Erica Jong: "Le mie donne hanno imparato a volare, anche a letto"
Morta una scrittrice erotica se ne fa un’altra, pare dirci l’editoria da secoli. In quanto a scrittura erotica e gentil sesso i fenomeni paiono ripetersi. I lettori hanno applaudito alle “Cinquanta sfumature di grigio” della James, prodigio che ha lasciato uno strascico imitato anche dalla nostrana Irene Cao. A dir la verità prima di loro c’era già stato un godibile archetipo con Carrie Bradshow, l’eroina del piccolo schermo che oltre alle favolose scarpe sapeva calzare anche storielle erotiche senza impegno. Retrocedendo di pochi anni incrociamo i turbolenti colpi di spazzola di Melissa P. E poi Almudena Grandes, Lidia Ravera, Pauline Réage, Anaïs Nin, Colette, George Sand. Insomma quello che si vuole sempre accogliere come evoluto fenomeno sociologico – apice di parità e emancipazione – è faccenda piuttosto vecchia. Le donne, a quanto pare, hanno sempre parlato di sesso e senza troppe incertezze. Lo fanno dai tempi di Saffo. Figuriamoci. Addirittura con gli audaci scalpori delle poetesse. Pochi conosceranno la frizzante Louise Labér e i suoi bollenti autoritratti: “Non condannatemi, donne cortesi”, scriveva “per l’ardore con cui tutta bruciai”, un verso garbato per scusarsi degli innumerevoli orgasmi. Ed eravamo solo nel 1500. O ancora la più sfacciata Elizabeth Barret che nella romantica Inghilterra non inneggiava certo a balli in carrozza ma a ben altri banchetti. E per risalire al ’900 basti citare le piccanti quartine di Patrizia Valduga. Se non leggete poesia planate tra le scrittrici in rosso recuperabili pure in edicola, nelle collane Harmony e nei loro spot “Extra Passion”. Un nome per tutti: Sylvia Day.
Il punto però è un altro. Con poche battute l’ha immortalato Lidia Ravera, la celebre autrice di “Porci con le ali” e che ora sigla la prefazione della riedizione di un classico: “Paura di volare” di Erica Jong, un vero e proprio manuale di libertà, più che di erotismo, riedito da Bompiani a quarant’anni dalla prima edizione americana (1973). Il punto, come osserva Ravera, è che rispetto Jong le eroticissime scrittrici contemporanee «non raccontano la vittoria di una donna su se stessa, la sua conquista del desiderio, della libertà di sperimentare, raccontano il piacere di soccombere, la voluttà dell’obbedienza, lo strapotere del maschio miliardario e sadico».
E anche qui, a parte rare eccezioni, la storia si ripete sempre uguale, con un lieve peggioramento nel terzo millennio a osservare il successo dei best-seller che celebrano la femmina soggiogata, con romanticismo, per carità, ma pur sempre vinta dal suo idillio di fiori d’arancio condito con qualche frustata.
Erica Jong è stata una delle eccezioni, complice una città come New York e un’epoca come gli anni ’70. E il coraggio, naturalmente, senza false compiacenze verso se stessa e il sesso forte. Soprattutto “Paura di volare” è un libro letterario, non a caso fu caldeggiato da mostri sacri come Henry Miller che lo riteneva l’equivalente femminile di “Tropico del cancro” o John Updike, quello di “Coppie” per intenderci. Nessuno come Updike ha messo alla gogna l’intricata rete di adulteri della middle class. Per dire che, appunto, teniamo le penne ferme e non confondiamo una Jong con una James, una Nin con una Day. Le prime hanno fatto la storia della letteratura, le seconde sono prodotti usa e getta, dello stesso spessore di una canzonetta per l’estate, manualiste erotiche al servizio di donne soddisfatte nel lavoro e insoddisfatte a letto senza capire perché.
La colpa, se ce n’è una, è dell’editoria che fa passare James o Cao per letteratura e sembra avere gioco facile perché, come scrisse Sylvia Plath, forse è vero che alle donne piacciono i fascisti: «In genere ciò accade in giovane età – ci dice Jong, in questi giorni in Italia per la Milanesiana – ma è un gradimento che si perde con la maturità». Secondo Jong inoltre, rispetto a quarant’anni fa «le donne bramano sempre l’amore, ma al di fuori del matrimonio, oggi hanno molte più chance».
È vero che ci sono più unioni di fatto che riti civili, però i sogni femminili rimangono gli stessi: dopo i 30 scatta l’ossessione di figli, famiglia e stabilità. Ma, signore mie, se invece volete iniziare un vero viaggio sulla libertà – al pari della Marchesa de Merteuil – passando anche attraverso le contraddizioni e i sensi di colpa verticali, buttate via la vostra minibiblioteca da fruste e manette. James o Cao non vi diranno mai perché nonostante siate sposate da vent’anni e innamorate di vostro marito, avete la tentazione di farvi sedurre da un altro uomo. Non vi insegneranno mai a fare quello che, con tutta probabilità, vostro marito fa da vent’anni senza sensi di colpa. Vi danno solo una pacca sulla spalla e un buffetto sulla guancia: “Ecco” dice James “la tua vita è piatta come la pianura del Pantanal, sogna un po’ questo sogno”. E giù con chimere da diavolo in corpo, possibilmente da fantasticare durante una riunione di lavoro o in cucina. Magra consolazione.
«Non penso che alle donne interessino davvero le “Cinquanta sfumature di grigio”. Quello che vogliono è libertà ed essere prese seriamente come persone», suggerisce Jong. La libertà, al pari della letteratura, non prevede scorciatoie. E la letteratura, come pretende l’arte, ha bisogno di talento. Ha bisogno di una Isadora Wing, la protagonista di “Paura di volare” che con ironia, profondità e invenzione linguistica ci dice perché, in fondo, è piuttosto naturale, nonostante gli attacchi d’ansia, desiderare un uomo perché ci fa ridere e un altro perché è bravo a letto. E non crediate che non ci sia dell’autoironia in tutto questo, due volte su tre Jong sa fare a pezzi il desiderio femminile con la chiara didascalia: ma insomma, donne, che pretendete?
È tutta un’altra faccenda rispetto alla favoletta della sbarbina che si innamora del miliardario con tendenze sessuali fuori norma e che – garantito – rispetto a “Paura di volare” diventa noiosa come la pianura del Pantanal. Resettate le vostre biblioteche dall’erotismo fiacco, per farlo purtroppo bisogna scavare più nel passato: «Le scrittrici hanno l’obbligo di scrivere tutti quei libri che non sono ancora stati scritti sulle donne – osserva l’autrice americana – e mi sorprende quanto poche siano le donne che tentano questa impresa».
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