“Fireball”, con Herzog un viaggio per immagini a caccia di meteoriti

C’è un solo cineasta al mondo in grado di dare dignità artistica alle riprese di un drone, uno solo che può legittimare la presenza della (sua) voce “over” narrante e collezionare interviste da inserire nel format del documentario senza per questo perdere la patente di “Autore” (e nel suo caso la maiuscola è d’obbligo). Esiste un solo uomo in grado di riprendere la vastità della Natura, la sua inarrestabile potenza, la consistenza palpabile della materia e inserirla come elemento centrale all’interno di un dialogo sempre aperto con la scienza, la fede e il mistero: il suo nome è Werner Herzog. A quattro anni da “Dentro l’inferno”, viaggio nelle profondità dei vulcani della Terra ancora disponibile all’interno dell’offerta “Netflix”, e a pochissimi mesi dall’uscita della docu-intervista “Herzog incontra Gorbaciov” e “Nomad”, incentrato sulla figura dello scrittore di viaggio Bruce Chatwin, il Maestro del Nuovo Cinema Tedesco, autore dei fondamentali Fitzacarraldo, Aguirre, Nosferatu e una sequela infinita di indimenticabili documentari, ci porta stavolta a caccia di meteoriti, alla scoperta dei cambiamenti che il nostro pianeta ha subito nel corso dei millenni in seguito all’impatto con il materiale extra-terrestre e il modo in cui questi fenomeni hanno influenzato le nostre credenze.

Accompagnato dal vulcanologo Clive Oppenheimer, Herzog ci conduce alla scoperta delle più accreditate teorie scientifiche in un appassionante e avventuroso viaggio, fisico e spirituale, che attraversa il tempo e lo spazio, le ere geologiche e i continenti. Attraversando l’intero globo, dallo Yucatan alla Mecca, da Oslo all’Antartide, egli rimarca le differenze tra il documentario sulla Natura e il grande cinema. Divulgativo ma non didattico, impreziosito della consueta, arguta, caustica ironia, “Fireball” travolge in una vertigine di immagini sontuose che si intrecciano con i più profondi interrogativi dell’uomo. —





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