Francesco Giuseppe, un uomo senza amici

TRIESTE Il 21 novembre 1916 alle 21.05 moriva Francesco Giuseppe I imperatore d'Austria e re d'Ungheria, mentre l'Europa era devastata dalla Grande guerra. A cent'anni dall'evento la Mgs Press propone "Francesco Giuseppe I-Testimonianze" a cura di Rosanna Crisci e Bernhard A. Macek (120 pagine, 16 euro), che sarà in libreria da domani, sabato 20 agosto.
Gli autori lavorano entrambi alla Hofburg: lei proveniente da Napoli con una laurea in archeologia e una specializzazione in gestione dei beni culturali; lui, viennese, gioca in casa ed è autore di varie pubblicazioni sugli Asburgo, in particolare su Carlo I e Giuseppe II.
I testimoni sono, in ordine di apparizione: l'educatrice, baronessa Louise von Sturmfeder; l'ignoto autore di un libretto pubblicato dalla St. Josef-Bücherbruderschaft nel 1917; l'aiutante di campo del giovane Francesco Giuseppe, Hugo von Weckbecker; il giornalista e scrittore Herman Kienzl; l'anonimo consigliere che ha frequentato l'imperatore negli ultimi anni; il parente reietto, Leopold Wölflin, nato Leopold Salvator Asburgo-Lorena; il ministro Alexander von Spitzmüller; la scandalosa Louise von Coburg; la nipote di Sissi Maria Louse von Wallersee, meglio conosciuta come Maria Larisch; i giornalisti Eugene Bagger e Carl Eduard Klopfer; il generale, di famiglia triestina, Alberto von Margutti, assistente dell'imperatore e, infine, il fedelissimo cameriere personale Eugen Ketterl.

Qual è l'immagine che esce da queste testimonianze? Un uomo dedito al dovere, profondamente conscio del suo ruolo. «Si preoccupava di essere considerato sempre e da tutti unicamente il sovrano» dice il consigliere rimasto anonimo, il quale sottolinea che «non aveva alcun amico».
Del resto era stato educato per essere re: la madre Sofia di Baviera aveva brigato tanto per quel ruolo, riuscendoci. Nel fatale 1848, quando l'intera Europa e l'Impero erano scossi dalla "primavera dei popoli" l'arciduchessa è, secondo Weckbecker, una «delle poche persone a corte ad avere una visione chiara ed energica»: bisognava dare al popolo ribelle un segno di cambiamento, e Sofia induce il cognato, l'imperatore Ferdinando I, gravemente malato di epilessia e mentalmente limitato, a dimettersi e convince il marito, Francesco Carlo, a rinunciare alla successione in favore del suo primogenito.
Così il diciottenne Francesco Giuseppe acquista un enorme Impero ma dà l'addio alla propria giovinezza. Era però dai sei anni che si allenava: basta leggere l'orario settimanale imposto al bambino Francesco Giuseppe, riportato a pagina 24 del libro, per capire che chi l'avesse seguito sarebbe rimasto segnato per la vita.
Lui vi si adeguò. È questo un aspetto, poco conosciuto, del suo carattere, che emerge dalle testimonianze: si adegua, ma non del tutto. Già alla nascita è puntuale: era prevista per il 18 agosto del 1830 e lui il 18 nasce alle 9.45 del mattino, stando al partecipe racconto della baronessa von Sturmfeder. Il suo arrivo fa tirare un sospiro di sollievo a Sofia, che aveva avuto parecchi aborti spontanei, e a Francesco Carlo.
Francesco Giuseppe durante il suo lungo regno si adegua a ben più complesse contingenze. Scrive Kienzl: «Da uomo d'onore manteneva sempre i patti. Ma appena le difficili situazioni gli permettevano di tirarsi indietro, sfruttava la gradita opportunità per dare spazio alla sua ereditata assoluta monarchia». È capace di decisioni dure come la repressione nel sangue della rivoluzione ungherese.
«Un vecchio sultano che ha fretta di aggiungere qualcosa ai suoi reami dopo che l'hanno sloggiato da Italia e Germania», lo definisce sprezzantemente Tomáš Garrigue Masaryk, il fondatore della Cecoslovacchia. Il suo senso del rango e dei doveri dinastici, sottolineati in modo caustico dal cugino Leopold, depongono per questo ritratto, come la frase: «Fin tanto che vivo nessuno deve immischiarsi nel governo».
Un assolutismo peraltro vissuto come servizio: Francesco Giuseppe lavora moltissimo, si alza all'alba, studia attentamente i dossier, ascolta le opinioni, ovviamente quelle che lui richiede. È cortese anche se mantiene le distanze ed è dotato di una eccellente memoria, secondo von Spitzmüller.

