Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste, il Messico fa incetta di premi: vince “Estación Catorce” il dolore visto da un bambino

Il Premio Speciale della Giuria è andato al peruviano

“Samichay, en busca de la Felicidad” di Mauricio Franco

Federica Gregori

TRIESTE Sarà per la delicatezza del racconto o per aver toccato, partendo dal particolare, tematiche comunque universali, è il Messico il trionfatore del 37º Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste, assestando una doppietta secca nelle più importanti sezioni competitive. Alla cerimonia di premiazione di ieri sera al Teatro Miela ha fatto man bassa conquistando il premio al miglior film sia nel Concorso ufficiale che in Contemporanea Concorso. Il Paese di Guillermo Del Toro, Alejandro Iñárritu, Alfonso Cuarón, tra i massimi autori a livello internazionale, si conferma così terra di talenti cinematografici, spartendosi la maggior parte dei premi con l'Argentina, che si assicura la miglior regia (Néstor Mazzini) e i migliori interpreti (Marilù Marini e Julio Chávez). Ma il festival triestino non ha mancato di riconoscere anche ad altre cinematografie, Perù in testa, exploit significativi, gratificandone talenti, poesia e qualità. Il pubblico ha poi incoronato il film cileno "Neruda fugitivo", sull'esilio del poeta in Argentina dopo il famoso "Yo acuso", il discorso da senatore a Santiago contro Videla raccontato dal nipote, Manuel Basoalto.

Il miglior film del Concorso ufficiale è firmato da una mano femminile e scelto dalla giuria capitanata da un'altra donna, l'attrice Diana Bracho: "Estación Catorce" della 60enne regista di Città del Messico Diana Cardozo ha conquistato i giurati «per aver toccato - recita la motivazione - una questione dolorosa attraverso gli occhi di un bambino che affronta la difficile realtà di un ambiente di privazione e crescita; e per aver creato con quella storia di disperazione un film luminoso e accattivante di impeccabile fattura». La regista mantiene infatti la purezza di sguardo del 7enne Luis dalla violenza iniziale che irrompe nel suo villaggio, per poi far sottilmente emergere una narrazione incentrata sul rapporto col padre.

In Contemporanea Concorso sono ancora del Messico il miglior film, "499" di Rodrigo Reyes, e la miglior sceneggiatura, "Hasta el fin de los tiempos" di Alejandro Molina. "499", un documentario che si interroga sull'eredità di Cortez quasi cinque secoli dopo, in una meditazione cinematografica sulla violenza che vibra ancora nel Paese nordamericano, ha colpito la giuria perché «riesce a coniugare l'attualità e la storia con un linguaggio espressivo che invita e provoca la riflessione»; il secondo costruisce «un linguaggio contemporaneo e quotidiano, efficace, con un finale inatteso».

Tornando al Concorso ufficiale, il premio speciale della giuria è andato a un film peruviano, "Samichay, en busca de la Felicidad" di Mauricio Franco, lavoro «poetico e di enorme bellezza che ricrea l'universo quechua e i suoi paesaggi desolati, con una storia di impotenza racchiusa nella speranza e nell'amore di un uomo per il suo unico bene: la sua mucca»; a quest'opera anche il premio Ital-Iber al miglior film. L'Argentina ottiene la miglior regia, andata a Néstor Mazzini per "Cuando oscurece", per «la direzione impeccabile degli attori e una gestione di spazi e tempi risolta con fantasia ed efficienza», e il miglior interprete, vinto dalla coppia Marilú Marini - Julio Chávez, protagonisti di "Cuando la miro": insieme, Marilù e Julio creano «con grande talento un sottile, commovente, profondo dialogo madre-figlio».

Riproduzione riservata © Il Piccolo