Filippo Rubini: «Il mio Dracula è come una malattia mortale»

Condividere la passione per la letteratura può ancora oggi portare a realizzare dei progetti appassionanti, come la messa in scena di uno spettacolo. È nato così “Dracula”, che oggi e domani sarà presentato al Rossetti da Sergio Rubini, interprete, regista e curatore dell’adattamento. «Questo spettacolo nasce da un progetto più ampio che ho intrapreso con Carla Cavalluzzi e che ha già all’attivo un altro grande titolo come Delitto e Castigo», spiega l’attore, in scena con Luigi Lo Cascio.
Come avete scelto il romanzo di Bram Stoker?
«Io vivo il teatro come un luogo di sperimentazione e di ricerca, in cui è possibile affrontare i grandi classici. La mia passione è quella di smontare un romanzo, rimaneggiandolo, mettendomi in gioco. In questo caso mi sono reso conto di quanto sia vasto il testo di Stoker ma ho anche la certezza che siano davvero in pochi coloro che lo hanno davvero letto. La maggior parte ha visto dei film tratti dal romanzo o ne conoscono semplicemente delle parti. Quasi tutti sono convinti che il protagonista sia Dracula quando nella storia è semplicemente il grande assente».
In che modo ha interpretato la vicenda?
«Finora sono stati adottati diversi percorsi. Io non ero interessato ai denti aguzzi, ai crocefissi o alle corone d’aglio. Per me Dracula è un personaggio laico. È una malattia mortale che punge un individuo e ne sconvolge la vita, non solo la sua, ma anche quella di chi gli sta vicino. Jonathan Harker, da giovane immobiliarista diventa un mozzatore di teste, un uomo spietato con tanto di pelo sullo stomaco. Mina, che è la donna punta dalla malattia, cambia a sua volta mettendo alla prova anche la loro vita di coppia e la forza del loro amore».
In questo spettacolo Harker sarà interpretato da Luigi Lo Cascio, come mai ha pensato a lui?
«Ci conosciamo da anni, abbiamo fatto un film insieme, siamo amici, condividiamo la provenienza dal sud, lo studio nell’accademia d’arte drammatica e la passione per la letteratura. Lui è anche uno scrittore, ma è un attore strepitoso e interpreta il prototipo dell’eroe romantico in modo magnifico».
Perchè siamo ancora oggi affascinati da figure oscure come quella di Dracula?
«Dracula è una malattia mortale, rappresenta il buio, la morte ma è al tempo stesso uno straniero. Basta guardarci intorno per capire che questi elementi ancora oggi mettono in difficoltà molte persone. Dracula ci entra dentro, lo viviamo come una figura con la quale abbiamo familiarità ma mantiene sempre la sua estraneità. Arriva prima di Freud, quindi ci parla di una paura in un modo rozzo. La scienza cercava di dare delle risposte a delle cose che ancora non conosceva, siamo nella preistoria della psicanalisi in cui al posto degli psicanalisti c’erano gli stregoni».
Attore e regista, qual è l’insegnamento più prezioso che ha ricevuto nella sua carriera?
«Non ritenersi mai dei professionisti. Restare sempre artigiani, non cullarsi su troppe certezze. Questo mestiere si fa basandosi sulle passioni, mantenendo viva l’amatorialità a dispetto della professionalità».
Cosa si aspetta da Trieste?
«Il sapore mitteleuropeo che la contraddistingue. Per uno del sud, come me, venire a Trieste è un po’ come andare dall’altra parte del mondo». —
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