Eugenio Cefis era quello? Vita oscura di un burattinaio in un pezzo di storia d’Italia

Nel centenario della nascita Paolo Morando ricostruisce  la sua lotta per il potere e i rapporti con politica e servizi
Roberto Carnero

recensione



La figura di Eugenio Cefis (nato a Cividale il 21 luglio 1921 e morto a Lugano 25 maggio 2004) con le ombre misteriose che la circondano rappresenta uno dei grande misteri italiani del secondo Novecento. Vicepresidente dell’Eni a partire dal 1962, ne diventa presidente nel 1967, per poi passare con lo stesso ruolo, dal 1971 al 1977, alla Montedison. Durante quest'ultimo periodo Cefis porta l’azienda a occupare una posizione di predominio nel panorama industriale italiano, divenendo proprietario di un impero economico che lo mise al centro di diverse inchieste giornalistiche. Per il suo ruolo nella loggia massonica P2 e i sospetti avanzati dal giornalista Mauro De Mauro su un suo coinvolgimento nell’attentato aereo a Enrico Mattei (27 ottobre 1962 a Bascapè, in provincia di Pavia), Cefis è uno dei personaggi più controversi dell’ambiente imprenditoriale italiano della Prima Repubblica.

Ma chi era davvero Cefis? Nell'aprile del 1972 usciva con l’Ami (Agenzia Milano Informazioni) un volume intitolato "Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente". Il frontespizio del volume recava come autore Giorgio Steimetz, pseudonimo dietro il quale si celerebbe il giornalista Corrado Ragozzino o forse, secondo altri, il senatore democristiano Graziano Verzotto, capo delle pubbliche relazioni Eni in Sicilia e amico personale di Mattei, o ancora Luigi Castoldi, un ex partigiano della formazione Di Dio operativa in Val d'Ossola, di cui fu comandante proprio Cefis (quest'ultima è l'ipotesi formulata di recente da Riccardo Antoniani in uno studio ancora inedito).

In quelle pagine Cefis veniva descritto come un nemico che tramava nell’ombra per ottenere la presidenza dell’Eni e neutralizzare la politica fortemente indipendente di Mattei e veniva dipinto un inquietante intreccio tra politica, criminalità e affari. Quel libro - da cui Pier Paolo Pasolini trasse diversi spunti per la stesura del suo romanzo "Petrolio", rimasto incompiuto in seguito all'assassinio dell'autore nel '75 - fu subito ritirato dal mercato e da tutte le biblioteche italiane, sparendo completamente dalla circolazione, fino al 2010, quando è stato meritoriamente ripubblicato dalla casa editrice Effigie (con una introduzione di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti).

In base a quanto scritto in quel pamphlet, Cefis avrebbe agito come rappresentante di poteri che volevano ricondurre la politica energetica italiana nell'orbita atlantica, con un comportamento coerente con i dettami delle multinazionali petrolifere. Ma siamo davvero sicuri che - per parafrasare il titolo di quel libro - "Cefis fosse quello"?

In occasione del centenario della nascita, giunge ora in libreria un ritratto a tutto tondo, equilibrato e aggiornato, della figura di Cefis, a firma di Paolo Morando: "Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri" (Laterza, pp. 376, euro 20). Scavando nella "leggenda nera" di Cefis, e anche nei fatti a cui abbiamo fatto riferimento sopra, l'autore chiarisce tutta una serie di passaggi della vita di Cefis - la sua lotta per il potere, i rapporti con la politica e con i servizi segreti, il ruolo nell'economia italiana - finora rimasti oscuri. Lo fa senza sconti, ma anche senza alimentare scandalisticamente accuse infondate o che, a distanza di tanti anni, difficilmente potrebbero essere provate. Dunque chi cercasse scoop o prove definitive rimarrebbe deluso. Ma il libro, basato su una solida documentazione, ha un pregio indiscutibile: raccontando Cefis, Morando racconta l'Italia degli anni in cui è vissuto e ha operato. E lo fa in maniera suggestiva e avvincente. —

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