Fine del mondo in parallelo tra l’Apocalisse di Dürer e la nostra catastrofe climatica

Nel saggio illustrato dello storico serbo-triestino Bojan Mitrović “Ecocalypse” una riflessione sul cambiamento odierno in dialogo col pittore rinascimentale

Giovanni Tomasin
Una illustrazione di Bojan Mitrović
Una illustrazione di Bojan Mitrović

Nei secoli ormai da molto tramontati dell’Europa capitava che qualcuno, cogliendo i segni del suo incombere, si prodigasse per avvisare il prossimo suo dell’apocalisse vicina. Il referente inevitabile a cui rivolgersi per capirci qualcosa, ai tempi, erano San Giovanni e la sua Rivelazione. Ai contemporanei nostri capita la situazione balzana di poter constatare da più parti quelli che sembrano davvero segnali della Fine, senza più alcun rassicurante interlocutore ultraterreno a cui fare riferimento.

È nel tentativo di porre rimedio a questa nostra scalogna escatologica che Bojan Mitrović, serbo-triestino, di formazione storico della prima età moderna nell’Europa orientale, ha realizzato il saggio illustrato “Ecocalypse”. Nell’alternarsi di testo e immagine in bianco e nero, l’autore conduce una lunga riflessione a partire – per così dire – dall’insostenibile oggettività del cambiamento climatico, e della portata che le sue conseguenze potrebbero avere sulle nostre esistenze. In assenza di sensibilità apocalittica, il nostro tempo il più delle volte preferisce soprassedere. Ecco quindi che Mitrović si sceglie un Virgilio per questa discesa nella fine dei tempi, che fin dalla prima illustrazione gli chiede: “Warum ich?”, perché io. Si tratta di Albrecht Dürer, il visionario pittore tedesco dell’età rinascimentale. A questo gigante degli inizi della modernità l’autore si avvicina con rispetto, provando a spiegargli cosa stia succedendo in questo nostro mondo al tramonto. Anche perché il sospetto viene, nel leggere le pagine in cui Mitrović descrive l’impatto della società industriale sull’ecosistema, che il secolo terribile di Dürer – fra Quattro e Cinquecento – abbia molto da dire al nostro. L’autore lo mette in pratica ricorrendo al Machiavelli – biasimerò qualunque, fidandosi delle fortezze, stimerà poco essere odiato da' populi – per riflettere sulla frenesia da bunker dell’apocalisse che dopo aver spopolato in certi ambiti paranoici della società americana si estende ora ai miliardari. A tal proposito dice Mitrović al suo interlocutore: “Venendo tu dagli inizi del sedicesimo secolo, immagino non saresti molto sorpreso dalle differenze di ricchezza che esistono oggi”. Seguendo una buona prassi della storia, dovendo indagare un fenomeno tanto ampio l’autore ne considera i più diversi aspetti, leggendo il mutamento climatico alla luce delle fratture interne alla società che lo produce. Il punto spaesante è per lui chiedersi cosa si debba fare, a questo punto della storia, noialtri che non si dispone del bunker. Nel farlo spazia dalle carestie ucraine negli anni staliniani alle proteste No Vax di Trieste.

Inevitabile sia impietosa la riflessione sulle classi dirigenti. Mitrović rievoca i “sonnambuli”, gli statisti che portarono alla catastrofe della Grande guerra e alla fine del piccolo mondo antico centroeuropeo, e per la propria esperienza personale traccia un parallelo con un altro tracollo, quello della Jugoslavia. In un certo senso, almeno in parte, un altro piccolo mondo antico centroeuropeo. Scrivendo in una decade in cui il mondo non ha visto mancare all’appello nessuno dei cavalieri dell’apocalisse, l’autore teme che anche il nostro tempo possa diventare un “mondo di ieri” attraverso la strettoia della Guerra.

Il graphic essay è arricchito dalle riproduzioni delle illustrazioni dell’Apocalisse di Dürer, che il curatore della casa-museo di Norimberga, Ludwig Sichelstiel, ha fornito a Mitrović per l’occasione. Il volume (25 euro) è in lingua inglese e disponibile nelle librerie Minerva e Lovat. —

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