Francesca Tosi: «Dirigo le voci del Verdi»

La direttrice del coro del teatro lirico racconta un anno di lavoro a Trieste: «È una città crocevia»

TRIESTE. Pietrasanta, capoluogo della Versilia. Sapore di mare, spiagge e Capannina. Proprio in questa edulcorata cornice anni ‘60 è nata una stella della musica classica Italiana, Francesca Tosi, giovane pianista con Beethoven nel cuore, da oltre un anno direttrice del coro del Teatro Verdi di Trieste, dopo 14 anni a Nizza. Francesca Tosi è impegnata in questi giorni a dirigere il coro nella Lucia di Lammermoor, in scena al Verdi fino al 31 marzo per la regia di Giulio Ciabatti, direttore Fabrizio Maria Carminati.

Cosa ricorda delle sue estati versiliane?

«Ho bellissimi ricordi - risponde Francesca Tosi -, lunghe giornate in spiaggia ad ascoltare il juke box. Le serate a ballare in Capannina. Musiche anni 70, cantavo i pezzi di Canzonissima. Una mia cara zia, Maria, mancata da poco, mi regalò un mangiadischi. Ricordo che consumai i 45 giri dei Beatles».

Poi l’incontro con la musica classica.

«I miei genitori mi portarono a Torre del lago a sentire Tosca. Le note della musica pucciniana e i profumi della Versilia mi ammaliarono».

In questi giorni va in scena al Verdi la Lucia di Lammermoor. Quale atmosfera attende lo spettatore?

«Una desolata e notturna landa nella Scozia del 1810. I personaggi camminano su pietre grigie e taglienti, a evocare le ferite aperte dalla lama che dilania i sentimenti».

Cosa caratterizza questo allestimento?

«Si alternano due cast di giovani e bravi cantanti. Al coro sono dedicate pagine tra le più belle del repertorio italiano ottocentesco. Inoltre il maestro Carminati propone la prima versione integrale senza alcun taglio. Una rarità da non perdere».

Com ’è il bilancio di questo primo a Trieste?

«Molto positivo. Sento che è una fase di passaggio. Mi piacerebbe ricollegarmi idealmente alla Trieste, crocevia di culture, di cui ho sentito parlare».

Quali momenti ricorda con particolare gioia?

«Direi due. A luglio ho diretto coro e orchestra nel “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn. Un’alternanza musica testo frutto della collaborazione con il Rossetti. E poi l’Evgenij Onegin. Abbiamo imparato a leggere il russo e il coro ha fatto una bella prestazione».

Da solista di pianoforte a direttrice di coro. Un’altra opera o il secondo atto della stessa?

«È proprio un’altra cosa. Unico aspetto in comune, bisogna “interpretare” la musica».

Lei canta a casa?

«Si, le parti dei solisti che precedono gli interventi del coro. Poi suono il pianoforte. Il mio boxer, Giotto, sta ad ascoltare».

Come si avvicinano i bambini alla musica classica?

«Facendo sentire loro la musica senza spiegarla. Magari Mozart, la cui immediatezza libera da sovrastrutture piace sempre. E poi chiedendo a cosa hanno pensato».

Quali le cause della scarsa presenza dei giovani a teatro?

«In realtà i concerti alla Royal Albert Hall sono pieni di giovani. Ma lì si va solo ad ascoltare musica. In Italia invece il teatro è uno status simbol della tua appartenenza sociale. Una visione elitaria della cultura».

A proposito di cultura, siamo liberi di conoscere?

«Dobbiamo. L’essere umano è fatto per conoscere. La conoscenza è coscienza delle cose, di se stessi. Ci rende esposti alla sofferenza ma ci eleva. Certo, oggigiorno siamo “commercialmente utilizzabili”, quindi forse meno liberi».

La bacchetta è usata da direttori e “maghi”.

«I bambini mi hanno detto che ho la bacchetta di Harry Potter. In realtà è molto utile in quanto evidenzia il movimento, rendendolo visibile anche agli artisti più lontani. Poi si crea davvero un legame magico tra chi dirige e chi è diretto».

Libro sul comodino?

«”Un silenzio cantato” di Stefano Crise. Sulla hausmusik».

Negli anni ‘80 ,il Coro del Verdi fu un trampolino di lancio per l’allora direttore, Andrea Giorgi, verso l’Opera di Parigi.

«A me piacerebbe un’altra esperienza all’estero. Dalla finestra del mio ufficio vedo il molo Audace. Sembra la pista di un aeroporto. Spero che un giorno mi porti a Vienna come direttrice d’orchestra».

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