza uguali. Il quinto libro di Enrico Galiano si addentra su questo tema, anche se all’apparenza potremmo pensare tutt’altro. Sì perché già il titolo, “Dormi stanotte sul mio cuore” (Garzanti, pagg. 368, euro 17), non pare poi così eversivo, potrebbe far pensare alla solita storia condita da ingenti spruzzate di romanticismo. Ma “Dormi stanotte sul mio cuore” è la chiusa di una poesia di D’Annunzio, un verso epico come D’Annunzio sapeva fare e il cui incipit suona così: “Rimani! Riposati accanto a me. Non andare”, dopo di che la poesia parla di qualcuno che prega qualcun altro di rimanere, senza avere paura. E la paura è al centro del libro. La paura, quell’emozione primaria in grado di formare anche un carattere. Così abbiamo la dodicenne Mia, che a un certo punto della sua vita viene colpita da afefobia, patologia per cui una persona non sopporta il contatto fisico. Nel caso di Mia la sensazione, se avviene il contatto, è simile a quella di una scottatura, proprio come quando tocchiamo una pentola bollente senza presina. Poi c’è Fede, un tredicenne fuggito dal Kossovo. Lui non parla, non emette suono ma non è muto, ha paura e ha imparato che il silenzio è la migliore protezione. Mia e Fede si incontreranno, ma saranno costretti a dividersi a causa di pregiudizi. L’autore a un certo punto ci fa credere che questi pregiudizi hanno ragione d’essere, la trama si fa addirittura gialla per poi sciogliersi e ricomplicarsi. Sono due “diversi” Mia e Fede, per ragioni differenti ma con un codice comune: un trauma. E perciò riescono a parlare senza parlare, si capiscono al volo perché i diversi, i veri diversi si riconoscono. Eppure, forse non sono loro i veri protagonisti, per quanto la storia narri le loro vicende in un arco di tempo lungo vent’anni, dal 2001 a oggi. Lo fa Mia, voce narrante di un’epoca intera, dal genocidio di Srebrebica alle Torri gemelle. Ma soprattutto lo fa Margherita, la terza protagonista del libro che altri non è che la signora delle stelle, Margherita Hack, qui nel ruolo di vecchia saggia e, a quanto pare, miglior riferimento per Mia. Certo viene taciuto il cognome della scienziata, ma solo quello, perché in tutto e per tutto possiamo riconoscere il carattere dell’astrofisica, espresso con la verve e l’accento toscano. Per ogni problema Mia corre da Margherita che ormai in pensione si dedica alle sue piante. Soprattutto Margherita ha un quaderno dove trascrive da sessant’anni le cose più strane che le è capitato di osservare e ogni storia cela un insegnamento che non è mai scontato. Quel quaderno è un vero scrigno di parabole, alla maniera Hack, cioè fuori dalle righe. Pure l’idea di “essere fuori dalle righe” o sentirsi strani ha il suo valore scientifico: «Se il mondo è fatto tutto di rette parallele – dice Margherita – gli strani sono la diagonale. Gli strani rimettono in moto la vita. La vita stessa è iniziata per colpa di un pugno di molecole testarde e zuccone che hanno voluto fare le strane». La diversità insomma non assume mai i connotati del ribellismo banale. Il romanzo permette di entrare negli anfratti dell’angoscia, di un’emotività lacerata e diversa che conosce solo due modi per reagire: fuggire e non farsi toccare – con il fisico e con la parola – senza credere questo sia un atteggiamento elettivo, anzi, tentando di raggiungere una qualche normalità, la stessa che insegna Margherita. Ma certo non è una normalità ordinaria, bensì il raggiungimento di un equilibrio che deve conservare le sue imperfezioni perché un certo tipo di anticonformismo «è il segreto per sopravvivere alla noia e alla mediocrità», così diceva Margherita Hack nella vita. Ma per farlo non bisogna avere paura, né di sé né degli altri. O come disse meglio D’Annunzio: “Rimani. Riposati. Non temere di nulla”. Eccolo il vero anticonformismo: riuscire a dormire sul cuore di un altro. —

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