Finale con il sorriso per il “Deserto”

«Il “Deserto dei Tartari”, un romanzo a lieto fine». Già leggendo il titolo del saggio, gli studiosi di Dino Buzzati avranno fatto un salto sulla sedia. E sì, perché il capolavoro dello scrittore bellunese di San Pellegrino è sempre stato letto come una potente metafora della vita. Nutrita, giorno per giorno, da illusioni, ma poi costretta a piegarsi all’evidenza di un finale poco glorioso. Quello che porta alla sconfitta, alla morte.
E invece no. Lucia Bellaspiga non si rassegna a una lettura così cupa. Del resto, la giornalista milanese del quotidiano “Avvenire” ha già provato a scardinare la figura di Buzzati non credente, laico, con un’educazione sì cattolica, ma messa molto presto in discussione, in un saggio uscito nel 2006 e intitolato “Dio che non esisti ti prego”.
Adesso, va all’assalto del “Deserto” nel libro pubblicato da Ancora (pagg. 111, euro 13). Aggrappandosi al testo. Che, in effetti, comincia e finisce con un sorriso di Giovanni Drogo. E che, secondo lei, apre uno spiraglio alla speranza, non alla rassegnazione.
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