Ma com'era in privato? Lasciamo stare i giudizi estremamente critici di due famigliari: l'arciduca Leopold Salvator Asburgo-Lorena e Louise von Coburg, sorella dell'infelice Stefania, la moglie del principe ereditario Rodolfo. Il primo cacciato dalla corte perché convive more uxorio con una prostituta, che poi sposerà, da cui divorzierà e, non contento, sposerà un'altra prostituta. Anche se non fosse stato bacchettone, ma un po’ lo era, Francesco Giuseppe uno così non poteva tenerselo a Vienna.
La vivace Louise, pure lei cacciata dalla corte e dichiarata pazza, per le numerose relazioni intrecciate durante il suo infelice matrimonio, è invece perfida. E in una sua descrizione si coglie un aspetto curioso e inaspettato dell'Imperatore. Scrive Louise: «Le sue conversazioni in ambito familiare diffondevano un'atmosfera gelida ed erano di una fastidiosa pochezza: gli piaceva spettegolare e questo tipo di divertimento lo praticava nel salone della signora S. (cioè Katharina Schratt, amante e confidente di Francesco Giuseppe, ndr.). Lì era banale, lì si sentiva a casa».
Banale, freddo, formale, anafettivo, addirittura pettegolo? Il personaggio è più complesso. Certo ha ben chiaro il suo ruolo e raramente lascia trasparire le sue emozioni. Ma lo fa. Lo fa quando sceglie Elisabetta di Wittelsbach come sposa, contravvenendo ai desideri della madre. Elisabetta, che amerà per la vita, adeguandosi al suo carattere irrequieto, ma seguendone talvolta i consigli, ad esempio, sulla questione ungherese. Quando sarà assassinata, dirà: «Nulla mi è stato risparmiato su questa terra».

Lo fa quando perde la sua primogenita, Sofia. Un lutto che segnerà Sissi, che si sente in colpa per aver portato la figlioletta piccolissima in viaggio nell'Ungheria per sottrarla all'invadente suocera.
Lo fa alla partenza del fratello Massimiliano per il Messico, dopo avergli fatto firmare la rinuncia alla successione. A conclusione di questo drammatico incontro al Castello di Miramare, prima di salire sul treno, stando alla testimonianza di Eugene Bagger, compie un gesto inatteso: chiama il fratello e lo abbraccia a lungo. Non si rivedranno mai più. E lo piangerà, con qualche rimorso, dopo la fucilazione a Queretaro.
È avvolta nel segreto la sua reazione alla morte dell'erede al trono Rodolfo. Un evento terribile che minaccia di destabilizzare la monarchia per cui tutto viene nascosto, tutto viene taciuto. Dopo il probabile omicidio-suicidio di Rodolfo, Sissi vestì sempre di nero, Francesco Giuseppe «andò dalla signora S.» come sottolinea crudelmente Louise.
Neanche per Francesco Ferdinando, assassinato a Sarajevo, dimostra grande dolore. I due si detestavano perché avevano visioni politiche diverse: Francesco Ferdinando voleva una riforma dell'Impero in senso trialista, cioè aggiungendo gli slavi come “popolo costituente” a tedeschi e ungheresi. Del resto erano la metà dei popoli governati dagli Asburgo. Ciò gli attrasse l'odio degli ungheresi (ricambiato) e dei tedeschi. Inoltre il matrimonio con una nobile di secondo rango aveva disgustato il vecchio imperatore, che all'annuncio dell'attentato afferma: «Un potere superiore ha ristabilito l'ordine che io, purtroppo, non sono riuscito a preservare».
Ma non riuscì a preservare nemmeno la pace. Poterono di più le gerarchie militari, la nobiltà e l'improvvida benedizione del Kaiser Guglielmo. «Dunque è deciso» commentò Francesco Giuseppe a von Margutti quando venne deciso dal suo governo di inviare l'ultimatum a Belgrado. E si adeguò.
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