èStoria, spie e ragazzi d’oggi tra i “Giovani” di Gorizia

Fino a domenica più di cento incontri per l’undicesima edizione del festival. Il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Un’occasione unica di riflessione sulle criticità del presente e per mettere a punto nuovi modelli educativi»

GORIZIA. La storia la fanno i “Giovani”. O almeno sono loro, i giovani, i primi a dover affrontare e risolvere le “criticità del presente”, gli eventi che appunto fanno la storia.

È per questo che ieri mattina, primo giorno dell’undicesima edizione di èStoria a Gorizia, il telegramma di saluto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato il carattere formativo ed educativo del fare e leggere gli eventi del passato: un festival dedicato ai giovani, ha detto Mattarella, «rappresenta una preziosa occasione di riflessione sulle criticità del nostro presente con l’obiettivo di declinare il tema dell’identità giovanile e dei modelli educativi».

«Alla didattica della storia - prosegue nel suo messaggio il Capo dello Stato - va riconosciuto il compito fondamentale di realizzare una narrazione aperta, attenta al multiculturalismo della nostra società, che sappia contribuire alla costruzione di una identità universale fondata al tempo stesso sul riconoscimento di sé e degli altri, recuperando spazi di iniziativa e di apprendimento critico».

Via libera dunque alla nuova edizione di èStoria, che dopo evento inaugurale in serata con la proiezione del documentario “Camera mia” di Alessandro Piva (il regista ne ha discusso con Matteo Oleotto e John Vignola), film su gusti, tendenze, sensibilità e memorie di ragazzi intervistati oltre che in Italia, in Azerbaijan, Tunisia, Turchia, Montenegro, Albania e Giappone, oggi entra nel pieno dei quattro giorni non-stop in cui Gorizia sarà animata da oltre cento eventi tra convegni, presentazioni, dialoghi, mostre, proiezioni di film, laboratori e altre iniziative, in una serie di location che occupano buona parte della città.

Come l’incontro “1945. Finisce la guerra”, oggi, alle 15.30, alla Tenda Erodoto nei Giardini Pubblici, un’esame sugli eventi a ridosso della fine della Seconda guerra mondiale, con Gerhard Hirschfeld, Chris McNab e Gianluca Berneschi, che parlerà del suo libro “L’inglese che viaggiò con il re e Badoglio” (Libreria Editrice Goriziana, pagg. 281, Euro 24,00) saggio dove si narra una vicenda poco nota dell’agente speciale Dick Mallaby, uno 007 ante litteram, e rinvia alla trae spionistiche della tormentata Trieste del scondo conflitto mondiale.

Era giovane, l’agente Dick Mallaby, quando nel settembre del ’43 salì a bordo delal nave corvetta “Baionetta”, che portava a Brindisi il re Vittorio Emanuele III e Badoglio in ritirata strategica dopo l’armistizio. Mallaby ci racconta Barneschi, era uno degli agenti di punta del segretissimo Soe, Special Operations Executive, alla cui imprese si ispirò Ian Fleming nella creazione di James Bond. Fu Mallaby uno dei principali fautori delle trattative dell’agosto-settembre 1943 fra italiani e Alleati, accompagnando il re e Badoglio lontano da Roma, e fu sempre Mallaby, nel febbraio 1945, a convincere il capo delle Ss in Italia Karl Wolff e intraprendere le rischiose trattative segrete per la resa concordata dai tedeschi agli anglo-americani.

E se Mallaby era giovane e attraente, giovane era anche l’agente 900, noto come “Kelly”, che operava a Trieste e che in realtà si chiamava Almerigotti, era un giornalista del “Il Piccolo” ed era un «doppiogiochista italiano», nota l’autore, che il Sim, il Servizio informazioni militare era riuscito a infiltrare nel Soe senza che gli inglesi se ne rendessero minimamente conto, al punto da considerarlo uno dei loro migliori agenti.

E di guerra, in particolare di prima guerra mondiale, si parlerà molto durante le quattro giornate di Gorizia, con uno sguardo sempre più puntato sulle storie minori, le storie dei piccoli protagonisti che hanno fatto la grande storia. Oggi, nell’incontro intitolato “Ma la divisa di un altro colore”, Giulia Caccamo e Pietro Neglie realizzeranno un affresco a più voci che dal primo conflitto mondiale arriva fino al secondo, incrociando le storie e i destini dell’elettricista romano Carlo e del contadino friulano Antonio. Uno dei tanti sguardi possibili sulla quotidianità di quei giovani che hanno fatto la Storia.

p_spirito

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo